
Il coraggio di David emerge subito non appena inizia la sua storia a corte. Un coraggio che viene solo dalla confidenza in Dio. Un coraggio che Dio suscita per lenire la sofferenza del suo popolo.
Dall’accampamento dei Filistei uscì un campione di nome Golia, di Gat, alto sei cubiti e un palmo. […] Ed egli si fermò e gridò alle schiere d’Israele, dicendo: «Perché siete usciti per schierarvi in battaglia? Non sono forse io il Filisteo e voi i servi di Saul? Sceglietevi un uomo che scenda contro di me (1 Sm 17,4-8).
La descrizione del guerriero Golia è così particolareggiata, come mai accade altrove nella Bibbia, che sembra di trovarci di fronte ad un passo dell’Iliade. Tuttavia, è una descrizione importante, perché presenta davanti all’inerme, piccolo David una macchina bellica di mostruosa potenza, e di immensa arroganza.
« Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo» (1 Sm 17,5).
Secondo la descrizione biblica il peso della corazza di Golia era di 5.000 sicli, all’incirca 50 – 65 kg. Golia è alto 6 cubiti (1 cubito = 44,5 cm) e un palmo (o spanna, circa 22,2 cm), quindi circa 2 metri e 89, risultando 17,2 cm più alto di Robert Wadlow, l’uomo attestato come il più alto del mondo. Come si spiega?
Golia
Israele ha conosciuto nell’antichità alcune popolazioni di alta statura da cui era rimasto impressionato e che descriveva come giganti. Il guerriero presentato col nome di Golia potrebbe inoltre aver sofferto di acromegalia o di ipertrofia pituitaria che provoca anche problemi di vista. Si può così ipotizzare che Davide sia riuscito ad abbattere Golia perché il gigante stentava a focalizzarlo. Non è comunque necessario formalizzarsi troppo su questi particolari, perché il linguaggio epico indulge all’esagerazione, ed è proprio questo il caso. L’intento del narratore è quello di presentare il forte contrasto fra il guerriero possente, uomo d’armi fin dalla sua fanciullezza, ed il ragazzo abituato a stare con le greggi.
Nel lanciare la sua sfida, il gigante Golia si presenta come “il Filisteo” per antonomasia, chiamando gli Israeliti “servi di Saul“. La sfida è insomma rivolta principalmente al re d’Israele. Come Golia era il più alto dei filistei, Saul era il più alto del suo popolo. Pertanto, l’esito più logico della sfida avrebbe dovuto essere uno scontro tra i due.
Ma Saul ha paura. “Quando Saul e tutto Israele udirono queste parole del Filisteo, rimasero costernati ed ebbero grande paura” (17,11). La paura di Saul è contraddittoria con la fede in Dio, perché Saul era stato chiamato a regnare fondando un nuovo modello di nazione basato sulla fede nel volere divino. Nonostante i successi iniziali, il re si è discostato dai disegni di Dio. La sfida di Golia sarebbe l’occasione per redimersi, ed invece non farà che far emergere colui che riuscirà dove Saul ha fallito. Il giovane David non si lascia intimorire dalla forza del gigante, poiché crede davvero in Dio, più potente di qualsiasi guerriero.
L’armatura di Saul

La sfida di Golia dura quaranta giorni secondo il TM, mentre per i LXX, che omettono i vv. 12-31, la soluzione giunge subito attraverso il piccolo Davide, così piccolo che non sta nemmeno nell’armatura del grande Saul, ma confida nel Signore.
L’atto di Saul, che offre a David la sua pesante armatura perché se ne rivesta (17,38-39), è l’immagine chiara del contrasto fra i due. Saul, come i filistei che dovrebbe combattere, poggia la sua fede nelle armi. Per regnare, ne ha assorbito la mentalità. David, al contrario, ripudia la logica dei Filistei. Dirà infatti al suo avversario: “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e col giavellotto, ma io vengo a te nel nome del Signore, Dio degli eserciti, il Dio delle schiere d’Israele che tu hai insultato” (17,45).
La scena di David che cerca di indossare l’armatura del re ma ne è invece impacciato (vi ciottola dentro, si sarebbe detto nella parlata di casa mia, o, se volete un vocabolo sicuramente italiano, vi sciaborda dentro) ha certamente un effetto comico (“Toglietemi di qui!”) ma è anche molto significativa. L’armatura del re paralizza David, abituato ad una povertà e ad una snellezza che acuiscono le sue capacità. Bastano una fionda e un ciottolo di torrente ad abbattere un gigante armato di tutto punto. Bastano, se il cuore è libero e confida nel Signore.
Contraddizioni
Nel cap. 17 il testo presenta nuovamente Davide come se fosse un personaggio sconosciuto sia ai lettori, che a Saul, contrariamente a quanto sappiamo dalla narrazione precedente. Inoltre, anche all’interno del racconto si evidenziano doppioni e incongruenze (compresa la menzione di Gerusalemme che invece è ancora in mano ai Gebusei), che i LXX hanno eliminato omettendo i relativi versetti.
Quando Saul aveva visto David uscire contro il Filisteo, aveva chiesto ad Abner, capo dell’esercito: «Abner, di chi è figlio questo giovane?». Avner rispose: «Com’è vero che tu vivi, o re, non lo so» (1 Sm 17,55).
Com’è possibile che qui Saul – ed anche Abner – non sappia a quale famiglia appartenga David?
Alcuni spiegano il mancato riconoscimento di David con lo squilibrio mentale di Saul, una forma di amnesia. Gersonide (1288-1344) propone una spiegazione alquanto interessante. “Sembra che, a causa dei suoi molti affari e delle molte persone che giungevano alla sua presenza, un re sia incapace di riconoscere qualcuno individualmente”. Tali spiegazioni, però, non tengono conto del fatto che neppure Abner riconosca David.
Questa non è l’unica incoerenza nel testo: David ci era stato già presentato come figlio di Jesse con i suoi sette fratelli, eppure di nuovo leggiamo: “David era figlio di quell’Efrateo di Betlemme di Giuda, di nome Jesse, che aveva otto figli” (17,13). Come se oltre a Saul, anche il lettore avesse dimenticato chi fosse David. Non, non è questione di amnesie. Semplicemente, nel testo biblico si alternano due tradizioni.
Il capitolo 16, con la storia di David che arriva alla corte di Saul come suonatore di cetra e scudiero, appartiene alla prospettiva anti-monarchica, diretta continuazione del capitolo 15, in cui è narrato il fallimento di Saul contro Amalek. La storia di David e Golia (capitolo 17), appartiene invece alla prospettiva filomonarchica, secondo cui Saul era stato rigettato durante la guerra contro i Filistei (capitoli 13 e 14) per aver anteposto il terrore delle armi nemiche alla fede in Dio. Non è dunque necessario che i due capitoli concordino nei dettagli narrativi, in quanto appartengono a due binari paralleli che in modo diverso contribuiscono allo sviluppo della medesima storia.
Il regno di Saul è decaduto a causa di due problemi distinti ma simili rappresentati dai Filistei e dagli Amaleciti. David costituisce la soluzione a entrambi: da un lato gode del favore divino in contrapposizione al re che l’ha perso nel tentativo di autoglorificarsi; dall’altro è il guerriero della fede che si eleva al di sopra di Saul, che invece ormai crede solo nella spada e nelle armature.