I titoli dei salmi: sono presenti in tutte le preghiere del Salterio, eccetto 34. I salmi privi di titolo vengono chiamati “salmi orfani”. Tutti gli altri portano all’inizio delle annotazioni di vario genere, dette «titoli». I titoli non appartengono al testo sacro, tuttavia meritano una certa attenzione per la loro antichità. Erano già conosciuti dai LXX e furono anche tradotti, sebbene spesso non siano stati compresi; da moltissimo tempo il loro esatto significato è andato perduto.
L’articolo di introduzione ai salmi QUI.
Genere di titoli
Abbiamo varie categorie di titoli, talvolta di significato incerto. Armiamoci di pazienza ed esaminiamole.
1) Titoli riguardanti il genere letterario
a) Mizmòr (57 volte), che i LXX traducono per lo più con psalmós, « salmo», cioè canto accompagnato dal suono di uno strumento (dal verbo zamar, «cantare al suono di uno strumento»);
b) shir, «canto» (30 volte); in Sal 45 abbiamo: shìr jedìdot, «canto di amore », oppure « epitalamio»;
e) maskìl (13 volte), «salmo sapienziale» (?);
d) miktam (Sal 16 e 56-60), «salmo allusivo» (?), oppure, secondo altri, «preghiera segreta» (dal verbo katam, «nascondere»); oppure, secondo l’interpretazione dei LXX, «canto da iscrivere su stele» (?);
e) shiggajòn (Sal 7), « lamento », oppure « salmo penitenziale» (cfr. l’accadico Shegû); melodia a voce spiegata, oppure espressione di forte passione, di vivo desiderio?
f) tefillah (Sal 17; 86; 90; 142 e, alla fine del Sal 72), «preghiera».
2) Titoli riguardanti annotazioni musicali
a) Higgajôn (Sal 9,17; 92,4), « meditazione», oppure «musica meditativa»;
b) selah (71 volte) in 31 salmi. Incerta è la sua etimologia, come anche il suo significato. Trovandosi alla fine di una strofa, forse indica una pausa, specie di « intermezzo», per consentire alla folla di prostrarsi in adorazione. Secondo altri, al contrario, selah starebbe ad indicare un «crescendo» della salmodia o del suono degli strumenti; oppure, la sostituzione di una parte del coro all’altra.
e) Bineginót (Sal 4; 6; 54; 55; 61; 67; 76), «su strumenti a corda»;
d) ’elhannechilòt (Sal 5), « per strumenti a fiato»;
e) ‘alhassheminìt (Sal 6; 12), «sull’ottava (= in tono di basso)»; oppure «sull’ottava (corda dell’arpa)»; o ancora, sull’ottavo motivo di un repertorio.
3) Titoli indicanti melodie o arie popolari
a) ‘al haggìttìt (Sal 8; 81; 84), «sulla (melodia) ghittita», che si riferisce probabilmente a un canto proprio del corpo di guardia di David proveniente dalla città di Gath (cf. 2Sm 15,18). Altri pensano a uno strumento caratteristico portato da David da Gath. In tal caso l’annotazione farebbe parte del gruppo precedente.
b) ‘al Jedutùn (Sal 62 e, con variante Yedìtùn nei SI 39 e 77), «secondo (la maniera o la melodia) di Jedutun». Jedutun figura nelle Cronache (cf. 1Cr 16,41 e 2Cr 5,12) come uno dei più importanti maestri di coro al tempo di David;
e) ‘al mùt labben (Sal 9) «secondo Morte al figlio», oppure «sull’aria di La morte del figlio»;
d) ‘al ajjelet asshachar (Sal 22), «secondo (l’aria di) La cerva del mattino»;
e) ‘al shoshannìm (Sal 45; 69), «secondo (l’aria di) J gigli».
f) ‘al shushan ‘edùt (Sal 60 e con la variante shoshannìm in Sal 80), «secondo (l’aria di) Il giglio (var.: I gigli) della testimonianza».
g) ‘al jónat elem rechoqìm (Sal 55), «secondo (l’aria di) La colomba dei terebinti lontani».
h) ’al tashchet (Sal 57-59; 75), lett.: «Non distruggere»; ma del tutto incerto rimane il significato di questa espressione.
4) Titoli che si riferiscono al culto
a) Lejom hasshabbat (Sal 92), «per il giorno del sabato».
b) Lehazkir (Sal 38; 70), lett.: «per ricordare» («in memoria»), in riferimento forse all’offerta dell’incenso o, secondo alcuni, al sacrificio dell’azkarah (per il quale cf. Lv 2,2ss).
e) Letodah (Sal 100), «per il rendimento di grazie», in riferimento al sacrificio di ringraziamento, che più volte viene menzionato nei salmi di lamentazione e di ringraziamento (cf. inoltre Lv 7,12).
d) Lelammed (Sal 60), lett.: «per insegnare».
e) Shir hamma‘alót (Sal 120-134), lett.: «canto delle ascensioni» (così le versioni di Aquila, Simmaco e Teodozione), con riferimento al pellegrinaggio (ma‘aleh, «salita») alla Città santa. Altri preferiscono tradurre con «canto graduale» in riferimento ai 15 gradini della scalinata che dall’atrio delle donne conduceva al tempio.
5) Titoli che riguardano circostanze storiche
Tredici salmi recano annotazioni che si riferiscono per lo più ad alcuni momenti della vita di David, come la persecuzione subita da parte di Saul (Sal 7; 34; 52; 56; 57; 59; 142), il trionfo su tutti i suoi nemici (Sal 18, riportato per intero in 2Sm 22), la guerra siro-ammonita (Sal 60), il peccato con Betsabea (Sal 51, cioè il famoso Miserere) e infine la sua fuga di fronte ad Assalonne (Sal 3; 63).
6) Titoli, infine, con il lamed di autore o di attribuzione
Più di una terza parte dei salmi (101 su 150!) portano l’indicazione di un personaggio a cui viene attribuita la composizione o, secondo una interpretazione più recente (basata su paralleli ugaritici), della particolare collezione a cui il salmo apparteneva prima della sua accettazione nel Salterio. Essi sono:
a) ledawìd (73 salmi), «di David».
b) Le’asaf (12 salmi), «di Asaf».
e) Libené Qoreh (11 salmi), «dei figli di Core».
d) Lishelomoh (Sal 72; 124), «di Salomone».
e) Lemòsheh (Sal 90), «di Mosè».
f) Lehéman (Sal 88), «di Heman».
g) Le’étan (Sal 89), «di Etan».
7) Lamenazzeach
Qui va anche ricordata l’espressione che ricorre in ben 55 salmi (sempre in collegamento con David o più raramente con Asaf), e cioè lamenazzeach, che i LXX traducono con eis télos (Volgata: in finem) derivandola dal verbo nazach: «portare a termine» e conferendole quindi una nota escatologica.
Oggi si preferisce far derivare il termine dalla stessa radice nzch, che ricorre frequentemente nelle Cronache per indicate la «supervisione» dei lavori di costruzione del tempio, come anche delle funzioni sacre che in esso si svolgevano (cf. 1Cr 23,4; Esd 3,8s); lamenazzeach quindi (con lamed di destinazione) significherebbe, almeno all’origine, il «supervisore» o «direttore», oppure, secondo altri, il «maestro di coro», tanto più che spesso è accompagnato da rubriche di carattere musicale (“su arpe”, “sull’ottava”, “sull’aria di…”).
Ma la radice ebraica nzch ha il doppio significato di “perpetuità” e di “splendore”, e in questo caso il significato di “permanere”, “prevalere” si potrebbe specificare nel senso di “vincere”, “trionfare”, come è inteso da S. Gerolamo nel Salterio iuxta Haebreos in cui traduce Victori, “Al vincitore”.
Così infatti lo spiega il Midrash:
«Lamenazzeach: a colui che è capace e degno di vincere, a colui la cui vittoria è una vittoria eterna. Altra spiegazione. La-menazzeach: a colui che si lascia vincere dalle sue creature. Prendiamo un re di questo mondo: se viene vinto si adira. Ma il Santo, benedetto egli sia, se viene vinto se ne rallegra…”… Ogni passo dove si dice “Al vincitore” va inteso come riferito al futuro» (Midrash Tehillim su Sal 4,1).
Il Vincitore, pertanto, nella prima delle spiegazioni fornite dal Midrash, è il Messia, e Davide ha composto i salmi in vista del Messia. Nella seconda spiegazione, il Vincitore è Dio, che vince quando si lascia vincere dalla preghiera, dalla Misericordia. È questa la speranza degli oranti dei salmi.
Il significato dei titoli
Circa il significato e il valore dei titoli va ricordato che già al tempo di S. Girolamo, negandone alcuni l’appartenenza al testo sacro dei salmi, non vi si riconosceva autorità assoluta; anzi la Chiesa di Antiochia li rigettò come falsi e nella versione siriaca della Peshitta furono del tutto omessi.
Nel sec. XVIII la critica storica, dal canto suo, ravvisò in essi non delle note introduttive atte a facilitare la comprensione del salmo, ma delle aggiunte superflue (immeritevoli perciò di qualunque considerazione) della tardiva tradizione giudaica.