Il messaggio di Geremia trova una sua espressione già nelle due visioni iniziali.
Le visioni iniziali
11Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». 12Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla».
13Quindi mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una caldaia sul fuoco inclinata verso settentrione». 14Il Signore mi disse: «Dal settentrione si rovescerà la sventura su tutti gli abitanti del paese».
Il mandorlo è il simbolo della vigilanza divina, perché in ebraico il nome del mandorlo è shaqed che significa vigilante: infatti, il mandorlo è il primo albero a segnalare, fiorendo, l’arrivo della primavera. La caldaia bollente, simbolo di distruzione, si riverserà dal settentrione: è dal nord che piombano su Israele tutti i nemici, perché a sud Gerusalemme è difesa dalla presenza del deserto.
Il messaggio di Geremia: la teologia della storia
La teologia della storia di Geremia è espressa nel blocco poetico che va da Geremia 2,1 a 4,4: dopo l’evocazione del passato gioioso attraverso la simbologia nuziale, Dio appare intentare un grande rîb (lite giudiziaria) contro il suo popolo a motivo della sua apostasia.
Il rîb
Alle azioni salvifiche di Dio, Israele ha risposto sistematicamente con l’idolatria e con i culti della fertilità, con la responsabilità di tutti i capi, sacerdoti, re, magistrati, profeti. Il deserto rappresenta, nei profeti, il tempo della giovinezza, del fidanzamento, quando Israele era fedele al suo Dio. Ma quei tempi sono passati e Israele ha voluto seguire altre strade.
Paradossalmente, i pagani come i Kittim (fenici e ciprioti) e gli arabi di Kedar servono di lezione al popolo di Dio, perché non hanno mai apostatato dalle loro divinità, che pure sono solo ombre.
2 10Recatevi nelle isole del Kittìm e osservate,
mandate pure a Kedàr e considerate bene;
vedete se là è mai accaduta una cosa simile.
11 Ha mai un popolo cambiato dèi?
Eppure quelli non sono dèi!
Ma il mio popolo ha cambiato colui che è la sua gloria
con un essere inutile e vano.
Israele invece ha abbandonato Dio, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate che non tengono l’acqua! Questo è forse il lamento più accorato di Dio che risuoni in tutta la S. Scrittura.
2 12 Stupitene, o cieli;
inorridite come non mai.
Oracolo del Signore.
13 Perchè il mio popolo ha commesso due iniquità:
essi hanno abbandonato me,
sorgente di acqua viva,
per scavarsi cisterne, cisterne screpolate,
che non tengono l’acqua.
Per questo il regno di Israele è scomparso nella tragedia, ed anche il regno di Giuda è alla fine dei suoi giorni.
Il messaggio di Geremia: la circoncisione del cuore
All’invito di Dio, il popolo riconosce il suo peccato di idolatria, e si ricompone l’intimità nuziale con Dio.
«Ritornate, figli traviati,
io risanerò le vostre ribellioni».
«Ecco, noi veniamo a te
perché tu sei il Signore nostro Dio» (3,22).
«Se vuoi ritornare, o Israele – dice il Signore –
a me dovrai ritornare.
Se rigetterai i tuoi abomini,
non dovrai più vagare lontano da me.
Il tuo giuramento sarà: Per la vita del Signore,
con verità, rettitudine e giustizia.
Allora i popoli si diranno benedetti da te
e di te si vanteranno».
Dice il Signore agli uomini di Giuda e a Gerusalemme:
«Dissodatevi un terreno incolto e non seminate fra le spine.
Circoncidetevi per il Signore, circoncidete il vostro cuore,
uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme…» (4,1-4).
La religiosità di Geremia, inquieta e tormentata, si esplica in una dimensione squisitamente interiore, con l’appello alla circoncisione del cuore (4,4; 9,25; cfr. Dt 10,16) contro il ritualismo vacuo.