L’ordine di San Guglielmo di Malavalle

Antonio Nasini (1643-1715), San Guglielmo di Malavalle. Massa Marittima, chiesa di S. Agostino. Foto di Franco Ceccherini

Abbiamo parlato di San Guglielmo di Malavalle in occasione della nostra carrellata di santi che hanno avuto a che fare con i draghi (l’articolo QUI). Da lui nacque un ordine religioso poco conosciuto e ormai scomparso, ma di una certa importanza nel Medioevo: i guglielmiti.

San Guglielmo (+ 1157) non fondò personalmente alcun ordine religioso, né scrisse alcuna regola, ma dall’Epifania del 1156 accolse come discepolo Alberto il quale, poco più di un anno dopo la morte di Guglielmo, ne trascrisse gli insegnamenti e fissò una regola guglielmita di derivazione benedettina cistercense. A partire dal 1211 le bolle papali parlano di «ordo» e di «regula» di S. Guglielmo al pari di quella benedettina o agostiniana, per cui si ritiene che la regola dell’ordine di San Guglielmo sia stata approvata da Innocenzo III.

La diffusione dell’ordine

Eremo di Malavalle, chiesa. Di Matteo Tani,
Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3822111

Il primo monastero fu costruito in Malavalle presso Castiglione della Pescaia, e i seguaci di Guglielmo crebbero velocemente di numero, diffondendosi in Toscana, nel Lazio e nelle Marche. Nel 1244 furono fondate le prime comunità all’estero, nel nord della Francia, in Belgio, in Boemia e in Ungheria. Tuttavia, già nel 1243 Innocenzo IV aveva invitato le comunità di eremiti della Tuscia a riunirsi e costituire un unico ordine, gli eremiti dell’ordine di Sant’Agostino. I dissensi interni spinsero nel 1256 Alessandro IV a sollecitare l’unificazione di tutti gli ordini eremitici.

Alcuni eremi guglielmiti accettarono la modifica della regola, mentre altri passarono alla regola benedettina. Si infrangeva così l’unità dei guglielmiti: a partire dal XIV secolo la vita dell’ordine fu rappresentata dalla vita dei singoli conventi. Questi guadagnarono in autonomia, ma l’ordine in sé perse sempre più importanza.

Abbazia di Sant’Antimo, retta dai guglielmiti dal 1291 al 1462. Di Dongio, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2890035

Verso la fine del XIII secolo, intanto, i guglielmiti avevano portato avanti la riforma delle abbazie benedettine toscane, per volontà di Gregorio IX e dei cardinali protettori dell’ordine, in seguito papi, Giacomo Savelli e Benedetto Gaetani (rispettivamente Onorio IV e Bonifacio VIII), i quali non persero occasione per affidare monasteri benedettini ai guglielmiti. Ecco alcuni degli insediamenti italiani:

San Guglielmo d’Acerona (fra San Casciano dei Bagni e Acquapendente);

abbazia di Sant’Antimo dal 1291 al 1462;

eremo di Malavalle;

San Maria dell’Assunta a Buriano;

monastero San Salvatore di Giugnano (Roccastrada);

Santa Croce (Monterotondo Marittimo) verso il 1273;

abbazia di San Pancrazio al Fango (Padule di Castiglione);

romitorio di Santa Maria Maddalena a Montepescali;

abbazia di San Quirico presso Populonia;

chiesa di Sant’Antimo sopra i canali a Piombino.

Mitigazione e declino dell’ordine

Abbazia di Sant’Antimo, particolare.
Di Ziegler175 , CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44709696

San Guglielmo aveva professato l’ideale eremitico secondo l’accezione più rigida, ma verso il 1250 s’introdusse un cambiamento. Alcuni dei suoi seguaci cominciarono a dedicarsi alla cura delle anime ed accettarono una interpretazione mitigata della povertà ricevendo possessi, sebbene non feudali.

Questa evoluzione causò rivalità e contrasti fino all’abdicazione del priore generale Giovanni nel 1254 che, forse in relazione con la scissione verificatasi nell’ordine, probabilmente determinò la formazione di una congregazione di Malavalle, nella diocesi di Grosseto, e di quella di Montefavale, nella diocesi di Pesaro. Attorno al 1270 i conventi dell’ordine contavano in media da 5 a 10 religiosi, sempre meno dei 13 monaci che secondo l’antico uso monastico costituivano inizialmente un convento. Nessun convento dell’ordine raggiunse mai quel numero di quaranta religiosi che consentiva ai monasteri cistercensi di fondare delle case «figlie».

Sebbene i guglielmiti ricercassero nel XIII secolo soprattutto l’isolamento, alcuni dei conventi sorsero nelle immediate vicinanze delle città, come a Parigi, Worms, Spira e Magonza. Nel XIV e nel XV secolo il numero di questi conventi di città aumentò, dato che non era più possibile per i guglielmiti conservare conventi appartati danneggiati da guerre o catastrofi naturali; essi quindi li abbandonarono per andare a vivere all’interno delle mura delle città, come a Bruges o Aalst. Neppure nei più antichi conventi di città, situati al di fuori delle mura di protezione, fu possibile sottrarsi all’influenza della vita cittadina. Poiché qui non era più possibile vivere dei frutti del lavoro manuale, le entrate ormai consistevano in massima parte in elemosine, rendite ed oblazioni.

Scioglimento dell’ordine

Abbazia di Sant’Antimo, bassorilievo (Chimera).
Di MM, CC BY-SA 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1847434

L’ordine dei guglielmiti esisté fino al XVIII secolo. Già all’inizio del XIV secolo si era affievolita, come in altri ordini religiosi, la vita spirituale. Inoltre, nel contrasto con gli abati, che spesso, come a Sant’Antimo, provenivano dalle famiglie abbienti della Toscana, la carica di priore generale perse in dignità ed autorità. Con una tale debolezza dei vertici dell’ordine, non è strano che questo, dalla fine del XIV secolo, si trovasse in completo dissolvimento.

Nel XV secolo, l’ordine subì in Italia perdite radicali, con Pio II che inflisse duri colpi ai guglielmiti toscani. Nel 1462 soppresse l’abbazia di Sant’Antimo conferendone i possedimenti alla diocesi di Montalcino da poco fondata e trasferì agli eremiti agostiniani di Siena l’abbazia di S. Bartolomeo. Nel 1458 aveva consegnato S. Pancrazio al cardinale Francesco Piccolomini, il quale poco dopo donò questa abbazia agli agostiniani.

Ci volle ancora un secolo perché anche la casa madre di Malavalle decadesse. Nel 1564 la proprietà e gli edifici andati in rovina vennero affidati da Pio IV al conte Bartolomeo Conchino, il cui figlio Giovanni Battista cercò di restaurare l’antico convento, cosicché dal 1604 esso poté avere una nuova fioritura come convento agostiniano.

Perduta la casa madre, l’ordine in Italia si spense. Attorno al 1600 non c’erano più guglielmiti in Italia. Oltralpe la dissoluzione ebbe inizio nel XV secolo: una serie di conventi cercò di unirsi ai grandi ordini monastici, con l’incorporazione, volontaria o coercitiva, nell’ordine benedettino o cistercense. Duri colpi furono inferti ai guglielmiti dalla Riforma, dal Giuseppinismo e dalla Rivoluzione francese. Il carattere amorfo dell’ordine, già nel XIII e nel XIV secolo, era stato occasione di accusare i guglielmiti di inutilità. Dopo che i guglielmiti di Huybergen si unirono nel 1847 ai cistercensi dell’abbazia di Bornhem, qui, il 3 agosto 1879, morì padre Van den Berg da Huybergen, l’ultimo membro dell’ordine.

L’eremo di Malavalle

Eremo di Malavalle, ruderi del convento.
Di Matteo Tani , Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3822124

Nel corso del XV secolo venne abbandonato dai guglielmiti e affidato da Pio IV ad un signore locale che lo concesse agli agostiniani.

Dopo la metà del XVI secolo, a causa della guerra di Maremma che interessò tutti i territori tra Piombino e lo Stato dei Presidi, subì nuovi guasti e fu utilizzato come fortilizio.

Agli inizi del Seicento gli agostiniani si occuparono di piccoli lavori di restauro, per poi abbandonarlo definitivamente alla fine dello stesso secolo.

A Piombino

Piombino. Chiesa di Sant’Antimo sopra i canali (sconsacrata dal 1805 e trasformata in ospedale). Stefano Benucci, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

I guglielmiti italiani ebbero la crescita più significativa in Toscana, terra d’origine del loro ordine. Qui essi riuscirono ad aumentarne la consistenza attraverso l’annessione di numerose abbazie situate nei dintorni della casa madre.

Nel 1285 essi giunsero in possesso dell’abbazia di S. Quirico, sorta nell’XI secolo presso Populonia, con l’autorizzazione del vescovo Roger di Massa e del loro benefattore Giacomo Savelli, nel frattempo elevato al soglio pontificio col nome di Onorio IV. Al momento del trasferimento ai guglielmiti, l’abbazia era così rovinata, che in essa restava un solo monaco.

Alla fine del Duecento, i guglielmiti ottengono una propositura con cura d’anime dentro le mura, in aggiunta alla pieve di S. Lorenzo: è la chiesa di S. Antimo sopra i Canali. Questa fu edificata presso il porticciolo, afferma la tradizione, da una confraternita di marinai che chiedeva un’assistenza religiosa, e fu dedicata allo stesso santo titolare della prima abbazia incorporata dai guglielmiti, S. Antimo presso Montalcino. Ecco il motivo del nome.

A fine Trecento, i guglielmiti scompaiono da S. Quirico, che nel 1400 viene rifondato sotto l’autorità del Vescovo, il quale vi pone a capo il vicario generale col titolo di abate. Quando il monastero viene del tutto abbandonato, nel 1578, i beni e i titoli vengono riuniti alla pieve di S. Lorenzo le cui prerogative parrocchiali erano state traslate nel 1468 a S. Antimo. Nel corso del Quattrocento, anche la propositura di S. Antimo sopra i Canali viene abbandonata dai guglielmiti.