Lettura continua della Bibbia. Luca: Il fariseo e il pubblicano (18,9-14)

Il fariseo e il pubblicano
Il fariseo e il pubblicano. Daniel Cottier, realizzato da Field & Allan, 1865. Chiesa della Trinità, Irvine, Ayrshire. CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=149011762

Si può anche pregare tanto, ma pregare male, con presunzione e alterigia. La qualità di fondo della preghiera è invece l’umiltà. Chi confida in se stesso e deprezza gli altri per esaltare maggiormente se stesso, presentandosi a Dio con autosufficienza, non potrà essere salvato perché, pieno di sé, non fa spazio al Signore e al suo dono.

Il fariseo e il pubblicano

Un abisso morale si staglia fra l’autosufficienza impietosa del fariseo e l’affidarsi del pubblicano alla misericordia di Dio. Chi disprezza chi è bisognoso di misericordia, chi non si riconosce bisognoso di misericordia, non può ricevere misericordia (18,9-14).

Il fariseo appartiene ad una corrente religiosa basata sull’osservanza il più possibile perfetta della Legge in tutte le sue minuzie. Il pubblicato, esattore delle tasse per conto dell’impero romano, è un collaborazionista traditore del suo popolo. Ma per essere riempiti bisogna essere vuoti: il pubblicano, detestabile peccatore, riconosce il suo nulla e torna a casa ricco della ricchezza di quel Dio che dal nulla trae all’essere le cose. Il fariseo, per definizione “il separato” perché conduce una vita di perfezione distaccandosi dagli altri, si compiace del tanto bene che effettivamente compie, e si pone a livello di Dio. Dall’altezza a cui si è collocato, giudica superbamente il pubblicano.

Così, di fronte al Signore che è “Io-Sono”, involontariamente il fariseo pronuncia il suo “Io-non-Sono”: “Io non sono come quello lì”. Misconoscendo l’altro, misconosce Dio e se stesso. Il fariseo fa anche più del necessario, come digiunare due volte a settimana, il lunedì e il giovedì, anziché due volte l’anno; paga la decima sugli acquisti, decima dovuta solo dai produttori; insomma, è come se Dio stesso dovesse scendere dal cielo e dirgli: “Ti ringrazio perché sei così bravo!”. Il pubblicano invece, riconoscendo il proprio vuoto, fa posto a Dio e al suo perdono. La miseria attira la misericordia, la ricchezza la respinge.