
Maggio è tradizionalmente il mese dedicato alla Madonna, e lo inauguro con un bel racconto che ci viene dal Medioevo francese nel XIII secolo, e che fu trascritto da Anatole France col titolo: Le jongleur de Notre-Dame, Il Giocoliere della Madonna (in L’Étui de nacre, 1892). Lessi questo racconto da bambina, nel libro di Lettura delle elementari, e non l’ho più dimenticato, e ve lo racconto a mia volta così.
Il Giocoliere della Madonna
A quel tempo, Barnaba di Compiègne era un giocoliere che andava di città in città stupendo gli spettatori con le sue acrobazie. Spesso, durante l’inverno, gli mancava il pubblico e la fame si faceva sentire, ma si rimetteva alla Madonna: «Signora, prendete cura della mia vita finché piaccia a Dio e quando sarò morto, fatemi avere la gioia del Paradiso». Una sera incontrò un monaco, che scoprendo la sua devozione invitò Barnaba ad entrare nel monastero di cui era priore; e così fu.
In monastero
Era la vita per lui; ma presto Barnaba si trovò a disagio per la propria incapacità, rispetto alle abilità degli altri monaci. Si trovava a pensare: «Ecco, il priore compone trattati sulla Vergine Maria; fra Macrobio li ricopia su pergamene finissime, che poi fra Alessandro orna con miniature incantevoli. Altri compongono inni o scolpiscono statue in Suo onore. Io, invece, non so fare niente, niente». C’erano monaci poeti che componevano lodi e inni in latino, uno che li traduceva in volgare… Ma Barnaba non sapeva far niente.
Una sera, mentre i monaci erano in ricreazione, uno di loro si mise a raccontare di un religioso che era così rozzo e ignorante che sapeva recitare solo l’Ave Maria, ma quando morì i confratelli, allibiti, videro che dalla bocca di colui che avevano disprezzato erano uscite cinque rose rosse, cinque come le lettere che formano il nome di Maria. Al sentir questo, Barnaba ebbe un’idea.
La mattina correva nella cappella e vi restava per più di un’ora, ritornandovi anche dopo pranzo; tutti i giorni così; non era più triste. I monaci iniziarono a farsi delle domande, e il priore decise di indagare, accompagnato da due monaci anziani.
Attraverso una fessura della porta vide che Barnaba, davanti all’altare della Madonna, a testa in giù, faceva i suoi giochi di acrobazia e di destrezza con sei palle di rame e dodici coltelli, tirandoli per aria e riprendendoli. I due monaci anziani gridarono al sacrilegio e il priore lo credette impazzito, quando videro la statua della Madonna animarsi, scendere dall’altare, avvicinarsi a Barnaba ed asciugargli, con un lembo del suo manto, il sudore della fronte. Il priore si prostrò allora per terra e mormorò: «Beati i semplici perché vedranno Dio». Amen, fecero eco gli anziani.
Essere se stessi
La Madonna non aveva asciugato la penna del priore o il pennello di Macrobio e Alessandro o lo scalpello dello scultore, ma il sudore del giocoliere.
Ricordo anche una frase sul dover essere se stessi di un rabbi chassidico, il polacco Sussja (+ 1800) il quale, giunto verso la fine della vita, diceva: «Nel mondo futuro non mi si chiederà: Perché non sei stato Mosè? Mi si chiederà invece: Perché non sei stato Sussja?».