Viaggio nella Bibbia. Il Cantico di Anna (1 Samuele 2,1-10)

Il Cantico di Anna
Anna offre il figlio al santuario. Di William de Brailes (attivo tra il 1230 e il 1260 circa) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18850966

A differenza di Sara e Rachele che avevano cercato una soluzione mediante risorse umane (l’uso di una schiava per ottenere una maternità legale), Anna ha messo tutta la sua speranza in Dio. Non solo: una volta appagato il suo umanissimo desiderio, Anna risulta capace di andare oltre il proprio personale desiderio di maternità, cantando la grandezza delle opere di Dio che riesce a leggere nella storia. La capacità di leggere la storia con gli occhi di Dio è profezia: per questo nella tradizione ebraica Anna è considerata profetessa, anche se il testo biblico non le dà questo titolo.

La stessa richiesta di un figlio da parte di Anna si rivela parte di un dialogo intenso con Dio. Il suo cammino culmina con il cantico a lei attribuito (2,1–10), il “Cantico di Anna”. Come inno di lode, questo cantico mette in guardia dall’orgoglio e celebra la capacità di Dio di sollevare le persone dalla miseria e dalla sofferenza.

Il Cantico di Anna

Questo inno non è specificamente un inno alla maternità, e neppure si concentra sulla salvezza personale di Anna. Anna inizia con un’espressione di giubilo, gioendo del suo trionfo sui non meglio specificati  “nemici”, attribuendolo alla munificenza divina:

«E Anna pregò: “Il mio cuore esulta nel Signore; ho trionfato per mezzo del Signore. Io gioisco dei miei nemici; gioisco della tua liberazione”» (1 Samuele 2,1).

Nel corso del Cantico, Anna passa in rassegna un catalogo di rovesci di fortuna che copre un’ampia gamma di esperienze umane: la donna sterile che partorisce e la madre di molti figli che finisce nella miseria (v. 5); i potenti la cui forza viene stroncata, mentre i deboli ricevono vigore (v. 4); i sazi che hanno fame, e gli affamati saziati (v. 5).

La visione di Anna si dimostra di vasta portata, trascendendo di molto i parametri della sua personale situazione e andando oltre lo stereotipo della donna sterile. Il suo cantico spazia dalla sua situazione a un dialogo tra l’umanità e Dio, in uno schema di giustizia con cui Dio governa il mondo degli uomini.

Il cantico di Anna esprime così la logica di Dio: attraverso tre tipi di livelli

militare:  forti / deboli;                           

economico: sazi / affamati;

 personale:  sterile / pluripara.

Dio manifesta così la sua predilezione per i deboli, i poveri, gli umiliati. Il Cantico di Anna per certi aspetti anticipa il  Magnificat, benché assuma alla fine la veste di un canto regale e messianico, e questo fatto risulti appropriato, perché il cantico di Anna si pone proprio all’inizio della storia dell’umile re Davide, fidente solo in Dio sua Rocca.

Dimostra così come la preghiera sia un mezzo per una persona di trascendere la condizione umana effimera e limitata e raggiungere grandi altezze. Che proprio una donna venga scelta per incarnare la grandezza del linguaggio e plasmare un modello di preghiera è una caratteristica essenziale di questo racconto. In questo modo Anna si è staccata dai vincoli immediati del suo tempo e del suo spazio, e dall’essere una spettatrice nella storia assurge all’esserne una protagonista e una profetessa.