Lettura continua della Bibbia. Luca: La speranza dei pagani (7,1-10)

Il centurione
Guarigione del servo del centurione. Di James Tissot – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10957362

I capitoli 7-8 del Vangelo secondo Luca presentano una scelta di miracoli indirizzati, in una sorta di crescendo, ad abbattere il regno del male.

Il primo di questi miracoli, chiesto in Luca per interposta persona, riguarda un pagano, servo di un centurione che, benché estraneo ad Israele, è un timorato di Dio e un benefattore del suo popolo. Luca, evangelista dei pagani, mostra così ai suoi destinatari un itinerario possibile di fede che viene da lontano, non dal seno del popolo di Israele ma dalla bontà naturale di un uomo che, fuori della storia della salvezza, tuttavia ama i servi di Dio e persegue il bene.

Il centurione si riconosce in uno stato di bisogno – il suo servo, caro come un figlio, sta per morire – e si rivolge a Dio per colmare il suo vuoto. Non si sente neppure degno di presentarsi a Gesù: porge la sua supplica tramite i giudei. È Gesù che va verso di lui, e tuttavia ancora il pagano si sente indegno della sua presenza.

Il senso di indegnità, però, non obnubila la sua fede nella misericordia, e dentro di sé il suo bisogno incontra la potenza di Dio. Non c’è necessità di un incontro fisico, basta l’incontro interiore, percepito secondo i parametri del suo vissuto quotidiano, quello di un soldato che ha superiori e subalterni.

Lo slancio con cui il centurione si affida a Gesù diviene un esempio per noi; egli vive questo abbandono nella concretezza della propria esistenza, fatta di ordini ricevuti e dati. Sa comandare perché sa obbedire; sa obbedire perché sa ascoltare; conosce la forza della parola e il coraggio dell’obbedienza. Le parole sono per lui concrete, misurate e precise; sono dunque sufficienti, perché sono ordini da cui dipendono la vita e la morte. E Dio, che è Padre di tutti gli uomini, di tutti ha misericordia. Le parole del Signore sono efficaci per chi crede: il servo è salvo.

Il centurione: un racconto di Coehlo

L’incontro con il centurione nell’interpretazione di Zeffirelli

Su questo c’è un bel racconto di P. Coelho. Al tempo di Tiberio, viveva a Roma un uomo buono che aveva due figli. Uno era un acclamato poeta dalla parola alata, l’altro era un soldato. Un giorno l’uomo buono morì per salvare un bambino dalle ruote di un carro e andò dritto in cielo, dove un angelo gli promise di esaudire i suoi desideri. Il vecchio chiese di vedere che cosa sarebbe stato, nel più remoto futuro, delle parole del figlio.

L’angelo gli mostrò allora un luogo affollatissimo di persone vestite in foggia strana che recitavano delle parole in una strana lingua. Il vecchio pianse di gioia, e chiese di sapere quale delle poesie del figlio quella gente stesse recitando. Ma l’angelo spiegò: “Quando il regno di Tiberio è finito, anche la fama di tuo figlio poeta è stata dimenticata. Queste sono le parole del tuo figlio soldato”. Il vecchio fu sorpreso.

L’angelo proseguì: “Divenuto centurione, il tuo figlio soldato fu mandato in una provincia lontana. Un giorno un suo servo si ammalò e il centurione, avendo sentito parlare di un maestro che guariva gli ammalati, ebbe fede in lui e lo cercò. Gli chiese di sanare il suo servo; ma poiché il maestro si offriva di recarsi a casa sua, pronunziò queste parole che non sono state più dimenticate: “Signore, io non sono degno che tu entri nella mia casa, ma di’ soltanto una parola…”.