
Cosa dice Giuda nel suo discorso, tanto da spingere Giuseppe a rivelarsi finalmente ai fratelli?
«Ora, quando arriverò dal tuo servo, mio padre, e il ragazzo non sarà più lì, e la sua anima sarà legata nella sua anima, quando vedrà che il giovane non sarà più lì, morirà e noi avremo portato il nostro vecchio padre alla tomba in un dolore inconsolabile.
Infatti, il tuo servo ha garantito la sicurezza del giovane per mio padre, dicendo: “Se non te lo riconduco, avrò peccato contro mio padre tutti i giorni della mia vita”. Perciò, ti prego, lascia che il tuo servo rimanga qui come schiavo del mio signore al posto del giovane, e che il giovane torni indietro con i suoi fratelli. Poiché come potrei comparire davanti a mio padre senza il bambino, per non vedere il dolore che proverà mio padre?» (Genesi 46,30-34).
Il discorso di Giuda
Cosa c’è in questo discorso che spinge Giuseppe a scoppiare a piangere e a rivelarsi ai suoi fratelli? Innanzi tutto, che cosa non è il discorso di Giuda: NON è una confessione. I fratelli non confessano di aver odiato Giuseppe, né di aver commesso violenza contro di lui, sebbene questo pensiero sia già venuto loro in mente (Gen 42,21-22).
Il discorso, poi, è pronunciato da Giuda, il fratello che pur non essendo il primogenito aveva cercato di salvare Giuseppe dalla morte e aveva alla fine ottenuto da Giacobbe la partenza di Beniamino. Si mostra, cioè, il più responsabile.
Infine, l’intero discorso ruota attorno a Giacobbe, e non a Giuseppe o ai suoi fratelli. È l’amore di Giacobbe per Giuseppe e Beniamino e il dolore inconsolabile di Giacobbe se qualcosa fosse accaduto a Beniamino che è il centro, anzi l’unico motivo, del discorso di Giuda.
La congiura del silenzio
I fratelli, complici nella triste sorte di Giuseppe, per molto tempo, erano vissuti. nella congiura del silenzio. Non avevano mai ammesso cosa avevano fatto a Giuseppe.
Giuseppe, da parte sua, non è molto meglio di loro quanto a silenzi colpevoli. Dall’Egitto, quando ne ha facilmente la possibilità, Giuseppe non manda mai un messaggio al padre in lutto per lui. Giuseppe accetta ciò che gli è successo e aspetta senza muovere un dito. Ma cosa aspetta? L’opportunità di vendicarsi? No; questo avrebbe potuto farlo senza problemi inviando truppe a Canaan. Avrebbe potuto imprigionare i fratelli maggiori la prima volta che erano scesi in Egitto. No; il vero problema è il dolore che i suoi fratelli hanno causato al padre. Riconoscere quel dolore da parte di tutti è il passo fondamentale per guarire i legami familiari.
Il momento della verità
Quando Giuda si fa avanti e si riferisce solo a “mio” padre e al dolore inconsolabile che teme di infliggergli, Giuseppe capisce che è giunto il momento della verità: piange, si identifica e insiste affinché Giacobbe venga portato da lui in Egitto dove potrà proteggerlo.
Ma gli altri fratelli non lo capiscono, nemmeno dopo la morte di Giacobbe. Secondo Genesi 50,15-21, dopo la morte di Giacobbe, implorano Giuseppe per la loro vita in nome del loro padre, immaginando che il torto più grande sia stato quello fatto non a Giacobbe ma a Giuseppe, e temendo che egli abbia aspettato il momento giusto per vendicarsi.