Viaggio nella Bibbia. Chi sono i Nazirei?

I nazirei
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Dal racconto della nascita del profeta Samuele veniamo a sapere che la madre Anna l’aveva consacrato al Signore, presumibilmente come Nazir o Nazireo (1 Sam 1,14): «Lo consacrerò al Signore per tutta la sua vita, e nessun rasoio toccherà mai la sua testa». Mentre il Testo Masoretico (il testo ufficiale ebraico) non chiama mai esplicitamente Samuele nazireo, la versione di Qumran di Samuele lo fa (4QSama 1,22): «E lo farò nazireo per sempre, per tutti i giorni della sua vita».

La LXX non usa la parola «nazireo», ma nel v. 11 aggiunge il divieto del vino a quello di tagliarsi i capelli. Le caratteristiche di Samuele sono quelle del Nazireo. Già ne avevamo conosciuto uno, Sansone. Ma chi sono i Nazirei?

Chi sono i Nazirei?

Sappiamo molto poco sulla funzione dei nazirei nell’antico Israele. Il libro di Amos li mette in parallelo ai profeti, come messaggeri inviati dal Signore ma disprezzati dal popolo:

«E ho suscitato profeti tra i vostri figli, e nazirei tra i vostri giovani. Non è forse così, o popolo d’Israele? dice il Signore. Ma voi avete fatto bere vino ai nazirei, e avete ordinato ai profeti di non profetizzare» (Amos 2,11-12).

Il parallelo tra nazirei e profeti qui è significativo, e vi ritorneremo. Stando ai dati biblici, potrebbe essere applicato a profeti come Elia ed Eliseo, profeti erranti che non sembrano avere stabilmente una casa, ma vagano da un posto all’altro. Come questi profeti, il nazireo pare vivesse fuori dalla civiltà, qualcosa come un santo eremita, ed i capelli lunghi sarebbero serviti come segno della consacrazione di questa persona al Signore.

Enkidu: un selvaggio

La figura di un uomo sacro, selvaggio, e irsuto si riscontra nell’antica letteratura del Vicino Oriente. Il più famoso di questi uomini selvaggi è Enkidu, l’eroico compagno di Gilgamesh. Enkidu è creato dalla dea della fecondità Aruru, e una delle sue caratteristiche distintive sono i suoi capelli:

«Tutto il suo corpo era arruffato di peli.
Era reso rigoglioso dai capelli ( peretu ), come una donna,
le ciocche dei suoi capelli ( pertišu ) crescevano folte come un chicco di grano .
Non conosceva né persone né terre abitate,
si vestiva come gli animali.
Mangiava erba con le gazzelle,
con le bestie si spingeva alla pozza d’acqua,
con la fauna selvatica beveva a sazietà» (Poema di Gilgamesh, Tavola I, 105–112).

Questa specie di Tarzan, Enkidu, è villoso, e i suoi capelli sono sciolti e incolti; evita il contatto umano, vivendo nella steppa con gli animali selvatici. Ma anche Gilgamesh, altrove nel poema, viene descritto con i capelli sporchi e incolti a causa di un’avventura eroica. Per rientrare nella società, deve lavare e sistemare i suoi capelli. Al ritorno dalla battaglia contro il mostro Humbaba, guardiano della foresta di cedri:

«Lavò i suoi capelli arruffati, si pulì la fascia sulla testa,
si scosse i capelli sulle spalle,
si tolse gli abiti sporchi e ne indossò di puliti» (6,1–3).

Dopo il fallito tentativo di ottenere l’immortalità, l’immortale Utnapshtim raccomanda a Ur-Shanabi, il barcaiolo che aveva portato Gilgamesh attraverso il mare, di prepararlo al suo ritorno alla vita civile come re di Uruk:

«Portalo via, Ur-Shanabi, portalo al luogo del lavaggio,
Fagli lavare i suoi capelli sporchi con acqua, puliti come neve pulita,
Fagli gettare via le sue pelli [indossate come segno di lutto per Enkidu], lascia che il mare le porti via,
Lascia che il suo corpo sia risciacquato pulito.
Lascia che la sua fascia sia nuova,
Fagli indossare abiti degni di lui» (11,257–262).

Nel caso di Enkidu e Gilgamesh, i capelli lunghi, arruffati e spettinati sono una caratteristica che mostra questi due eroi personaggi al di fuori della civiltà urbana. Il biblico Sansone, l’eroico combattente nazireo, è un altro esempio del genere.

I capelli di Sansone il nazireo

Nel libro dei Giudici, un messaggero si presenta alla moglie di Manoah e le dice che avrà un figlio:

«Ora guardati dal bere vino o altro inebriante, e dal mangiare nulla d’impuro. Perché tu concepirai e partorirai un figlio; il rasoio non tocchi la sua testa, perché il fanciullo sarà un nazireo consacrato a Dio fin dal seno materno. Egli sarà il primo a liberare Israele dai Filistei» (Giudici 13,4-5).

Lo status di Sansone come nazireo non è conforme alla descrizione che ne fa la Torah: è un nazireo permanente dal momento della sua nascita e non temporaneamente per voto personale. Anche sua madre deve evitare l’alcol e il cibo impuro, e non si può certamente dire che Sansone eviti i cadaveri (almeno non i corpi dei Filistei). Inoltre, ha una forza sovrumana, che ovviamente non è una caratteristica dei nazirei.

Nella storia di Dalila apprendiamo che Sansone non si taglia mai i capelli. Quando Dalila lo assilla per scoprire la fonte della sua forza, alla fine lui le cede e le confida:

«Nessun rasoio è mai passato sulla mia testa, perché sono un nazireo consacrato a Dio fin dal seno di mia madre; se mi si tagliassero i capelli, la mia forza si ritirerebbe da me e diventerei debole e come un uomo qualunque» (Giudici 16,17).

I lunghi capelli di Sansone rappresentano una parte della sua natura selvaggia: Sansone è indomito e non rincivilito. Rifugge gli accessori della civiltà, nutrendosi di miele selvatico e usando la mascella di un asino piuttosto che un artefatto per sconfiggere i suoi nemici. Sarà messo a girare la macina come una docile bestia, finché i capelli, ricresciuti, non saranno il segno che la sua forza bestiale gli è tornata…

Le norme sul Nazireato

È nel libro dei Numeri che si stabiliscono le norme per divenire Nazireo. Lungo tutta la durata del voto, il nazir è vincolato da tre divieti. Il primo riguarda il consumo di vino o di qualsiasi prodotto dell’uva (Numeri 6,3-4), divieto che va ben oltre quello parallelo riservato ai kohanim  (sacerdoti), ai quali è proibito bere solo vino e solo quando esercitano le loro funzioni (Levitico 10,9).

Il secondo divieto, quello di tagliarsi i capelli, è esclusivo dei nazirei e non ha paragoni con i sacerdoti (Numeri 6,5).

Il terzo divieto proibisce il contatto con un cadavere (6,6-7), «perché la corona (nezer) del suo Dio è sul suo capo», concludendo: «Per tutto il tempo della sua consacrazione a YHWH, egli è consacrato a YHWH» (v. 8).

Il significato del verbo נ.ז.ר è “consacrare”, ma la forma del sostantivo nezer significa “corona”, ed è questa corona di capelli che è consacrata. Un linguaggio simile è usato nella legge che proibisce al sommo sacerdote di diventare impuro anche per i parenti: «perché ha sul capo la corona dell’olio dell’unzione del suo Dio. Io sono YHWH» (Levitico 21,12).

Ciò collega il nazireo al sommo sacerdote, anche se per il sommo sacerdote l’espressione del suo stato consacrato è l’olio dell’unzione versato sul suo capo, mentre per il nazireo sono i capelli stessi. Pertanto, se un nazireo entra accidentalmente in contatto con un cadavere, וְטִמֵּא רֹאשׁ נִזְרוֹ «e porta impurità sulla sommità del suo capo» (Num 6,11), lui o lei deve radersi la testa dopo aver completato il rituale di purificazione di sette giorni, e poi וְקִדַּשׁ אֶת רֹאשׁוֹ בַּיּוֹם הַהוּא «santificherà il suo capo (= capelli) in quel giorno» (Num 6,12).

Il simbolismo dei capelli scarruffati

I capelli scompigliati vengono menzionati nella Bibbia in relazione alle pratiche di lutto proibite ai sommi sacerdoti (in Levitico 21,10 per la morte di Nadab e Abihu figli di Aronne) ed ai sacerdoti (in Ez 44,20). Invece, il lebbroso deve lasciare i suoi capelli scompigliati (Levitico 13,45) e alla donna accusata dal marito di adulterio deve essere imposto un rituale di umiliazione (Num 5,18), comportante il rito in cui il sacerdote «scompiglierà la testa della donna», facendola apparire al di fuori delle normali strutture sociali.

In tutti questi casi, il simbolismo dei capelli scarruffati è negativo (lutto, impurità o sospetto). Ma nel caso del nazir l’uso di questo simbolismo è unico, poiché i capelli lunghi sono simbolo della consacrazione della persona al Signore, un chiaro simbolismo positivo.

I nazirei e i sacerdoti

Dalla citazione sopra fatta di Amos, vediamo che i nazirei, quasi santi eremiti, facevano parte della cultura religiosa di Israele e, come i profeti, influenzavano la società.

Ma che cosa avviene di loro nella legislazione sacerdotale? La normativa di Numeri incorpora il nazireo nel panorama sacerdotale, ma ciò facendo è come se lo neutralizzasse. I nazirei fanno voto di consacrarsi al Signore, ma non hanno alcuna responsabilità o funzione nel culto ufficiale. Il servizio cultuale è esclusivamente appannaggio dei kohanim (sacerdoti) della famiglia di Aronne, assistiti dagli altri membri della tribù di Levi. I nazirei non vi hanno alcun ruolo, tanto che anche le donne possono essere nazirei. 

Inoltre, lo status del nazireo è controllato dai sacerdoti. Quando il voto viene sciolto, l’uscita dal nazireato è contrassegnata dalle offerte sacrificali all’altare, che vengono portate dai sacerdoti. Se i capelli sacri dei nazirei per qualche motivo devono essere purificati, il processo di purificazione è supervisionato dai sacerdoti e deve essere accompagnato da un’offerta al Tempio. I capelli dei nazirei, un tempo segno della loro libertà dai legami sociali, diventano così segno di sottomissione ai sacerdoti. Come scrive Susan Niditch, il nazireo è «in uno stato perpetuo di purezza e santità di stampo sacerdotale, come se stesse per entrare nel luogo sacro» (Susan Niditch, My Brother Esau Is a Hairy Man: Hair and Identity in Ancient Israel, Oxford University Press, Oxford e New York, 2008, p. 87): ma in questo luogo sacro non entrerà mai. 

Nazireo e profeta

Il nazireo è piuttosto da paragonarsi al profeta, in quanto istituzione laica che non richiede l’appartenenza ad una casta particolare per sussistere. Con una differenza, pare: il profeta è solo scelto da Dio e chiamato con una particolare vocazione, il nazireo prende da sé l’iniziativa di consacrarsi in modo speciale al Signore. Il caso di Sansone, e quello che poi si verificherà di Giovanni Battista, è particolare: è Dio che li chiama a consacrarsi nazirei prima ancora che si formino nel seno materno.

Il caso di Samuele è ancora più particolare: è la madre che lo offre nazireo al Signore, anche se evidentemente il Signore approva la sua offerta. Certamente la madre Anna non avrebbe potuto offrire il figlio a Dio come profeta, in quanto l’ufficio profetico è attribuito da Dio solo. Poteva, però, offrirlo come nazireo, voto dovuto alla volontà degli uomini; ed è quello che fa. Samuele sarà nazireo per scelta di sua madre, e sarà profeta per scelta di Dio.