I Promessi Sposi nella cinematografia: il capolavoro manzoniano e lo spettacolo, un binomio consolidato a partire dalla musica. Nel corso dell’Ottocento, i Promessi Sposi sono stati messi in musica nelle opere liriche di Amilcare Ponchielli (1856) e di Errico Petrella (1869). Video completo del’opera di Ponchielli QUI, se non vi pare strano vedere Renzo, Lucia e don Rodrigo interpretati da cantanti cinesi o coreani. Audio dell’opera di Petrella QUI.
I primi film
La decima musa, il neonato cinema, fin dall’inizio se ne appropriò, producendo ben tre film muti dal 1909 al 1923. Celeberrimo, e ancora riproposto dalle Tv private, è il film sonoro del 1941 per la regia di Mario Camerini, con un cast di tutto rispetto: solo per citare gli attori più noti, Gino Cervi nella parte di Renzo, Carlo Ninchi nel ruolo dell’Innominato, Ruggero Ruggeri nella veste del cardinal Federigo Borromeo, Evi Maltagliati in quella della Monaca di Monza, Franco Scandurra nella piccola parte del conte Attilio, Lauro Gazzolo, il doppiatore del classico vecchietto del West, in quella dello sbirro travestito. Film completo QUI.
Un film del 1964
Ancora buoni attori per il film italospagnolo del 1964: Ivo Garrani (l’Innominato), Carlo Campanini (don Abbondio), Lilla Brignone (Perpetua), Paolo Carlini (Egidio)… benché il film sia stato così recensito sul sito www.eccolecco.it:
«I Promessi Sposi in versione western
I promessi sposi di Maffei nascono da una produzione italo-spagnola che si distribuisce a tavolino i diversi incarichi. Tali premesse non smentiscono il risultato finale: I promessi Sposi versione western.
Lo spirito del testo, viene stravolto con dialoghi stucchevoli tipici di un fotoromanzo, e anche quando restano fedeli al testo ne perdono il significato. Anche la scenografia appare di basso livello, quasi irreale, sicuramente più adatta ad un film del Far West. L’effetto del film di Maffei è spesso quello di una parodia involontaria del capolavoro manzoniano. Il dizionario Morandini la definisce una versione “inetta, filodrammatica, sciatta”».
Lo sceneggiato Rai di Sandro Bolchi (1967)
Ma sicuramente nell’immaginario italiano recente i Promessi Sposi dovrebbero essere quelli dello sceneggiato televisivo (così si chiamavano all’epoca, mutatis mutandis, le miniserie di oggi) di Sandro Bolchi del 1967. Una grande fedeltà all’opera manzoniana, con un cast notevolissimo: tanto per fare ancora pochi nomi, Tino Carraro, Luigi Vannucchi, Massimo Girotti, Fosco Giachetti, Salvo Randone, Mario Feliciani, Sergio Tofano. Attori di teatro cui la televisione deve le proprie origini… Aggiungiamoci anche Nino Castelnuovo, un Renzo Tramaglino apprezzato, e Paola Pitagora, una Lucia Mondella discussa, ed avremo una lettura del capolavoro manzoniano da ricordare. QUI la scena del «Conte Zio» interpretato da Cesare Polacco.
Lo sceneggiato di Salvatore Nocita (1989)
Ancora buona la recitazione nello sceneggiato televisivo di Salvatore Nocita (1989) con attori quali Dario Fo – avvocato Azzeccagarbugli, Alberto Sordi – don Abbondio, Murray Abraham – Innominato, Franco Nero – padre Cristoforo, e poi Burt Lancaster, Valentina Cortese, Walter Chiari, Giampiero Albertini, caratteristi come Enrico Beruschi, Renzo Montagnani, e persino Roberto Boninsegna nella parte di un monatto e Wilma De Angelis in quella di una domestica. Non credo abbia giovato alla produzione Rai, che vi investì 20 miliardi di lire, l’aver però attinto a quel materiale a tinte fosche, relativo alla monaca di Monza, all’Innominato e a don Rodrigo, che il Manzoni stesso volle scartare. Una scena del film QUI.
Una miniserie da dimenticare e una parodia gustosa
Certamente, rispetto al successivo Renzo e Lucia della Archibugi (2004), in cui Lucia vuole andare via dal paese perché sente che lì non c’è avvenire (avete presente «Addio, monti…»?) e il cardinal Federigo incita i contadini a rivoltarsi contro Bernardino Visconti (l’Innominato? e perché mai il Manzoni avrebbe voluto celarne il nome?), quello di Nocita è ancora un capolavoro che fa onore al Manzoni. La carta vincente, in Renzo e Lucia, avrebbe potuto essere rappresentata da Paolo Villaggio – don Abbondio (che non è, in fondo, un Fantozzi ante litteram?), carta per niente, invece, sfruttata. Da dimenticare.
Molto meglio di un tradimento così conclamato e così mal recitato, allora, la parodia in cinque puntate del Trio Lopez – Marchesini – Solenghi (1990), dove don Abbondio incontra Cappuccetto Rosso, Perpetua telefona ai carabinieri, la monaca di Monza è appassionata di auto da corsa, Lucia sta per sposare Gullit e Giulio Andreotti vede nella peste la soluzione del problema della disoccupazione. Per vedere la prima puntata, cliccare QUI. Tutto surreale, inverosimile, ma almeno, dichiaratamente, senza pretese di serietà…
Così come benissimo realizzata era stata la parodia, di pochi anni precedente (1985) ma in tutt’altro stile, che ne aveva fatto il Quartetto Cetra, con Al Bano – Romina nelle parti, naturalmente, dei due promessi, e Arnoldo Foà in quella dell’Innominato.
E la storia continua…
La parodia musicale ci riporta ad un paio di recenti musical, in particolare quello del 2010 di Michele Guardi. Come a dire: il capolavoro di Alessandro Manzoni continua a vivere, non solo nelle scuole. Un saggio QUI.