Il Discorso delle Parabole si apre con una scena particolare: Gesù, dalla barca, si distacca rispetto alla folla che sta ferma sulla riva. Si allontana dai più vicini per divenire ugualmente vicino a tutti. Si allontana per avvicinarsi: come farà con la sua Ascensione. In Matteo, però, la barca simboleggia la missione ecclesiale e la Chiesa: è da lì che Gesù dà il suo insegnamento sul Regno. Un insegnamento in parabole.
La parabola
La parabola è un genere letterario particolare, tipico della mentalità semitica, mentre la nostra mentalità, di matrice greca, tende ad allegorizzare, e questo costituisce per noi un problema di comprensione. Mi spiego meglio.
La parabola non è un’allegoria
Per comprendere le parabole occorre cercare di avvicinarci a questo tipo di linguaggio, figurato ma non allegorico.
La metafora
La metafora è una figura del linguaggio che attraverso un simbolo, un’immagine concreta, rimanda a qualcosa d’altro, ci conduce al di là del senso letterale. Ad esempio, Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo… Ma un uomo non è sale e tanto meno è luce. È un modo di dire che si serve di un’immagine concreta per rimandare ad un significato spirituale.
L’allegoria
Una metafora che assume movimento e si prolunga in una storia è un’allegoria: ogni elemento del racconto ha un preciso significato simbolico. Ad esempio, allegorica è l’immagine giovannea della vite e dei tralci: ogni elemento dell’immagine ha un valore preciso. Noi ci ritroviamo bene in questo tipo di linguaggio.
La similitudine
La similitudine è invece un paragone che da un’immagine sensibile, in modo esplicito, rimanda ad una realtà invisibile: il Regno dei cieli è simile a… Vedete la differenza con la metafora? La metafora non dice che una cosa è come un’altra, ma direttamente che una cosa è un’altra: voi siete il sale, voi siete la luce… Erode è una volpe, a te darò le chiavi del regno…
La parabola
La parabola invece è un’immagine con cui si stabilisce un paragone (il regno dei cieli è simile a…) e si sviluppa in una storia.
Caratteristiche
Però, attenzione:
- la parabola è un racconto fittizio (non riferisce fatti realmente accaduti)
- e plausibile: i fatti potrebbero anche accadere (non come la fiaba in cui troviamo orchi e fate) o la favola (in cui gli animali parlano)
- ma spesso in modo paradossale.
La parabola è difficile e provocatoria
Non è un raccontino facile facile come per i bambini. A volte ho sentito dire che Gesù parlava in parabole perché tutti lo capissero. Direi il contrario: Gesù parla in parabole perché provoca gli ascoltatori, li prende nel vivo esasperando anche certi toni, ma può essere capito soltanto in un’ottica di fede. La parabola vuole traghettare l’ascoltatore in un diverso modo di vedere e di pensare. La parabola è, e vuole essere, provocatoria. In realtà, solo chi ha il cuore aperto ne riceverà grazia in sovrabbondanza; chi non ha la disposizione ad ascoltare ed accogliere, perderà anche ciò che crede di poter stringere in mano.
Chi non accetta di capire con il cuore quel che sente e quel che vede è come se non guardasse e non udisse. Non che sia questa la volontà di Dio, ma è ciò che Dio affida alla libera scelta dell’uomo, la possibilità di guardare senza voler vedere e di udire senza voler ascoltare (13,10-15). Se pretendiamo di spiegare tutto allegoricamente, andiamo anche fuori strada.
Nella parabola un solo elemento è importante
A differenza dell’allegoria, dove ogni elemento ha una funzione simbolica, la parabola verte su un solo elemento, e tutto il resto ruota su di esso per vivacizzare il racconto.
Un esempio. Avete presente la parabola delle dieci vergini (Mt 25,1-13)? Se la intendiamo in senso allegorico, pretendendo di dare un significato coerente a tutti i dettagli, c’è qualcosa che non torna. Non era lo sposo ad essere atteso nella casa nuziale, ma la sposa. Possibile che lo sposo arrivi a mezzanotte? Dovevano essere le fanciulle del corteo nuziale a portarsi l’olio per le lampade? E, soprattutto, che razza di insegnamento è mai questo? Chi ha l’olio non lo deve dividere con chi non lo ha?
Questi sono solo particolari secondari che devono movimentare il racconto ed attirare l’attenzione. Quelle antipatiche delle vergini sapienti non sono un modello da seguire se non per un particolare. Il particolare importante è uno solo: la vigilanza. Quando verrà il momento, nessuno può sostituirsi a te: l’incontro ti prenderà come sei, pronto o non pronto ad accogliere il Signore.
Il Discorso delle Parabole: la struttura
Il terzo discorso è interamente costituito di parabole del Regno: dieci volte vi ricorre la parola parabolé, che traduce l’ebraico mashal, proverbio, detto sapienziale, ma anche similitudine o paragone. Sette – il numero della perfezione – sono le parabole, tra grandi e piccole. La parabola del seminatore, in un certo senso, racchiude tutte le altre, con il tema del seme, della crescita e del frutto, e della sua caratteristica di nascondimento.
Dopo la fondamentale parabola del seminatore, avremmo, secondo B. Gerhardsson, questa struttura:
a) parabola del discernimento (il grano e la zizzania) (solo in Matteo)
b) parabole della crescita nascosta (senape [sinottica] e lievito [Matteo e Luca])
b’) parabole del ritrovamento di ciò che è nascosto (tesoro e perla [solo in Matteo])
a’) parabola del discernimento (la rete, solo in Matteo).
Quindi vi troviamo in sequenza:
- la dinamica del seme gettato
- il discernimento del seme cresciuto insieme alla zizzania
- la crescita nascosta (al maschile
- e al femminile)
- il ritrovamento del tesoro nascosto (contadino
- e mercante)
- il discernimento della rete
La parabola del seminatore (Mt 13,1-23.31-35)
La parabola del Seminatore verte sull’attività di Chi sparge il seme enfatizzando lo spreco, mentre nella successiva spiegazione allegorizzante l’interesse si concentra sulle diverse qualità del terreno.
Il Seminatore è Gesù
Attraverso la figura del Seminatore, Gesù descrive la propria azione: mentre parla sparge il seme a piene mani senza badare a spese, con una larghezza paradossale: sembrerebbe «la parabola del seminatore sbadato». È paradossale che il seminatore non guardi dove semina: per la strada, sulle rocce, tra le spine. Il fatto è che dona senza misura. Il Signore, pur di non tralasciare nessuno, accetta il rischio di seminare a vuoto…
Il Mistero del Regno
Solo questa paradossalità può far intuire il mistero del Regno. Mysterion, biblicamente, non è un enigma intellettuale, un rompicapo incomprensibile. È, al contrario, una realtà sacra, salvifica, svelata per divina misericordia nel suo attuarsi (un po’ come i nostri «misteri» del Rosario). Ma solo coloro che non hanno il cuore indurito possono comprendere.
Il cuore, nella Scrittura, non è la sede del sentimento (la sede del sentimento sono le viscere) ma del pensiero. Il cuore duro non indica mancanza di bontà, ma di comprensione. L’incomprensione non deriva dalla difficoltà della parabola, ma esiste già nel cuore chiuso, la parabola si limita a metterla allo scoperto. Beati, invece, gli occhi che sanno vedere e gli orecchi che sanno ascoltare… molti antichi giusti e profeti lo desiderarono, e non ebbero questo dono.
La qualità del terreno
Tuttavia, la salvezza non è automatica. Anche coloro cui il dono è offerto possono rifiutarlo
- se per la loro faciloneria (il terreno superficiale) non sanno difenderlo dal male che lo vorrebbe rapire;
- se non hanno la forza di persistere nelle tribolazioni (il terreno roccioso);
- se si abbandonano alle preoccupazioni per le cose di questo mondo (le spine);
- solo il terreno profondo e sgombro porta frutto, e questi quattro tipi di terreno convivono tutti nel nostro cuore; a noi scegliere quale coltivare.