I paradossi dell’esistenza. Continua l’osservazione che il Qoheleth fa della vita e della società umane, senza però che riesca a venirne a capo.
Qoheleth 4,1-6,10: la società umana e i paradossi dell’esistenza (prospettiva sociologica)
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Dal capitolo 4 il materiale presentato dal Qoheleth si fa abbastanza frammentario. Si tratta forse di sentenze del maestro assemblate da un discepolo, di spunti di meditazione non sviluppati…
Soprusi sotto il sole
A questo punto comunque la riflessione si sposta piuttosto dalla considerazione della vita umana in sé all’ingiustizia sociale. Ecco il paradosso dell’esistenza: non c’è rapporto fra sventura e peccato. L’esistenza appare assurda. Il dolore del giusto è incomprensibile: nessuno sembra preoccuparsene, neppure Dio. La lettura del testo: QUI.
4,1 Ho poi esaminato tutti i soprusi che si fanno sotto il sole. Ho considerato il pianto degli oppressi e ho visto che nessuno li consola. Dalla mano dei loro oppressori non esce che violenza: nessuno li consola.
2 Allora ho detto beati i morti che già sono morti, più dei vivi che ancora son vivi. 3 Ma meglio ancora di tutti e due, chi ancora non è nato, perché ancora non ha visto tutto il male che si fa sotto il sole.
4 Ho visto anche che tutta la fatica e tutto l’impegno che l’uomo mette nelle sue opere non è che gelosia reciproca. Anche questo è vanità e occupazione senza senso.
8 C’è un uomo che non ha nessuno, né un figlio né un fratello, eppure la sua fatica non conosce limiti; né smette mai di sognare nuove ricchezze. E per chi si affatica e si priva di star bene? Anche questo è vanità e una brutta occupazione.
La giustizia calpestata
5,7 Se vedi nella provincia il povero oppresso e il diritto e la giustizia calpestati, non ti meravigliare di questo, poiché sopra un’autorità veglia un’altra superiore e sopra di loro un’altra ancora più alta: 8 l’interesse del paese in ogni cosa è un re che si occupa dei campi.
9 Chi ama il denaro, mai si sazia di denaro e chi ama la ricchezza, non ne trae profitto. Anche questo è vanità. 10 Con il crescere dei beni i parassiti aumentano e qual vantaggio ne riceve il padrone, se non di vederli con gli occhi? 11 Dolce è il sonno del lavoratore, poco o molto che mangi; ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire.
12 Un altro brutto malanno ho visto sotto il sole: ricchezze custodite dal padrone a proprio danno. 13 Se ne vanno in fumo queste ricchezze per un cattivo affare e il figlio che gli è nato non ha nulla nelle mani. 14 Come è uscito nudo dal grembo di sua madre, così se ne andrà di nuovo come era venuto, e dalle sue fatiche non ricaverà nulla da portar con sé. 15 Anche questo è un brutto malanno: che se ne vada proprio come è venuto. Qual vantaggio ricava dall’aver gettato le sue fatiche al vento? 16 Inoltre avrà passato tutti i suoi giorni nell’oscurità e nel pianto fra molti guai, malanni e crucci.
Il bene dell’uomo
Il pensiero di Dio, a dire il vero, non abbandona mai il Qoheleth. Anche quando si mostra più disilluso nella sua spassionata osservazione della natura e della società umane, lo scrittore non manca mai di richiamare ai beni che Dio di volta in volta dona ed alla gioia del cuore.
17 Ecco quello che ho concluso: è meglio mangiare e bere e godere dei beni in ogni fatica durata sotto il sole, nei pochi giorni di vita che Dio gli dà: è questa la sua sorte. 18 Ogni uomo, a cui Dio concede ricchezze e beni, ha anche facoltà di goderli e prendersene la sua parte e di godere delle sue fatiche: anche questo è dono di Dio. 19 Egli non penserà infatti molto ai giorni della sua vita, poiché Dio lo tiene occupato con la gioia del suo cuore.
E la ricchezza?
Quello però che continuamente il Qoheleth ricorda è che la ricchezza non rappresenta una sicurezza. Può svanire, può andare in mano ad altri, può non dare soddisfazione… e quale sarà il bene maggiore per l’uomo, allora?
6,1 C’è un altro male che ho visto sotto il sole e che grave pesa sull’uomo. 2 È il caso di quello cui Dio concede ricchezze in abbondanza e onori, senza che gli manchi nulla di tutto ciò che può desiderare, ma al quale Dio non ha concesso di poter godere dei suoi beni, perché se li gode un uomo estraneo. Questo è vanità e un brutto guaio. 3 Anche se quest’uomo generasse cento figli, vivesse molti anni e grande fosse il numero dei giorni della sua vita, se egli non trova soddisfazione nei beni che possiede e per di più non ha nemmeno una tomba, io dico più fortunato di lui l’aborto… 6 E se anche potesse vivere due volte mille anni senza però poter godere dei beni, non va a finire nello stesso luogo dell’aborto?
7 Tutta la fatica dell’uomo è per la sua bocca, eppure il suo desiderio non si sazia mai. 8 E allora che vantaggio ha il sapiente sullo stolto? Che serve al poveraccio sapersi destreggiare nella vita? 10 Ciò che è, già ha avuto la sua sorte; che cosa è ogni individuo, già è stato conosciuto. Egli non può contendere con chi è più forte di lui. 12 E chi sa che cosa è bene per l’uomo nella sua vita, nei giorni contati della sua vita vana, che l’uomo passa come un’ombra? Chi dirà all’uomo che cosa avverrà in futuro sotto il sole?
Paradossi e assurdità
In sostanza, il Qoheleth sta girando in tondo intorno ai paradossi dell’esistenza umana, anzi alle assurdità, senza venirne a capo…