
E il riscatto verrà. Come Giuseppe spiega chiaramente ai suoi fratelli (Gen 45,5: «Era per sostenere la vita che Dio mi ha mandato prima di voi”), la discesa di Giuseppe in Egitto faceva parte di un piano divino per preservare la vita del clan di Giacobbe durante una carestia durata sette anni. Il doppio messaggio teologico, che nonostante le apparenze, Dio è sia attivo nei confronti del giusto sofferente, sia operante per il bene di tutti, è inequivocabile.
Eppure, particolare degno di rilievo, Dio nella saga di Giuseppe non compare mai. Cioè: non appare, non parla. Sembra assente dalle vicende umane. Comprendiamo però, nella lettura dei testi, che la sua presenza c’è, in forma diversa: nella forma invisibile che oggi chiamiamo Provvidenza. Agisce attraverso gli eventi, parla attraverso la sapienza del cuore. Silenziosamente, intangibilmente. Ma c’è.
Il Dio dietro le quinte
Per questo il racconto delle vicende di Giuseppe è tanto moderno; perché presenta un uomo che appare lasciato solo, abbandonato agli eventi, senza avere una parola di conforto dal Dio in cui pone la sua fede.
«Il Signore era con lui e il Signore dava successo a tutto quanto egli faceva» (39,23). Il Signore è con lui e gli dà sapienza, ma non interviene in un modo sensibile che Giuseppe possa avvertire. È la fiducia che sostiene Giuseppe. Il bandolo della matassa sarà lui stesso, alla fine, a trovarlo, così come era stato abile a decifrare gli strani sogni degli egiziani.
«Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù; perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio» (45,4-8).
La sofferenza di uno, di un giusto per di più, è funzionale alla salvezza dei molti. Giuseppe, tradito dai fratelli e consegnato alla schiavitù, è in qualche modo prefigurazione del sacrificio di Cristo consegnato alla croce dagli uomini suoi fratelli. La sua è già una sofferenza feconda, che, benché penosa, è portatrice non di morte ma di vita. Un invito a fidarsi di Dio.