La Redenzione e il riscatto dalla morte non riguardano solo l’uomo, ma tutto il Creato. Leggiamo quanto papa Francesco afferma nella Laudato si’.
Laudato si’: il Cristo e il Creato
Secondo la comprensione cristiana della realtà, il destino dell’intera creazione passa attraverso il mistero di Cristo, che è presente fin dall’origine: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16). Il prologo del Vangelo di Giovanni (1,1-18) mostra l’attività creatrice di Cristo come Parola divina (Logos). Ma questo prologo sorprende per la sua affermazione che questa Parola «si fece carne» (Gv 1,14). Una Persona della Trinità si è inserita nel cosmo creato, condividendone il destino fino alla croce.
Dall’inizio del mondo, ma in modo particolare a partire dall’incarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto nell’insieme della realtà naturale, senza per questo ledere la sua autonomia. Il Nuovo Testamento non solo ci parla del Gesù terreno e della sua relazione tanto concreta e amorevole con il mondo. Lo mostra anche risorto e glorioso, presente in tutto il creato con la sua signoria universale: «È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,19-20).
Questo ci proietta alla fine dei tempi, quando il Figlio consegnerà al Padre tutte le cose, così che «Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,28). In tal modo, le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa (nn. 99-100).
Il Creato lode al Creatore
Di questo quadro luminoso, l’uomo è la voce cosciente, perché lo spirito di lode pervade tutto l’universo; tutto il Creato, per il solo fatto di esistere, è una lode al Creatore. Scriveva lo studioso ebreo Abramo Heschel:
«Essere presi dal timore reverenziale verso Dio non significa avvertire un sentimento ma essere partecipi di uno spirito che permea tutti gli esseri.”Essi tutti ringraziano, essi tutti lodano, essi tutti dicono: Non vi è nessuno uguale a Dio”. Come puro fatto di riconoscimento personale, la nostra lode sarebbe fatua; essa è significativa solo in quanto con essa ci uniamo al canto infinito: noi cantiamo insieme con i sassolini sulla strada, che sono come meraviglia pietrificata, insieme con tutti i fiori e gli alberi, che appaiono come ipnotizzati in uno stato di devozione silenziosa» (A.J. Heschel, L’uomo non è solo. Una filosofia della religione, Milano 1970, 82).
La lode di Dio
Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2416 insegna che «gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida cura. Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria». Nelle bestie la voce di lode del Creato si fa canora, e nell’uomo si fa consapevole.
Questo senso universale di lode è stato accolto anche dai primi scrittori cristiani. «Pregano anche gli angeli, prega ogni creatura», scriveva su questa linea Tertulliano (L’orazione 29, CCL 1,274). «Gli animali domestici e feroci pregano e piegano le ginocchia e, uscendo dalle stalle o dalle tane, guardano il cielo non a fauci chiuse, ma facendo vibrare l’aria di grida nel modo che a loro è proprio. Anche gli uccelli quando si destano si levano verso il cielo, e al posto delle mani aprono le ali in forma di croce e cinguettano qualcosa che può sembrare una preghiera».