Lettura continua della Bibbia. I Salmi e la musica

I Salmi e la musica
Gli strumenti musicali citati nei salmi. A sinistra il kinnor, a destra il nevel. Sinagoga Or Torah in Acri (Israele). Di FLLL – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45538024

I salmi e la musica hanno una stretta attinenza. La terminologia musicale ricorre frequentemente nei salmi, che menzionano il corno (shofar), la tromba, l’arpa (nebel), la cetra (kinnor), i flauti ed altri strumenti ignoti spesso ricordati nei titoli; come pure evocano il salmeggiare (mizmor, dal verbo ZaMaR = tirare [le corde]), la danza, il grido gioioso (rinnah), il grido di battaglia (teru‘ah), il dialogo fra coro e solista, l’esultanza dell’assemblea (simchah).

Dal punto di vista storico le notizie sono poche e incerte, ma necessarie. Non si può prescindere del tutto dalla musica per comprendere i Salmi.

Le origini

Le forme poetiche e musicali dei salmi vedono la loro origine nella cultura della Mezzaluna fertile: Babilonia (inni regali, di lode, di lamentazione), Egitto (intronizzazione regale) e Ugarit in Siria (ad esempio il Salmo 29 ha dei paralleli nei testi cananei più antichi).

La metrica semitica non si basa né sulla rima né sulla quantità delle sillabe, ma sulla loro sonorità fonetica, sul ritmo, sul parallelismo (verbale, sinonimico – simbolico, antitetico, sintetico, progressivo), sulle allitterazioni, sulle onomatopee, sulle paronomasie. Sono molto usati il distico e il metro di 3 + 3 accenti (nella qinah, la supplica, il ritmo spezzato 3+2). Un’oscura indicazione, la parola selah, suggeriva forse una pausa nel canto. Elementi lessicali ricorrenti segnano e introducono lo spirito del discorso: Hinneh = ecco chiede improvvisa attenzione; = poiché prepara la motivazione di una supplica; We attah = orbene suggerisce una conclusione.

Vi sono anche salmi alfabetici e ritornelli antifonari.

I Salmi e la musica. Gerusalemme

I Salmi e la musica
Il culto nel tempio (John Milner Allen, 1864). Armagh, cattedrale di San Patrizio. Di Andreas F. Borchert, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=94994277

Nel tempio di Gerusalemme, i salmi erano cantati in pubblico, in coro e accompagnati da strumenti musicali in occasione di feste o di eventi, dai leviti, ma anche dai pellegrini al santuario e da coloro che vi recavano le primizie. Alcuni titoli di salmi fanno riferimento ad un impiego musicale e/o liturgico.

La Legge di Mosè contenuta nel Pentateuco non fa riferimento all’uso di canti nel servizio divino. Questi vengono invece menzionati per la prima volta in relazione a Davide. Da allora i salmi hanno avuto un ruolo preminente nel culto ebraico, ed anche nel Nuovo Testamento ne troviamo menzionato questo uso.

I Salmi e la musica

Non si possono neppure concepire i salmi senza la musica che li accompagna. Nello svolgimento del culto del tempio di Gerusalemme (sia il Primo, pre-esilico, chee il Secondo, post-esilico), la musica aveva un ruolo importante.

Nel I secolo dell’era cristiana, la Mishnah descrive l’orchestra del Tempio in quanto composta da almeno 12 strumenti, principalmente strumenti a corde (2 nevelim o salteri, 9 kinnorot o arpe e 1 mezeleth o cembalo) a cui si aggiungono 12 cantanti (Mishnah, Arakin, II, 3-6).

Inoltre, la divisione bipartita o tripartita del versetto, nella poesia biblica, lascia supporre, nell’esecuzione musicale, l’uso della forma antifonale (alternanza di due cori) e responsoriale (risposta dei fedeli al Sommo Sacerdote). La partecipazione del popolo al culto, o l’esecuzione alternata di due cori, sembrano implicati dall’uso di ritornelli, come nel Salmo litanico 136, e da altri indizi come l’Alleluia, l’Amen, ecc. Molti salmi invitano i fedeli a cantare il Signore (Sal 33, 66, 81, 84, 92, 95, 96, 98, ecc.).

I Salmi nella sinagoga

La sinagoga ha coesistito per secoli accanto al tempio, con un culto, tuttavia, molto diverso da quello. Mentre il culto del tempio era basato sui sacrifici, il culto sinagogale era ed è basato sulla lettura biblica e sul canto dei salmi, insieme a preghiere.

Il tradizionale libro di preghiere per la sinagoga comporta settanta salmi completi, mentre quasi duecento versetti del salterio entrano in vari passaggi liturgici.

I Salmi e la musica: gli strumenti musicali

Strumenti a corda

I Salmi e la musica
Il kinnor o arpa di Davide. Di Aaron Walden – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4038731

Lo strumento forse più noto è il kinnòr, la cetra o l’arpa che Davide stesso suonava (1Sam 16,23), dalla forma curva o arcuata, fatta di legno, probabilmente di cipresso.

Il nevel. Di Anthony Rich, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4038925

Il nével (Sal 33,2) era anch’esso una specie di arpa o cetra primitiva, equivalente al nabla dei greci e al nablium dei latini, ed era apprezzato come strumento che superava tutti gli altri. Giuseppe Flavio (I secolo) riferisce che aveva 12 corde su cui passavano le dita. La Volgata lo traduce per lo più psalterium, termine che indicherebbe una specie di arpa verticale angolare che Girolamo descrive così: «psalterium lignum illud concavum unde sonus redditus superius habet» (Il salterio ha quel legno cavo da cui il suono viene reso in alto). Secondo Girolamo, «cithara deorsum percutitur, psalterium vero sursum, cithara deorsum habet coramen, psalterium sursum»: la cetrasi pizzica verso il basso e il salterio verso l’alto; la cetra ha il cuoio sopra, il salterio sotto. Anticamente sembra che esistessero due specie di nével: il tipo egiziano a forma d’arco e l’assiro a forma di triangolo. Ambedue le specie si trovavano anche presso gli Ebrei.

Strumenti a fiato

Il flauto, in varie forme, era diffuso presso tutti i popoli. Questo è etrusco. Tomba dei Leopardi, Tarquinia – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=63893454

L’uggav (Sal 150,4) era il flauto, in origine adoperato dai pastori nomadi e poi usato per accompagnare canzoni d’amore. Secondo S. D. Luzzatto, che lo traduce con salterio, era invece una specie di cetra.

Un altro strumento molto in uso era il chalìl, in latino tibia o fistula, perforata et concava, cioè una specie di flauto o cornamusa, o secondo altri un tamburo che veniva percosso con un legno detto abuv (S. D. Luzzatto, Commento a Isaia, V, 14). Come si vede, le traduzioni sono incerte a causa della scarsità di attestazioni storiche.

Strumenti a percussione

Miriam, la profetessa, sorella di Mosè, con il tamburello. Di Anselm Feuerbach (1829-1880) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15541620

Il tof era, secondo alcune interpretazioni, il cembalo o tamburello o timpano che è stato poi identificato con lo stesso chalìl (Talmud Arakhin, 10b), formato da un cerchio di metallo o di legno su cui era tesa una pelle; nel cerchio erano apposti piccoli pezzi di metallo. Si teneva lo strumento in alto con la mano sinistra e si percuoteva con la destra. Il tamburello era suonato esclusivamente dalle donne. Da alcuni studiosi invece è considerato uno strumento a fiato, un flauto, fatto di canna o di legno forato, con diversi buchi grandi e piccoli.

C’erano poi i tzelzelim o meziltaim, strumenti composti di due cerchi di rame che si percuotevano l’uno contro l’altro: sono i cembali.

Strumenti usati nella liturgia

Lo shofar. No restrictions, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=41526963

Dopo la distruzione del Tempio, furono esclusi dai riti ebraici alcuni strumenti musicali anticamente in uso, come il flauto (chalìl), il timpano (tof) e i cembali (zelzelim). Anche l’uso profano o pagano che era stato fatto del kinnòr nelle feste popolari o addirittura nelle cerimonie idolatriche fece escludere quello strumento dalle funzioni della Sinagoga. È invece tipico delle cerimonie religiose lo shofar.

Lo shofàr era un corno di capro o d’ariete ancora oggi usato nei riti del Capodanno ebraico e del giorno dell’Espiazione, il Kippur. Iniziava al suono dello shofàr l’anno del giubileo, l’anno della restaurazione della proprietà e del riposo della terra (Lev 25). Il suono dello shofàr, secondo le attese di Israele, segnerà il suo risorgimento, il suo ritorno dalla dispersione e la fine del politeismo (Is 18,3). È una tromba tortile che serviva ad uso pastorale e guerresco e, secondo Properzio, era stata anche usata per convocare nel foro i primi romani quando ancora vigevano i costumi pastorali: bùccina cogebat priscos ad verba Quirites. Secondo Virgilio serviva a chiamare alle armi i contadini: qua bucina signum dira dedit, raptis concurrunt undique telis indomitae agricolae (con la quale funesta bucina diede un segnale, e i contadini indomiti prese le armi accorsero da tutte le parti). Nell’ode Alle fonti del Clitunno, Carducci la cita: «e, quando tonò il punico furore dal Trasimeno, per gli antri tuoi salì grido, e la torta lo ripercosse bùccina da i monti».

La chazozeràh (tromba) era più piccola dello shofàr e di maggior valore musicale ed artistico. Era fatta di metallo e serviva al richiamo e alla raccolta per uso militare o sacro. Nel Tempio c’erano due trombe d’argento (riprodotte nell’Arco di Tito e in una moneta del II secolo). La loro forma e il loro uso sono descritti in Num 10. Erano destinate alla convocazione del popolo ed a dirigere i suoi movimenti, al raduno delle milizie in caso di guerra, e nelle feste per accompagnare la celebrazione dei sacrifici.