Giornata del gatto

Il Gatto Selvaggio
Aslan

Chi meglio di R. Kipling, l’autore dei racconti del Libro della Giungla, ha saputo dar voce agli animali? Pensate a Bagheera pantera nera, al saggio orso Baloo, all’elefante Hathi, ad Akela il lupo grigio… Ma Kipling ha scritto anche altre cose. Fra queste, la Storia del gatto che se ne andava da solo, un racconto contenuto nel piccolo libro del 1902, Storie proprio così; Kipling ha scritto questa storia, e io ve la riassumo.

Storia del gatto che se ne andava da solo

Emilia

Un tempo, quando l’Uomo Selvaggio viveva nei boschi selvaggi, erano selvaggi anche tutti gli animali. Ma un giorno l’Uomo Selvaggio incontrò la Donna, alla quale non piaceva affatto vivere in quella maniera selvaggia. Preparò quindi una caverna asciutta, sparse sabbia pulita sul pavimento, pose una tenda di pelle all’apertura, e disse all’Uomo Selvaggio: «Pulisciti i piedi prima di entrare». Accese un bel fuoco e fece arrostire la carne.

Gli animali selvaggi si addomesticano

Il Gatto Selvaggio
Brando

Gli animali selvaggi si incuriosirono e il Cane Selvaggio andò a vedere. Entrato nella caverna, chiese alla Donna: «O mia Nemica e moglie del mio Nemico, che cos’è che spande un così buon odorino?». Al che la Donna gli diede un osso, il Cane Selvaggio lo assaggiò, e pur di averne altri strinse un patto: «O mia Amica e moglie del mio Amico, io aiuterò il tuo Uomo a cacciare durante il giorno, e di notte starò di guardia alla vostra caverna». La Donna lo chiamò Primo Amico. Da allora il Cane rimase con l’Uomo e non tornò nei boschi selvaggi.

La notte seguente, anche il Cavallo Selvaggio andò a vedere. Si avvicinò alla caverna e chiese alla Donna: «O mia Nemica e moglie del mio Nemico, dov’è il Cane Selvaggio?». La Donna non rispose ma gli offrì della buona erba. Pur di continuare ad averla, il Cavallo si lasciò mettere la sella dalla Donna. La Donna lo chiamò Primo Servo. Da allora il Cavallo rimase con l’Uomo e non tornò più nei boschi selvaggi.

Il giorno dopo andò alla caverna la Mucca Selvaggia e promise di dare alla Donna ogni giorno il suo latte in cambio di buona erba.

Ma il Gatto…

In tutto questo tempo, il Gatto Selvaggio aveva accompagnato gli altri animali per spiare che cosa succedeva, ma era sempre tornato indietro nei boschi selvaggi, agitando la coda selvaggia e camminando da solo. Finalmente il Gatto Selvaggio tornò alla caverna e chiese di entrare. La Donna lo respinse: «Non abbiamo più bisogno né di amici né di servi». Ma Il Gatto Selvaggio rispose: «Io non sono un amico né un servo. Io sono il Gatto che se ne va da solo, e desidero entrare nella caverna».

Fu talmente abile la sua tattica da strappare questa promessa alla Donna: «Se io dirò una parola in tua lode, tu potrai entrare nella caverna. Non succederà mai, ma se dovessi dire due parole in tua lode, potrai sederti presso il fuoco nella caverna. Non succederà mai, ma se dovessi dire tre parole in tua lode, potrai bere il latte tiepido tre volte al giorno, per sempre».

Il Gatto Selvaggio tornò da solo nei boschi selvaggi dimenando la coda selvaggia, e stette nascosto per molto tempo, finché la Donna si dimenticò di lui.

Una sera, però, il Pipistrello lo informò che nella caverna adesso c’era un bimbo grassottello, a cui piacevano le cose morbide e carezzevoli. Il Gatto Selvaggio perciò tornò alla caverna e vide che il bimbo piangeva senza che la Donna riuscisse a calmarlo. Allora il Gatto allungò la sua morbida zampina e carezzò la guancia del bimbo, si sfregò contro le sue ginocchia e gli fece il solletico con la coda. Allora il bimbo finalmente rise, e la Donna benedisse il Gatto che l’aveva aiutata. Per questa parola di lode, il Gatto poté sedersi comodamente nella caverna, ma precisando: «Io sono ancora il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me».

La Donna si arrabbiò e il bimbo ricominciò a piangere, allora il Gatto iniziò a giocare con un pezzo di filo in modo tanto buffo che il bambino si mise a ridere quanto prima piangeva, e se ne andò a dormire tranquillo con il Gatto in braccio. Ma il Gatto non aveva ancora finito: a forza di fusa cantò una ninna nanna rassicurante al bimbo, e lo addormentò. La Donna uscì in un ringraziamento e il Gatto si conquistò il diritto di sedere comodamente vicino al fuoco, continuando a precisare: «Io sono ancora il Gatto che se ne va da solo, e tutti i luoghi sono uguali per me».

La Donna si arrabbiò moltissimo e si ripromise di non pronunciare la terza lode, ma quando sbucò fuori un topo e il Gatto lo catturò non poté fare a meno di elogiarlo. Così il Gatto si guadagnò la sua razione quotidiana di latte, ma di quando in quando torna ad essere il Gatto che se ne va da solo, perché tutti i luoghi sono uguali per lui…

Ogni gatto è una piccola tigre

Che ve ne pare? Questa favola non rispecchia il carattere dei nostri animali? In fondo, non aveva ragione  Fernand Méry quando sentenziò «Dio ha creato il gatto per dare all’uomo la gioia di accarezzare una tigre»?