Adesso veniamo al contenuto del giudizio. Questa non è una parabola ma una descrizione, perché non parla per immagini ma esprime senza mediazioni il proprio significato: la descrizione (simbolica) di come si svolgerà il giudizio finale.
Davanti al Figlio dell’uomo saranno radunate tutte le genti. In greco il vocabolo, éthne, è neutro (reso in traduzione dal femminile italiano plurale). Tuttavia, quando si parla del discernimento, si dice che consisterà nel dividerli (maschile: autous) gli uni dagli altri. Questo cambio di genere è espressivo: il giudizio non è all’ingrosso (di una massa indifferenziata indicata al neutro) bensì personale, di ciascuno individualmente. Il maschile, evidentemente, è quello che si chiama maschile non marcato, ovvero maschile che include anche il femminile.
Il paragone è fatto con pecore (delicate, bisognose di riparo durante la notte) e capri (più robusti e meno bisognosi di cure); non maschi e femmine della stessa specie ma animali di tipo diverso, con esigenze diverse che perciò il pastore deve separare.
La sorte dei due gruppi è posta in perfetto parallelismo antitetico: chi ha esercitato la misericordia di Cristo verso i poveri avrà parte con lui, chi non ha avuto misericordia verso gli stessi poveri avrà voluto l’eterna separazione da lui. Cristo, infatti, si identifica con il povero, ed è lui che troviamo nell’altro, sia che lo sappiamo sia che ne siamo ignari.
L’immagine di Cristo
Questo vale anche quando l’immagine di Cristo, nell’altro, è sepolta, deturpata, lordata dal peccato. Ricorda C.S. Lewis – e l’aneddoto fa rabbrividire:
«Una volta parlai con un pastore del continente che aveva visto Hitler e che, in base a tutti i metri di giudizio umano, aveva buone ragioni per odiarlo. “Che aspetto aveva?” gli domandai. “Come quello di tutti gli altri uomini – mi rispose -, cioè simile a Cristo”».
Ed anche:
«Dopo il Santissimo Sacramento, il vostro prossimo è l’oggetto più sacro che venga offerto ai vostri sensi».
Sulla misericordia, e non sulle idee, saremo giudicati.
Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo
(Disc. 14 sull’amore ai poveri, 38, 40)
Afferma la Scrittura: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5, 7). La misericordia non ha l’ultimo posto nelle beatitudini. Osserva ancora: Beato l’uomo che ha cura del misero e del povero (cfr. Sal 40, 2) e parimenti: Buono è colui che è pietoso e dà in prestito (cfr. Sal 111, 5). In un altro luogo si legge ancora: Tutto il giorno il giusto ha compassione e dà in prestito (cfr. Sal 36, 26).
Conquistiamoci la benedizione, facciamo in modo di essere chiamati comprensivi, cerchiamo di essere benevoli. Neppure la notte sospenda i tuoi doveri di misericordia. Non dire: «Ritornerò indietro e domani ti darò aiuto». Nessun intervallo si interponga fra il tuo proposito e l’opera di beneficenza. La beneficenza, infatti, non consente indugi. Spezza il tuo pane all’affamato e introduci i poveri e i senza tetto in casa tua (cfr. Is 58, 7) e questo fallo con animo lieto e premuroso. Te lo dice l’Apostolo: Quando fai opere di misericordia, compile con gioia (cfr. Rm 12, 8) e la grazia del beneficio che rechi ti sarà allora duplicata dalla sollecitudine e tempestività. Infatti ciò che si dona con animo triste e per costrizione non riesce gradito e non ha nulla di simpatico.
Quando pratichiamo le opere di misericordia, dobbiamo essere lieti e non piangere: «Se allontanerai da te la meschinità e le preferenze», cioè la grettezza e la discriminazione come pure le esitazioni e le critiche, la tua ricompensa sarà grande. «Allora la tua luce sorgerà come l’aurora e la tua ferita si rimarginerà presto» (Is 58, 8). E chi è che non desideri la luce e la santità?
Perciò, o servi di Cristo, suoi fratelli e coeredi, se ritenete che la mia parola meriti qualche attenzione, ascoltatemi: finché ci è dato di farlo, visitiamo Cristo, curiamo Cristo, alimentiamo Cristo, vestiamo Cristo, ospitiamo Cristo, onoriamo Cristo non solo con la nostra tavola, come alcuni hanno fatto, né solo con gli unguenti, come Maria Maddalena, né soltanto con il sepolcro, come Giuseppe d’Arimatea, né con le cose che servono alla sepoltura, come Nicodemo, che amava Cristo solo per metà, e neppure infine con l’oro, l’incenso e la mirra, come fecero, già prima di questi nominati, i Magi.
Ma, poiché il Signore di tutti vuole la misericordia e non il sacrificio, e poiché la misericordia vale più di migliaia di grassi agnelli, offriamogli appunto questa nei poveri e in coloro che oggi sono avviliti fino a terra. Così quando ce ne andremo di qui, verremo accolti negli eterni tabernacoli, nella comunione con Cristo Signore, al quale sia gloria nei secoli. Amen.