Il “giallo” Prigozhin

Il "giallo" Prigozhin concentra su di sé l'attenzione, e intanto i bombardamenti continuano a mietere vittime
Attacco missilistico su Kyev, 24 giugno. Di National Police of Ukraine – Чергова атака на Київ: є загиблі та поранені, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=133530967

Il “giallo” Prigozhin sta attirando su di sé l’attenzione. A 490 giorni dall’inizio di questa guerra di invasione abbiamo avuto l’opportunità di assistere ad una farsa, senza sapere ancora, però, come andrà a finire e quali ne sono i reali motivi: la ribellione di Prigozhin che arriva coi suoi, armato fino ai denti, a 200 km da Mosca e poi… torna indietro per non versare sangue russo [sic]. Mah?

Il “giallo” Prigozhin: Cronaca di una farsa

Siamo nel surreale. Prigozhin da tempo si scaglia pubblicamente contro i vertici militari russi e non solo, visto che venerdì scorso ha affermato che il ministero della Difesa russo ha mentito sulle ragioni della guerra in Ucraina, ed è ovvio che un ministero non può agire all’insaputa del Cremlino. Prigozhin può farlo impunemente, perché sue sono le uniche vittorie russe sul fronte di Bakhmut. Non parla mai contro Putin. Lo dipinge piuttosto come vittima delle menzogne e dell’incompetenza dei vertici militari che hanno taciuto i seri problemi e le perdite dovute alla guerra.

Il “giallo” Prigozhin: le esternazioni

«Stanno ingannando il popolo russo. Enormi aree sono state consegnate al nemico. Tutto questo è totalmente nascosto a tutti. Un giorno la Russia si sveglierà e scoprirà che anche la Crimea è stata consegnata a Kiev. A quale prezzo – chiedeva – stiamo conducendo questa operazione speciale? Al prezzo dell’annientamento totale dell’esercito. E per che cosa? Perché qualche buffone possa ricevere una medaglia, per far sì che i membri della sua famiglia siano intoccabili… Per far ritrarre se stesso e altri imbroglioni negli affreschi della chiesa del ministero della Difesa. Lo ripeto – quando arriverà il disastro, potremmo ritrovarci senza esercito e senza la Russia». 

La denuncia degli inganni

In un filmato di 30 minuti pubblicato sul suo canale Telegram, Prigozhin smentiva le affermazioni di Mosca secondo cui Kiev stava progettando di lanciare un’offensiva sui territori controllati dalla Russia nell’Ucraina orientale nel febbraio 2022.

«Non è successo nulla di straordinario alla vigilia del 24 febbraio… il ministero della Difesa sta cercando di ingannare l’opinione pubblica e il presidente, raccontando la storia che ci sono stati livelli folli di aggressione da parte ucraina e che ci avrebbero attaccato insieme all’intero blocco della Nato». In realtà, «Kiev non ha bombardato il Donbass per 8 anni, solo le posizioni russe. E l’operazione speciale è stata avviata per un motivo completamente diverso». La leadership russa avrebbe potuto evitare la guerra negoziando con il presidente ucraino. Progozhin ha anche sconfessato le vanterie del Cremlino secondo cui – a detta dello stesso Putin – l’esercito russo respinge tutti gli attacchi ucraini, la controffensiva ucraina è stata un fallimento e le forze di Kiev hanno subito perdite quasi catastrofiche. Prigozhin ha sostenuto invece che l’esercito russo si è ritirato in diverse aree dell’Ucraina meridionale e orientale.

Prigozhin ha persino lanciato un appello a fermare il comando militare russo, affermando di avere 25.000 uomini e invitando i russi, in particolare i soldati, a unirsi a loro. «Il gruppo Wagner ha deciso che coloro che hanno responsabilità militari per il Paese devono essere fermati».

Insomma, ne dice così tante che il Cremlino dopo le sue dichiarazioni arriva ad aprire un procedimento penale «per invito alla ribellione armata». Prigozhin è ricercato dall’FSB, i servizi segreti russi. E invece…

Il “giallo” Prigozhin: la marcia su Mosca

Venerdì 23 in tarda serata e la mattina di sabato 24, Prigozhin è entrato in territorio russo. Ha marciato su Rostov conquistandola senza colpo ferire, cioè prendendo possesso delle principali strutture militari, compreso il quartier generale del comando sud. Sfida i suoi nemici dichiarati, il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, e il generale Valery Gerasimov, ad incontrarlo, altrimenti marcerà verso Mosca con i suoi 25mila mercenari.

Si è poi diretto effettivamente verso Mosca, che si è messa in stato di allerta. Vi sono stati scontri nell’oblast di Voronezh, dove un convoglio è stato colpito dall’aviazione e tre elicotteri e un aereo Antonov An26 sono stati abbattuti, segno che nella colonna della Wagner era presente anche la contraerea. Wagner ha rivendicato di aver preso il controllo anche di Voronezh, dove ha affermato che «l’esercito è passato dalla parte del popolo». 
Putin non ha avuto remore a considerare Prigozhin come un traditore minacciando la punizione.

Contrordine Compagni!

Contrordine Compagni: alle 19.30 circa di questo sabato, a 200 km dalla capitale, il presidente bielorusso ha annunciato l’accordo con Prigozhin e il  capo della Wagner ha compiuto un brusco quanto inaspettato dietrofront: «Evitiamo un bagno di sangue». Poi si viene a sapere che la svolta, anzi la retromarcia, è stata ottenuta grazie alla mediazione del presidente bielorusso Alexandar Lukashenko.

In 24 ore rivolta armata, minacce, condanne, appelli all’unità nazionale, promesse… ed ecco che un mercenario milionario si arrende e se ne va. Dove va? Si è saputo da poco: se ne stava tranquillo a Rostov, finché non ha preso un aereo e se ne è andato in Bielorussia dove pare voglia e possa trapiantare la Wagner. Mah?

Il procedimento penale contro Prigozhin è stato persino archiviato. Mah?

Il portavoce del Cremlino Peskov ha anche spiegato che nessuno di quelli che hanno preso parte alla marcia verrà perseguito, mentre «Nell’accordo per il ritiro di Wagner è previsto che i miliziani che non hanno preso parte alla rivolta, e che lo desiderano, possono firmare dei contratti con il ministero della Difesa».

Le cause

Le motivazioni di tutto questo rimangono ancora un mistero. Si fanno ipotesi di tutti i tipi, ma non c’è niente di certo.

Alla base secondo alcuni c’era la volontà della Wagner di non essere assimilata dall’esercito russo, come è accaduto ad oltre 20 gruppi paramilitari privati che combattono in Ucraina e che hanno firmato contratti con cui si mettono alle dipendenze del ministero della Difesa. Progozhin aveva respinto questa richiesta affermando che «nessuno dei combattenti di Wagner è  pronto a seguire la strada della vergogna».

Ma la questione è complicata. Secondo il New York Times, le autorità statunitensi erano state informate da giorni dei piani di Prigozhin. La loro preoccupazione immediata era  come questo avrebbe influenzato il controllo di Mosca sul suo arsenale di armi nucleari.

Ma anche Putin era stato informato delle intenzioni di Yevgeny Prigozhin almeno un giorno prima. Lo riferiscono fonti dell’intelligence Usa al Washington Post. Perché non si è mosso? C’era un qualche tipo di accordo? Voleva presentarsi come Salvatore della Patria all’interno (“Risolvo tutto io”) e dell’equilibrio internazionale all’esterno (“Come vedete, c’è uno peggiore di me”)?

Prigozhin chiarisce: «Non volevamo rovesciare il governo ma protestare». «La marcia ha evidenziato seri problemi di sicurezza nel Paese», dice, ed è stata fatta per impedire la distruzione della compagnia militare e chiamare alle loro responsabilità gli individui che «hanno commesso un enorme numero di errori nell’operazione militare speciale» in Ucraina. Lukashenko, dice anche, ha offerto di trovare una soluzione «per la continuazione delle operazioni della Wagner in una giurisdizione legittima». Mah?

Le conseguenze

Sulle conseguenze c’è una maggiore chiarezza. Secondo l’Istituto per lo studio della guerra (Isw), Il governo russo ha faticato a mettere in campo una efficace risposta rapida all’ammutinamento dei mercenari di Wagner. «Wagner probabilmente avrebbe potuto raggiungere la periferia di Mosca se Prigozhin avesse ordinato loro di farlo».

L’ammutinamento sarà pure fallito, ma il Cremlino si trova ora ad affrontare una situazione profondamente instabile. Il fallimento della ribellione e la soluzione a breve termine – sotto forma di un’apparente tregua – probabilmente danneggeranno in modo sostanziale il governo di Putin e lo sforzo bellico russo in Ucraina. «La ribellione ha messo a nudo la debolezza delle forze di sicurezza russe e ha dimostrato l’incapacità di Putin di usare le sue forze in modo tempestivo per respingere una minaccia interna, erodendo ulteriormente il suo monopolio sulla forza». Gli analisti hanno anche osservato che i combattenti Wagner sono stati – in alcuni casi – accolti calorosamente dai residenti di Rostov-sul-Don. 

Occasione propizia?

Valery Sakhashchyk, ex comandante dei paracadutisti bielorussi che ora comanda un’unità militare bielorussa dissidente che combatte con l’Ucraina, si è rivolto all’esercito di Minsk, invitandolo a ribellarsi, approfittando del caos in Russia: “O cogliamo questa storica opportunità, o perderemo tutto”. 

L’ex deputato russo e capo politico dell’unità militare Legione “Libertà alla Russia” spiega che a Mosca “c’è un Parlamento-ombra” e che molte persone considerano l’ipotesi di sostituire il presidente perché “è sempre più ovvio che la guerra ormai è persa”. La Russia del futuro “farà parte della famiglia delle nazioni civilizzate, che si uniscono all’Unione europea, alla Nato”. E sull’ipotesi di una sollevazione popolare nel Paese dice: “È possibile, ma credo ci sia bisogno di un sostegno armato dall’esterno”. 

I volontari russi pro-Kiev invitano: “Agire ora, è un’opportunità unica”. “Chiedo a tutti i sostenitori di agire attivamente! Abbiamo tutti un’opportunità unica per determinare il nostro destino e il destino della nostra patria! Tutto il coordinamento passerà attraverso i nostri canali di comunicazione ufficiali”: lo dichiara in un messaggio video colui che viene indicato, senza farne il nome, come il comandante dell’Rdk, il Corpo dei volontari russi che combatte a fianco delle forze armate ucraine contro Mosca.

La controffensiva

Intanto, Kiev è stata a guardare, ma ha anche rivendicato altri passi avanti nella controffensiva contro gli invasori russi. “Abbiamo de-occupato 14 insediamenti. Si tratta del 5-7% dell’intero territorio del Luhansk, compresa l’area occupata nel 2014. Ma speriamo di poter de-occupare l’intera regione il più presto possibile, per far tornare la vita, i nostri cittadini”, ha detto Artem Lysohor, capo dell’amministrazione militare di Luhansk. L’oblast copre 26.700 km2 di territorio, di cui 1400-1900 km2 sono già stati liberati.

Ma si parla anche del Donetsk: le truppe ucraine hanno liberato posizioni conquistate dai russi nel 2014: “Vicino a Krasnohorivka, in seguito a un contrattacco ben pianificato, le nostre unità d’assalto hanno preso il controllo di diverse posizioni che erano detenute (dai russi) dal 2014. Parliamo dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (Dpr), vicino alla stessa città di Donetsk”, scrive Valery Shershen, portavoce delle forze armate ucraine del comando sud.

Secondo l’Intelligence britannica, le forze di difesa ucraine stanno avanzando da nord e sud vicino a Bakhmut ed è improbabile che la Russia abbia riserve significative per invertire la tendenza. Le forze armate dell’Ucraina stanno facendo progressi tattici in aree chiave ed  hanno annunciato di aver ripreso il controllo del villaggio di Rivnopil, nell’oblast di Donetsk.

Le vittime di questi giorni

Kramatorsk, raid su un ristorante, 10 morti e 61 feriti. Di National Police of Ukraine – https://www.facebook.com/photo?fbid=603439385259429&set=pcb.603439518592749 (the whole post), CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=133694385

Intanto, chi ci rimette di più è la popolazione civile. Almeno 11, tra cui 3 adolescenti, sono le vittime di un raid russo a Kramatorsk nel Donetsk, 61 i feriti. Il Cremlino sostiene di aver colpito una struttura militare: peccato che le foto lo smentiscano. Sempre nell’oblast di Donetsk, altri attacchi russi hanno ucciso un civile, due nella regione di Zaporozhzhia.

Un civile è stato ucciso e altri tre, tra cui un bambino, sono rimasti feriti nel corso degli attacchi russi nella regione di Sumy. Tre persone sono rimaste uccise negli attacchi dell’artiglieria russa che hanno colpito Nikopol nell’Oblast di Dnipropetrovsk.

Particolarmente colpita Kherson. Un civile di 27 anni è stato ucciso durante i bombardamenti russi: l’artiglieria ha colpito obiettivi civili, case, un asilo, un istituto scolastico e una stazione di servizio. Anche l’equipaggio di un’ambulanza che stava andando a soccorrere i residenti è finito sotto il fuoco. Gli operatori sanitari non sono rimasti feriti.

Invece, ha causato vittime il bombardamento russo sui soccorritori di Kherson che stavano rimuovendo il limo dell’allagamento. Il bombardamento ha ucciso un soccorritore e ne ha feriti altri sette di cui sei in gravi condizioni. Tre sono i morti dopo il raid russo contro un’impresa di trasporti di Kherson.

Un bombardamento russo notturno di Kiev ha causato 3 morti e 11 feriti. Le bombe hanno colpito un edificio di 24 piani.

Le vittime per il crollo della diga

È salito a 18 il numero dei morti causati dal crollo della diga di Kakhovka, nell’area controllata da Kiev. Ma non tutte sono perite per l’inondazione. “Quattordici persone sono annegate, quattro sono morte per ferite d’arma da fuoco durante l’evecuazione. Altre 31 persone sono disperse” (ministro dell’Interno Ihor Klymenko). Sono state evacuate 3.773 persone oltre a 284 animali.

I filorussi invece denunciano 41 morti e 115 feriti per il crollo della diga.

Mosca e Kiev si accusano a vicenda per questa catastrofe sia umanitaria che ambientale.

Ma una grave denuncia viene dal Centro nazionale ucraino per la resistenza, che stima in più di 500 il numero di morti nel territorio occupato dalla Russia nel sud dell’Ucraina a seguito delle inondazioni causate dall’esplosione della diga di Kakhovka sul fiume Dnepr. “Secondo informazioni preliminari, più di 500 abitanti della città temporaneamente occupata di Oleshki, sulla riva sinistra e nella regione di Kherson, sono stati uccisi dall’esplosione della centrale idroelettrica di Kakhovka da parte dei russi. Le persone sono morte perché gli occupanti si sono rifiutati di evacuare coloro che non avevano il passaporto russo”. Dall’inizio della guerra, le forze russe hanno esercitato numerose forme di pressione per costringere la popolazione locale ad adottare la cittadinanza russa.

Non solo: secondo il portavoce dello stato maggiore delle forze armate di Kiev Andrii Kovalov, i soldati russi hanno confiscato gli aiuti umanitari destinati alla città allagata di Oleshky, nella parte occupata della regione di Kherson. “La situazione sulla riva sinistra è catastrofica. Gli occupanti russi stanno derubando la popolazione ucraina nel territorio temporaneamente occupato dell’Ucraina. Ai posti di blocco di Oleshky nell’oblast di Kherson, durante l’ispezione dei veicoli, gli occupanti confiscano gli aiuti umanitari destinati alla popolazione”.
Invece di evacuare la popolazione, gli occupanti hanno impedito ai locali di andarsene, consentendo il passaggio solo a chi aveva passaporti russi.

Il blocco degli aiuti umanitari

Le stesse Nazioni Unite hanno accusato la Russia di continuare a bloccare le consegne di aiuti umanitari alle aree controllate da Mosca nell’Ucraina orientale che sono state colpite dalla recente rottura della diga di Kakhovka. “Il governo della Federazione Russa ha finora rifiutato la nostra richiesta di accedere alle aree sotto il suo temporaneo controllo militare”, ha dichiarato la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite per l’Ucraina, Denise Brown. “Le Nazioni Unite continueranno a fare tutto il possibile per raggiungere tutte le persone, comprese quelle che soffrono a causa della recente distruzione della diga, che hanno urgente bisogno di assistenza salvavita, non importa dove si trovino. Esortiamo le autorità russe ad agire in conformità con i loro obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale”.

Esecuzioni sommarie

Secondo l’Onu, la Russia ha giustiziato 77 civili ucraini in detenzione arbitraria nelle aree occupate. “Abbiamo documentato l’esecuzione sommaria di 77 civili mentre erano arbitrariamente detenuti dalla Federazione Russa” (Matilda Bogner, capo della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina).