Il Cantico dei Cantici, che fa parte della Bibbia ebraica nella sezione chiamata Scritti, può essere un libro sconcertante. Sconcertante non tanto perché è costituito da una serie di canti d’amore di tono passionale, erotico, quanto per il fatto che si trovi a far parte della S. Scrittura! Un libro in cui si parla solo (e tanto) di amore umano e in cui Dio non è mai menzionato se non in un’espressione idiomatica… viene da chiedersi, e se lo sono chiesto prima di tutto i rabbini di duemila anni fa, che cosa ci fa nella Bibbia?
Perché, vedete, oltre tutto sembra anomalo anche rispetto alla mentalità biblica. In tutto il mondo antico e anche in quello biblico, praticamente fino alle soglie dei nostri giorni, il matrimonio è un fatto di convenienza economica, politica o sociale, in cui l’amore personale non c’entra, o se c’entra è solo causale, un elemento apprezzabile ma non necessario. È una questione di famiglia cui gli sposi si adeguano per il bene generale.
L’amore sponsale nella Scrittura
Le vicende familiari nell’Antico Testamento si muovono su questa linea, anche se talvolta non si manca di notare come anche il sentimento abbia parte in questo tipo di unione. Gn 24,63-67: Isacco ama Rebecca, anche se l’ha sposata per obbedienza al padre: prima la sposa, poi la ama. Giacobbe invece si innamora a prima vista di Rachele e accetta di servire gratuitamente per sette anni il padre di lei pur di averla in sposa, “e questi sette anni gli parvero pochi giorni, tanto era l’amore che le portava” (Gn 29,20). Elkana ama Anna più della ricchezza di avere da lei dei figli (1 Sam 1,5-8: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?”). Tobia si innamora di Sara e la sposa, benché essa abbia già avuto sette mariti morti la sera stessa delle nozze. L’amore come passione non è dunque sconosciuto agli uomini della Bibbia.
L’amore nel Cantico dei Cantici
Ma il testo in cui esplode l’amore-passione della coppia è il Cantico dei Cantici, raccolta abbastanza eterogenea di canti di amore, tutti uniti però da un solo spirito: l’espressione aperta, senza veli, dell’innamoramento, al di là dei vincoli di sangue e delle convenienze familiari e sociali. Qui non sono neppure in vista i figli, che erano il massimo valore socialmente esprimibile: chi non aveva figli era morto, era un ramo secco. Eppure, qui non c’è il desiderio dei figli, qui ci sono solo lui e lei e il loro desiderio di godimento reciproco. Qui l’amore nuziale non è più solo la cornice istituzionale della propagazione della stirpe, ma un scambio personale tra gli sposi. Anzi, la vera protagonista è l’Innamorata, mentre il Diletto rimane più sfuggente e svagato, colui che si sottrae, che è atteso. E si tratta di poesia erotica, in molta parte al femminile, chiunque l’abbia scritta.
Così, gravi Padri e seri studiosi commentano le parole di questa Sposa appassionata nel pieno della stagione umana dell’innamoramento.
Il realismo biblico
La Bibbia, libro in cui la Parola di Dio parla la parola dell’uomo, non rifulge da nessuna esperienza umana: il Cantico dei Cantici non è un libro edificante ma un libro vero, in cui è presente anche l’amore umano, in cui tutto è enfatico e lussureggiante, da giardino paradisiaco, con una esplosione di simboli
- olfattivi: nardo, cipro, balsamo, incenso, zafferano, cannella, cinnamomo, mirra
- gustativi: vino, miele, nettare, latte, tutti i frutti
- somatici: naso, bocca, denti, viso, occhi, capelli, collo…
- regali: oro e argento, perle, orecchini, gemme, zaffiri, avorio, corone, sigilli, coppe, legno del Libano, ricami, porpora, cocchio, lettiga, baldacchino, bandiere, scudi
- naturalistici: sole, luna, aurora, brezza, pioggia, rugiada, primavera, vite in fiore, gigli delle convalli, narcisi, cardi, meli, cedri, cipressi, fichi, noci, palme, melograno, mandragore, grano, aiuole, pascoli, campi, monti e colli, rocce e dirupi, valli, sorgenti, ruscelli, fiumi, fiamme
- animali: colomba, tortora, greggi, corvo, gazzelle e cerve, caprioli e cerbiatti, volpi
- pastorali: tende, letti all’aperto
- urbani: villaggi, piazze e strade, case, porte, città, torri, mura, palazzi, colonne, alcove, divani, cantine
- affettivi: affascinante, amata, sorella, sposa, tesoro, amore dell’anima mia, mia unica, mio diletto, ebbrezza, svenimento, insopportabilità dell’assenza…
Il Cantico dei Cantici è Parola di Dio?
Sorprende allora che si possa considerare Parola di Dio un testo fortemente passionale e sensuale, mai malizioso anche quando si fa allusivo, perché le suggestioni che esprime non sono mai morbose, ma solo spontaneamente entusiaste come in una forma di innocenza primordiale (noi, invece, conosciamo più solo l’alternativa tra pudore e pornografia).
Renan (+ 1892) affermò che il Cantico era entrato nel Canone delle Scritture solo a causa di un momento di distrazione dei teologi giudei, quasi fossero stati travolti dall’ebbrezza del Cantico come i due vecchioni dallo splendore della pelle di Susanna (Dan 13). Voltaire aveva dichiarato: “Il Cantico è certamente una rapsodia inetta e di poco conto ma contiene molta voluttà”.
In effetti i rabbini hanno discusso se questo libro, in cui non compare mai il nome di Dio (se non in un nome composto in 8,6 (“I suoi ardori sono fiamme di fuoco, una fiamma di Jhwh” = nel senso superlativo, il fulmine), fosse sacro. Non vi compaiono nemmeno i temi religiosi, come l’alleanza, la Legge, il sacerdozio.
Il Cantico dei Cantici nella liturgia
Nella stessa liturgia cattolica, prima della riforma il Cantico entrava solo per qualche versetto nelle Memorie di Maria o di alcune sante, mentre dopo il Concilio resta utilizzato raramente,
- solo una volta nel lezionario feriale del 21 dicembre in senso mariologico (Cant. 2,8-14),
- come salmo responsoriale nella festa della Visitazione,
- come lettura breve l’8 settembre,
- poi nel rito della Consacrazione delle Vergini,
- nel Comune delle Vergini
- e nel rito del matrimonio come testo alternativo.
In compenso, ne fa grande uso la tradizione mistica, S. Bernardo di Chiaravalle (gli 86 discorsi) e il Carmelo.
Nella liturgia ebraica invece è letto per Pasqua, in relazione con l’Esodo: canto di unione dello Sposo divino con la Sposa Israele (forse anche per il suo sottofondo primaverile, o per la menzione del cocchio e della cavalla del faraone in Cant 1,9 che rimanda ad Es 15).
Il Cantico viene infatti considerato una delle cinque Meghillot = Rotoli, i cinque libretti letti nelle grandi solennità:
- il Cantico a Pasqua
- Rut a Pentecoste
- Qohelet per la festa delle Capanne
- Le Lamentazioni il 9 del mese di Av, cioè nella commemorazione della caduta di Gerusalemme
- Ester nella festa dei Purim, una specie di carnevale giudaico.
Andiamo avanti e poi cercheremo di capire come mai il Cantico sia entrato a buon diritto nel Canone biblico.