Viaggio nella Bibbia. Il duplice delitto di David (2 Samuele 11)

David e Betsabea, 1951. Di 20th Century Fox – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=66990493

Filistei, moabiti, aramei, amaleciti: forte della sua fede nel Signore, David stravince su tutti i nemici e i popoli ostili vengono ridotti a tributari. Solo gli ammoniti, ormai, gli resistono. Tutto si svolge secondo i crudeli costumi dell’epoca, anche se il re si mostra ancora capace di gesti di bontà verso la discendenza di Gionata.

È questo il contesto in cui si situa il duplice delitto di David. Il suo grande peccato, e la sua grande sofferenza. Sofferenza che viene vista come contrappasso per il suo crimine: come lui, il re, ha distrutto una famiglia violando il diritto del povero, così la sua famiglia sarà dilaniata da una violenza che si ritorce contro di lui.

Uria l’Hittita

In contrapposizione a David, Uria l’Hittita si profila come una nobile figura che non meriterebbe la fine a cui David lo destina: prima tradito, poi ucciso. Uria, uno straniero, si pone alla sequela del re come neppure i più fidi hanno fatto; irreprensibile e indefettibile, proprio per la sua integrità e il suo zelo va incontro alla morte.

2 Samuele 11

«Ioab mandò Uria da Davide. Arrivato Uria, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra. Poi Davide disse a Uria: «Scendi a casa tua e làvati i piedi». Uria uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una portata della tavola del re. Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. 

10 La cosa fu riferita a Davide e gli fu detto: «Uria non è sceso a casa sua». Allora Davide disse a Uria: «Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?». 11 Uria rispose a Davide: «L’arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e la sua gente sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per dormire con mia moglie? Per la tua vita e per la vita della tua anima, io non farò tal cosa!». 

12 Davide disse ad Uria: «Rimani qui anche oggi e domani ti lascerò partire». Così Uria rimase a Gerusalemme quel giorno e il seguente. 13 Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua.

14 La mattina dopo, Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Uria. 15 Nella lettera aveva scritto così: «Ponete Uria in prima fila, dove più ferve la mischia; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia». 16 Allora Ioab, che assediava la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che il nemico aveva uomini valorosi. 17 Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; parecchi della truppa e fra gli ufficiali di Davide caddero, e perì anche Uria l’Hittita».

Cade la persona sbagliata

No, Uria non merita la morte, e tuttavia è lui a morire, non il re peccatore. Trionfa l’ingiustizia, il diritto viene calpestato. È David a sopravvivere, lui che non lo meritava: con la spada degli ammoniti – così lo rimprovererà il profeta Natan – aveva ucciso il suo fedele seguace, solo per nascondere la propria colpa, una colpa che nella legge di Mosè comporta la morte. Dopo l’adulterio, l’omicidio; gli uomini non vedono il duplice crimine; ma ciò che David ha fatto è male agli occhi di Dio.

Muore l’innocente, e il colpevole è salvo. Solo apparentemente, però; perché un carico di morte perseguiterà da allora David nella propria famiglia. Prima soccomberà l’innocente figlio della colpa, poi i figli grandi, chi colpevole di incesto, chi di omicidio, chi di ribellione.

David, se non altro, è capace di assumersi la propria responsabilità: «Tu sei quell’uomo!» (2 Sm 11,7). Di fronte alla parola di Natan che a nome di Dio mette a nudo la sua anima, David riesce a vedere quel che i suoi occhi accecati dalla passione e dalla paura non riuscivano più a scorgere, il suo peccato. Il suo pentimento è sincero.

Ma non basta il pentimento a cancellare il male fatto, che ricadrà sul suo capo. Ci saranno conseguenze. La spada non si allontanerà mai dalla sua casa. Il dramma di Davide si svilupperà, infatti, soprattutto all’ interno alla sua famiglia.

Due tipi di sofferenza dovuta alluomo

Allora, c’è la sofferenza «meritata» dal peccatore David, ma frutto di libere scelte dei suoi disgraziati figli; tuttavia, si tratta di una sofferenza che ricade anche sul popolo incolpevole mediante una guerra civile.

Poi, c’è la sofferenza ingiusta dell’innocente, del ligio e fedelissimo Uria, anche questa frutto delle libere scelte di David.

Una prima impressione ci direbbe che la sofferenza coglie tutti allo stesso modo, colpevoli e innocenti: c’è giustizia? Giobbe sosterrebbe di no.

Una seconda valutazione, più attenta, ci rivela che la causa sta – almeno in questo caso – nelle libere scelte degli uomini. Sono loro, e non Dio, a scegliere la guerra, la ribellione, il delitto. Dio non fa che evidenziare i loro comportamenti con le loro nefaste conseguenze. Rimando, per questo aspetto, ad un articolo sul pensiero di C.S. Lewis (QUI) del quale riporto qualche passo:

«Un mondo di automi — di creature che agissero come macchine — non varrebbe la pena di crearlo. La felicità che Dio destina alle Sue creature superiori è la felicità di essere liberamente, volontariamente uniti a Lui e gli uni agli altri in un’estasi d’amore e di letizia al cui confronto l’amore più travolgente tra un uomo e una donna su questa terra non è che latte e diluito. E per questo bisogna che esse siano libere».

Naturalmente Dio non è stato preso alla sprovvista dalle decisioni degli uomini. Sapeva cosa sarebbe successo se avessero usato la loro libertà – come hanno fatto – in modo sbagliato; a quanto pare ha pensato che valesse la pena rischiare. Quello che ha creato non è un mondo di giocattoli che si muove solo quando Lui tira i fili…

È la libertà, con il carico di consapevolezza e di libertà che porta con sé, a rappresentare una grande possibilità di sofferenza per gli uomini che la esercitano e per gli uomini che dipendono dalle loro azioni. Bisognerebbe togliere la libertà per avere un mondo molto più pacifico… ma, ahimè, privo di senso.