Briciole di storia alvernina (130). I frati sacerdoti della Verna

I frati sacerdoti
I frati della Verna in una foto del 1920. Un appello: chi ne riconosce qualcuno? https://www.facebook.com/photo/?fbid=27956613050596638&set=gm.2465126867275092&idorvanity=593039147817216

I fratelli laici erano state nei secoli le formiche operose dell’Ordine, quelle che con il loro lavoro permettevano alla comunità nel suo insieme di vivere pregando e aiutando i poveri nelle loro necessità. Erano importanti anche numericamente: nel 1925, cioè 100 anni fa, la comunità della Verna era costituita da 58 frati, di cui 21 sacerdoti, 21 laici, 13 novizi chierici e solo 3 novizi laici, il che è un segnale che le cose stavano cambiando… Ma ecco come Simone Bargellini ricordava i frati della Verna sacerdoti.

I frati sacerdoti nel ricordo di Simone Bargellini

«Altro discorso era da tenersi per i frati professi, o “da Messa”, addottrinati e intemerati. Si chiamavano Luca, poi cappellano militare, e Celestino, facondo predicatore, e Aurelio, sagacissimo amministratore, e Gualberto della dinastia dei vernini Matteucci, storico dell’Ordine francescano. E poi Fabiano, Giosuè, e Raffaello (vittima più tardi di una rappresaglia nazista).

Lumi dell’Ordine, solo di passaggio alla Verna ma residenti a Roma o a Firenze, venivano distinti per cognome: Padre Scaramelli, Padre Pierotti, Padre Facchinetti, fino al Padre Sarri, musicista, sulfureo amico di Papini.

Era francescano minore, sebbene non della Provincia delle Stimmate, anche l’ex medico positivista Agostino Gemelli, fondatore della milanese Università Cattolica, qualche anno dopo, avendo costruito, sullo scoglio della Verna, lo spiritual rifugio di anime maschili e femminile dell’Oasi del Sacro Cuore, detta localmente Ozzi per natural rigetto di tre vocali in sole quattro lettere.

Un ancor giovane Padre Vigilio Guidi che, benché sacerdote e organista, si dedicava anche alla cura dell’orto e delle sue amate api

Sovrasta su tutti il ricordo, anche letterario, del Padre Vigilio Guidi, organista, dall’occhio di vetro (perduto in guerra) fisso sopra il naso grifagno, e i polsi di ferro (qualcuno, intendendolo suonatore, lo ritenne il campanaio).

Alternava la pratica delle tre tastiere e della pedaliera con la cura delle api melliflue, in un orto scolpito nella roccia, eccellendo in ambedue le arti.

Alla consolle dell’organo mirabile a più di tremila canne, dono generoso di un benefattore americano e opera della premiata ditta Tamburini di Crema, succedeva a un predecessore laudatissimo ai tempi suoi, pronunziano il cui nome i panegiristi dovevano, alla fine, tirare il fiato, tanto era lungo: ilPadre Damiano Poggiolini di Rocca San Casciano».

Di Padre Gemelli e di Padre Vigilio Guidi torneremo a parlare…