
Abbiamo sicuramente in testa il caso Galileo quando pensiamo che la Chiesa cattolica si sia sempre pedissequamente e ottusamente arroccata sull’interpretazione letterale dei passi biblici, avversando la scienza su tali basi. Ad esempio, in un’inchiesta effettuata qualche anno fa nelle Facoltà scientifiche di tutti i paesi dell’Unione Europea, un 30% degli studenti si è detto convinto che Galileo sia finito arso vivo dalla Chiesa, mentre ben il 97% crede che sia stato torturato. La frase Eppur si muove viene ritenuta “sicuramente storica”. Il caso Galileo, insomma, ha fatto scalpore lasciando una lunga traccia.
Eppure, nel secolo precedente a Galileo uno scienziato polacco cattolico, il canonico Copernico, aveva in modo indolore sostenuto la teoria eliocentrica, e non era neppure stato il primo a farlo, in quanto lo avevano preceduto un vescovo, Nicola Oresme, e un cardinale, Nicolò Cusano (per non parlare di Aristarco di Samo nel III sec. a.C. e persino di alcuni pitagorici del sec. V a.C.). Era stato invece Lutero a condannare recisamente, già nel 1539, il cattolico Copernico:
«La gente dà retta a un astronomo venuto fuori chissà da dove, il quale si sforza di dimostrare che la terra gira, e non i cieli e il firmamento, il sole e la luna. Chiunque vuole apparire intelligente deve inventare qualche nuovo sistema, che sia naturalmente il migliore di tutti i sistemi. Questo pazzo desidera mettere sottosopra l’intera scienza dell’astronomia; ma le Sacre Scritture ci dicono che Giosuè comandò al sole di fermarsi, non alla terra» (Bertrand Russell, Storia della filosofia occidentale, Tea, 1991).
Forse è il caso allora di ripensare l’atteggiamento della Chiesa del tempo nei confronti della teoria eliocentrica e dello stesso Galileo Galilei…
Un’avvertenza
Una doverosa avvertenza: è oggettivamente sbagliato che la Chiesa (o se è per questo anche uno Stato) legiferi sulla correttezza delle asserzioni scientifiche, ma dobbiamo considerare che all’epoca scienza e filosofia non erano ancora chiaramente distinte, e la filosofia era l’ancella della teologia, quindi si trattava di campi quanto meno contigui.
Il caso Galileo: il motivo
Galileo e la sua teoria godevano a Roma di un grande favore, tra i cardinali (tra cui Federico Borromeo e persino Roberto Bellarmino), gli studiosi gesuiti e persino i Papi. Galileo commise tuttavia due errori. Il primo fu quello di presentare la teoria copernicana come assolutamente certa, benché non vi fossero ancora prove scientifiche a supportarla, e neppure lui riuscisse a produrle. Il secondo errore fu quello di voler supportare la teoria con citazioni bibliche, cioè proprio l’errore che comunemente si imputa alla Chiesa! Il tutto, espresso con un atteggiamento arrogante e offensivo nei confronti di chi la pensava diversamente.
Paradossalmente, in questa disputa, lo scienziato Galilei era teologicamente nel giusto ricordando che la Bibbia insegna “come si vadia in cielo” e non “come vadia il cielo”, e rimase sempre fedele alla Chiesa, mentre dal punto di vista scientifico non era riuscito a provare la sua teoria: l’unica prova che addusse, quella delle maree, era sbagliata. D’altro canto i teologi del S. Uffizio erano in errore in questo caso quanto all’esegesi biblica, mentre giustamente sostenevano che Galileo non avesse dimostrato scientificamente le sue teorie. Galileo non riuscì mai a dimostrare il moto di rotazione né quello di rivoluzione della terra (le maree non lo provano, essendo causate dalla forza di gravità lunare), cosa che al contrario riuscì nel 1790 a un sacerdote, Giovanni Battista Guglielmini, facendo cadere delle sfere di piombo dalla Torre degli Asinelli a Bologna, e definitivamente a Foucault, col famoso pendolo, nel 1851.
Una crisi antropologica
Quello che si temeva messo in crisi dalla teoria galileiana non era tanto la letteralità della S. Scrittura o il moto dei corpi celesti, quanto la concezione della centralità dell’uomo nella creazione di Dio. Come scrisse Nietzsche:
«Da Copernico in poi, si direbbe che l’uomo sia su un piano inclinato – ormai va rotolando, sempre più rapidamente, lontano dal punto centrale – dove? nel nulla? nel “trivellante sentimento del proprio nulla” […] Ogni scienza (e nient’affatto la sola astronomia …) si propone oggi di dissuadere l’uomo dal rispetto sinora avuto per se stesso, come se questo altro non fosse stato che una stravagante presunzione […] autodisprezzo per l’uomo» (Genealogia della morale).
Ipotesi e non certezza
Il Cardinale Bellarmino aveva scritto il 12 aprile 1615 una lettera in cui precisava che, oltre al fatto che l’interpretazione dei testi biblici si doveva compiere all’interno della Tradizione, Galileo Galilei doveva accontentarsi ancora di parlare della teoria copernicana “ex suppositione” (cioè come ipotesi), fino a quando non esistessero le prove scientifiche in tal senso. Aggiunse anche che quando tali prove fossero giunte, si sarebbero potuti interpretare in senso non letterale i passi biblici che sembravano avvallare l’ipotesi geocentrica. Una posizione intellettuale onesta ed ineccepibile.
L’ostinazione di Galileo fece precipitare la situazione. La Congregazione dell’Indice pubblicò il 5 marzo 1616 un Decreto che sospese temporaneamente (73 anni dopo la sua pubblicazione) la stampa del De rivolutionibus di Copernico, ma in tale decreto non era presente alcun riferimento a Galileo Galilei.
Nello stesso anno, il 26 maggio, il Cardinal Bellarmino stilò a nome del Sant’Uffizio una Ammonizione secondo la quale Galileo doveva promettere di togliere tutti i riferimenti alla Bibbia che egli adduceva nei suoi scritti a sostegno della teoria copernicana, facendo in tal modo sconfinare la scienza nella teologia, tanto più che sulla questione non c’era alcuna dimostrazione scientifica. Non gli si chiese di cessare i propri studi o di abiurare dalle proprie convinzioni scientifiche. Tutto quello che gli si chiedeva era di insegnare la teoria copernicana come ipotesi e senza addurre prove scritturali. Galileo non obbedì.
Il caso Galileo: il processo
Quando nel 1632 il Dialogo sui due massimi sistemi fu pronto per la stampa, e fu chiaro che Galileo vi sosteneva la teoria copernicana con certezza, l’Imprimatur gli fu negato, e a questo punto la Curia Romana compì un passo forse esagerato ed inopportuno, ma dovuto a questioni più disciplinari che teologiche o scientifiche. Convocò Galileo a processo, che si svolse dal 12 aprile al 22 giugno del 1633.
Il processo non verteva sulla questione scientifica, ma aveva un taglio disciplinare: Galileo non aveva ottemperato all’imposizione di presentare la teoria copernicana come ipotesi e non come certezza, ed aveva continuato ad addurre testi scritturali per dimostrarla.
La conseguente condanna fu approvata con 7 voti su 10 (tre cardinali avevano continuato a sostenere Galileo) e infliggeva a Galileo la pena di recitare per 3 anni ogni giorno un salmo penitenziale, il carcere che poi fu un domicilio coatto in residenze di lusso, e l’abiura dalle proprie posizioni teologiche, non quelle scientifiche.
Galileo si sottomise alla condanna. La famosa frase Eppur si muove fu inventata a Londra nel 1757 dal mordace critico letterario e giornalista torinese Giuseppe Baretti, noto ai lettori come Aristarco Scannabue.
Il caso Galileo: un mito
Il caso Galileo si rivela dunque per quello che è, un mito laicista ideato in epoca illuminista e sviluppato nell’Ottocento positivista allo scopo di dare fondamento al presunto contrasto fra scienza e fede.
Teologicamente Galileo era nel giusto: «Procedono di pari dal Verbo divino la Scrittura Santa e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio» (Lettera a Cristina di Lorena);«il mondo sono le opere di Dio e la Scrittura sono le parole del medesimo Dio» (Lettera ad Elia Diodati).
Per molto tempo il mondo scientifico e culturale internazionale rimase diviso sulla teoria copernicana.
- La avversarono o la ritennero una semplice congettura: le Chiese ortodosse; i grandi riformatori protestanti; Cartesio; Pascal; Gassendi; Laplace; Jules Henri Poincaré
- Le furono favorevoli: tutti i Papi del tempo (Leone X, Clemente VII, Paolo III, Giulio III, Marcello II, Paolo IV, Pio IV, S. Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Urbano VII, Gregorio XIV, Innocenzo IX, Clemente VIII, Leone XI; Paolo V (astronomo), Urbano VIII (astronomo); molti cardinali e religiosi.
Tuttavia, la leggenda metropolitana è che l’oscurantismo cattolico condannò la teoria copernicana sulla base dell’interpretazione letterale di un versetto biblico…
Vedere per un approfondimento https://www.laviadellavita.it/dossier/il-caso-galileo/
Luciano Benassi, Galileo Galilei. La leggenda del “martire” della scienza moderna, in Processi alla Chiesa a cura di F. Cardini, Piemme 1994, 329-352
Romano S. (a cura) – Poupard P., Galileo Galilei. 350 anni di storia, Piemme 1984
Artigas M. – Sanchez de Toca M., Galileo e il Vaticano, Marcianum Press, 2009