
Il lupo dimorerà con l’agnello… È la speranza, tenuta viva da Isaia, di un ritorno alla pace originaria.
«In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa».
Ancora più proteso verso la dimensione messianica, rispetto ai due oracoli precedenti, è l’inno di Is 11,1-9, elaborato forse per l’intronizzazione di Ezechia. Nei vv. 1-5 il messaggio profetico si serve di simboli presi dal mondo vegetale: dal tronco inaridito della dinastia regale è spuntato un germoglio (nezer). Nasce, così, l’immagine del Messia – Germoglio che sarà ripresa da Ger 23,5 s.; 33,15 s.; Is 53,2; Zc 3,8; 6,12. Cfr. anche Is 4,2:
«In quel giorno il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra starà a magnificenza e ornamento per gli scampati di Israele».
Il lupo dimorerà con l’agnello: armonia universale
Da vegetale, il simbolismo dell’oracolo si fa animale. Riporto un commento di Benito Marconcini (Il libro di Isaia (1-39), Città Nuova, Roma 1993, p. 90 s.):
«Isaia vede in un’armonia universale l’effetto della giustizia. Per descrivere questo ha messo tutta la sua arte: c’è una triplice associazione di animale selvaggio e domestico (lupo – agnello / pantera – capretto / vitello – leoncello) con la menzione finale dell’uomo, ripreso nella sua debolezza, il fanciullo. Al termine della seconda terna un bel parallelismo (lattante-bambino) evoca i tempi delle origini con il superamento dell’inimicizia più radicale e temibile, quella del serpente. Si tratta di un’allegoria o di una profezia? Certo l’ipotesi di M. Buber che vede negli animali i simboli dei popoli, ritrovando così nel testo isaiano la speranza di una pace tra gli uomini, può portare a suo favore dei testi biblici (cf. Gen. 49,14-17-21-27). Ciò resta vero, ma non è tutto. Il testo dice qualcosa di più.
Sulla base di altri passi è legittimo pensare che tra l’uomo e il mondo infraumano (animali e creato) ci sia uno stretto legame. La bontà dell’uomo si riflette nel creato, anzitutto perché l’occhio puro vede tutto puro, come il peccato inquina l’ambiente. Un tema caro agli ecologisti, quello della stretta unione tra l’uomo e il creato trova poi conferma – questa volta purtroppo al negativo – già nella Genesi, secondo la quale la terra produce tribolazioni e spine per l’uomo peccatore (cf. Gen. 3,17-18).
“Il rapporto con la terra, nella quale l’uomo era stato posto perché ‘la coltivasse e la custodisse’ (2,15), non è più nobilitante, non è più una stupenda avventura ma una tortura, un peso sopportato ‘con dolore e col sudore del volto’. In queste parole ritroviamo tutto il dramma della scienza, della tecnica e del lavoro quando impazziscono e devastano il paradiso terrestre del creato. La nostra sensibilità moderna ci fa comprendere quanto sia terribile questo squilibrio tra uomo e natura. L’autore sacro, se avesse scritto ai nostri giorni, in quelle ‘spine e cardi’ avrebbe visto tutte le lacerazioni dell’ambiente perpetrate dall’egoismo industriale, avrebbe anche introdotto l’incubo nucleare, espressione di una natura pervertita dall’uomo, che a sua volta si ribella e si fa minacciosa, trasformandosi in realtà ostile” (G. Ravasi).
Osea pochi anni prima di Isaia aveva contemplato gli animali come parte dell’alleanza nuova. “Farò un’alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo” (2,20); il Terzo Isaia riprende il pensiero (65,25), già affinato da Ezechiele (34,25). La ferocia animale in realtà turba la pace al pari delle brutture del creato che attendono un loro superamento. “La creazione è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rom. 8,20-21). Uomo e creato sono coinvolti in un identico destino, di morte o di vita, di armonia o di deturpazione: al volante della storia c’è l’uomo che vede accresciuta così la sua responsabilità».