Nella visione notturna delle quattro bestie di Daniele (cap. 7), la prima bestia è il leone alato.
«4La prima era simile a un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono strappate le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d’uomo».
Il significato della visione
Nella visione di Daniele, il leone rappresenta certamente l’impero babilonese. È alato, ad indicare la sua rapidità nel piombare sula preda: «I nostri inseguitori erano più veloci delle aquile del cielo; sui monti ci hanno inseguiti, nel deserto ci hanno teso agguati» (Lamentazioni 4, 19). La perdita delle ali indica dunque perdita di agilità, decadenza: è il declino dell’impero avvenuto sotto Baldassarre (549 a.C.).
La stazione eretta e il cuore (= mente) di uomo ridonati al leone richiamano quanto narrato nel cap. 4, cioè la vicenda di Nabucodonosor, di come per sette anni il re del grande impero, punito per la sua superbia, vivesse come una bestia e poi, sottomettendosi a Dio, gli fosse restituito il cuore umano e gli fosse resa la sua dignità. Alcuni identificano la sua sindrome con la licantropia, in cui il soggetto crede di essere un lupo – per estensione, anche un altro animale – e si comporta come tale.
Una malattia psichica?
Naturalmente, le cronache ufficiali dell’epoca tacciono sugli eventi ingloriosi dei sovrani. Qualcuno ha ravvisato un tenue indizio di un possibile squilibrio mentale di Nabucodonosor in un testo cuneiforme babilonese (tavoletta d’argilla conservata al British Museum di Londra, sigla BM 34113 (sp 213), ancorché frammentario:
«[Nebu]chadnezzar considerato … la sua vita sembrava di alcun valore per [lui] … Egli non dimostra amore per il figlio e la figlia … la famiglia e il clan non esistono … La sua attenzione non era rivolta alla promozione del benessere … Egli prega il Signore dei Signori … Egli piange amaramente» (Albert Kirk Grayson, Babylonian historical-literary texts, University of Toronto Press, 1975). Depressione?
Questo periodo di transitoria follia potrebbe datarsi al tempo in cui Nabucodonosor risiedé a Tema, nell’Arabia settentrionale, e lasciò il governo della Babilonia a suo figlio Baldassarre (Cronaca di Nabonedo, British Museum, BM 35382). Questo, solo per capire cosa si possa trovare sotto il simbolo biblico.
Il leone
Il leone è un soggetto molto diffuso in tutte le forme di arte figurativa. Statue di leoni sono spesso poste all’ingresso di palazzi, ponti o altre strutture architettoniche, con la funzione simbolica di guardiani. Rappresentazioni di leoni si trovano già nell’arte preistorica (Grotta Chauvet) e nelle antiche civiltà mediorientali e mesopotamiche (porta di Ishtar, una delle Sette meraviglie del mondo, VI secolo a.C.), ma sono diffuse in un’ampia parte del globo terrestre (sito archeologico di Sigiriya, in Sri Lanka, V secolo a.C.; leone «cinese», nella Cina antica e medioevale compresa la Città proibita a partire dal XIV secolo).
Nella scultura e nell’architettura rinascimentale e moderna il leone è rimasto un tema molto diffuso (i quattro leoni di bronzo di Trafalgar Square a Londra, i leoni a guardia dell’ingresso del Britannia Bridge in Galles e del Ponte delle catene di Budapest, i leoni Patience e Fortitude a guardia della Biblioteca Pubblica di New York).
Araldica
I leoni sono anche un elemento comune in araldica, benché l’Europa non facesse storicamente parte dell’habitat del leone; hanno avuto o hanno tuttora il leone nel loro emblema il Belgio, la Scozia e l’Inghilterra, e il marzocco, il leone che regge uno scudo, è simbolo di Firenze. L’araldica inglese fa un uso particolarmente importante del simbolo del leone, soprattutto negli emblemi angioini, e in particolare Riccardo I il cui soprannome fu appunto «Cuor di Leone».
Se veniamo al leone alato, poi, lo troviamo quale simbolo di Marco evangelista fatto proprio dalla Repubblica di Venezia.
L’importanza del simbolo
Nella visione del capitolo 7 di Daniele che, come abbiamo visto, è ben rappresentata in una stampa esposta al museo degli Organi di S. Pietro all’Orto a Massa Marittima, la prima bestia che sorge dal mare è un leone alato. Teniamo presente che il mare, nell’immaginario biblico, rappresenta le forze cosmiche e storiche che cercano di opporsi al disegno divino, benché inutilmente: le figure che escono dalle grandi acque, quindi, sono di per sé inquietanti e minacciose.
Il leone alato, però, è quella che appare in chiave meno negativa. Come spesso accade nella Bibbia, il simbolo del leone è ambivalente, perché rappresenta la forza e la regalità ma anche l’arroganza e la distruttività. È regale, ma è una belva; è figura del Messia, il leone di Giuda, ma anche del diavolo, «come leone ruggente che cerca chi divorare» (1Pt 5,8). D’altra parte, il ruggito del leone è simbolo della potenza della parola divina, ad esempio in Amos (1,2; 3,8), Osea (11,10), Gioele (4,16).
Le qualità del leone
Nelle mitologie della Fertile Mezzaluna il leone simboleggiava una grande forza, quindi si rappresentavano gli eroi in atto di sconfiggere i leoni (si pensi a Gilgamesh ed Enkidu, ma anche al nostro Ercole e allo stesso Sansone e al giovane Davide). Ma il leone era esso stesso sacro a qualche dio, se non, addirittura, propriamente dio, come in Egitto la leonessa Sekhmet la dea, sorella del resto di Bastet, la dea gatta (come recita un detto famoso, «Dio ha creato il gatto per dare all’uomo il piacere di accarezzare la tigre», J. Mery).
Gli antichi attribuivano al leone il senso della giustizia: il leone non attaccava gli altri animali se non per fame e, nobilmente, non si scagliava mai sull’avversario caduto a terra. Questa tradizione fece sì che nel medioevo le sentenze venissero pronunciate sui sagrati delle chiese fra i due leoni scolpiti ai lati del portale, tanto che il verdetto canonicamente valido era quello enunciato «inter leones et coram populo» (fra i leoni e davanti al popolo). La credenza che il leone dormisse ad occhi aperti ne ha fatto anche il simbolo della vigilanza: ecco un altro motivo per cui troviamo leoni scolpiti alle porte delle chiese.
Simbolo cristologico
Il cristianesimo riprese un’altra credenza, secondo cui il leone mostrava riconoscenza al suo benefattore, come ad esempio nell’iconografia di San Girolamo che vede il santo sempre accompagnato da un leone, da lui curato quando lo trovò sofferente per una spina conficcata in una zampa. In antico si riteneva che le virtù del leone risiedessero nella parte superiore del corpo, testa, collo, petto e zampe anteriori, mentre la parte posteriore fungeva solo da sostegno a terra, come scrive Pietro Valeriano: «Anterioribus partibus cœlestia refert, posterioribus terra» (con le parti anteriori si riferisce al Cielo, con quelle posteriori alla terra), per cui il leone poté divenire anche un simbolo della duplice natura, divina ed umana, del Cristo.
Nel Fisiologo (III secolo d.C.) vengono citate tre caratteristiche cristologiche del leone: la prima è che se si accorge di essere seguito, il leone cancella le proprie impronte con la coda, come Cristo ha nascosto la propria natura divina; la seconda è che il leone dorme con gli occhi aperti, come Cristo che appariva morto sulla croce e nel sepolcro, ma in realtà vegliava; la terza è che i cuccioli di leone nascono morti, e vengono risvegliati alla vita dopo tre giorni dal soffio del padre.
Aslan il Leone
Il grande scrittore cristiano C.S. Lewis ha fatto del leone Aslan, protagonista dei suoi sette romanzi per bambini, il Cristo del mondo fiabesco di Narnia: in un mondo dove gli animali parlano, il re e redentore non può essere che il leone, il leone della tribù di Giuda (cfr. Ap 5,5). A lui è dedicato questo sito (QUI).
Una scena del film Il Leone, la strega e l’armadio QUI.
Il leone alato
Se il leone, di per sé, rappresenta la forza della Parola e la regalità, le ali simboleggiano l’elevatezza, l’agilità dello Spirito. L’immagine del leone alato, applicata tradizionalmente a San Marco, viene da Ap 4,7, che a sua volta deriva da Ez 1,10-11, dove però i quattro esseri viventi alati hanno ciascuno le quattro fattezze dell’uomo, del leone, del toro e dell’aquila.
Nella visione di Daniele 7, invece, il leone alato presenta una certa connotazione negativa, alludendo all’egemonia babilonese, potente ma oppressiva, e in particolare a Nabucodonosor, di cui già il libro aveva narrato che come punizione per la sua superbia era stato trasformato in una sorta di bestia, per riacquistare un cuore di uomo grazie al suo pentimento. È proprio a causa del suo strapotere che il leone perde la sua sovranità e le sue ali, trasformandosi in un essere debole, l’uomo.
Un film dimenticato: «Androclo e il leone»
La leggenda originaria è quella, classica (Eliano e Aulo Gellio), dello schiavo fuggito che toglie ad un leone selvaggio la spina che gli si era conficcata in una zampa, e che viene poi da lui riconosciuto e salvato nell’arena dove era stato condannato ad bestias. L’imperatore grazierà entrambi, uomo e leone, che potranno così passeggiare in pace per le vie di Roma.
Nella versione medievale lo schiavo si converte al cristianesimo, ed in tale forma riprende la storia nel 1912 G.B. Shaw per trarne una commedia in cui esprime il suo scetticismo, facendo di Gesù un geniale predicatore e delle Chiese cristiane le traditrici del suo messaggio. Nel 1952 ne è stato tratto un film, interpretato da Victor Mature e Jean Simmons, che rimane fedele alla commedia di Shaw quanto alla trama, compresi i due giri di walzer dell’arena di Androclo e del suo amico felino, ma che ovviamente lascia cadere gli aspetti irreligiosi.