
Non esistono racconti della Resurrezione nel Nuovo Testamento: esistono solo racconti del Risorto. Nessuno ha assistito a quel momento, o almeno nessuno ne ha lasciato testimonianza. Esistono testimonianze dell’incontro col Risorto, e in abbondanza. È la Resurrezione che dà un senso alla Croce: senza di essa, Gesù sarebbe un maestro dello spirito o un illuminato, come Socrate, come Buddha, o Lao Tze, o Confucio, come tanti altri che hanno lasciato il segno nella storia del pensiero e dell’etica, e sono morti in pace, e sono… rimasti lì. Vivono solo nel ricordo dei loro seguaci o dei loro studiosi.
Ma per Gesù non è stato così. Il falegname di Galilea, finito sulla croce dei rivoltosi, non ha lasciato solo seguaci o studiosi: ha lasciato innamorati che, dapprima abbattuti e terrorizzati dalla sua morte, si sono inspiegabilmente rianimati il terzo giorno.
Su questo fenomeno, il IV Vangelo è illuminante. Vediamolo in azione.
Un Vangelo esplosivo

Può sconcertare come i quattro Vangeli raccontino con quattro voci diverse lo stesso Evento. Concordantia discors, la chiamarono i Padri; o discordantia concors, se si vuole. Concordanza profonda sul senso dell’Evento, discordanza anche notevole nei dettagli del racconto.
Il racconto della Passione è più unitario: forse perché la croce ha condotto al raccoglimento la comunità, attraverso il racconto dei pochi o tanti testimoni. È stato un Evento pubblico, tutta Gerusalemme ha potuto assistervi. Vi sono molte differenze fra i quattro racconti, ma sono di dettaglio e rispecchiano la diversa cristologia dei redattori.
Il racconto del Risorto è esplosivo: perché la Resurrezione non ha dato tempo ai discepoli, li ha scagliati in tutto il mondo. Ed ecco che i racconti si differenziano anche notevolmente.