
“Chiedete al Signore la pioggia nella stagione di primavera!”. La pioggia, simbolo di benedizione e apportatrice di prosperità, viene da Dio e non dagli idoli o dagli indovini. Sono questi invece che, alimentando speranze vane, mandano il popolo alla rovina, come pecore senza pastore (10,1-2).
Eppure i pastori di Israele ci sono, sono pastori infedeli e corrotti, che insieme ai montoni, simbolo di potenza malvagia, hanno condotto il popolo alla rovina meritando l’ira di Dio. Tuttavia Dio visiterà con la propria forza il Suo gregge, trasformandolo in un “cavallo d’onore nella battaglia”, e facendone uscire la pietra angolare e i condottieri vittoriosi (10,3-5).
Sia Giuda che Efraim, cioè l’intero Israele, torneranno da ogni dove. Torneranno dall’Egitto e dall’Assiria, come pecore richiamate dal pastore con un fischio. Si moltiplicheranno, con la forza che il Signore concederà al suo popolo (10,6-12). Dio si presenta come il vero pastore che libera dai falsi pastori e dai nemici il Suo popolo, e lo riporta nella sua terra.
Il giudizio contro i falsi pastori (Zaccaria 11)
Il capitolo 11 di Zaccaria è una forte accusa contro i capi di Israele, i falsi pastori che sfruttano e tradiscono il loro popolo. Presenta una serie di immagini simboliche che annunciano il giudizio contro i falsi pastori che opprimono il popolo. Su di essi cade il giudizio di Dio.
L’immagine della distruzione dei cedri del Libano, delle querce di Basan e dell’orgoglio del Giordano, cioè della fertilità e prosperità del paese, è simbolo del giudizio che Dio sta per scatenare su Israele. Pastori e leoncelli, cioè i potenti del paese, gridano per la perdita del loro potere (11,1-3).
Il popolo di Dio, Israele, sfruttato e abbandonato dai suoi pastori, è ridotto a pecore da macello: Dio ordina al profeta di assumere il ruolo di pastore per queste pecore, annunciando che il giudizio è imminente (11,4-6).
I bastoni spezzati: Consolazione e Unione (11,7-17)
Il profeta prende due bastoni simboli di Consolazione e Unione, per rappresentare la cura che Dio ha per il Suo popolo. Tuttavia, il profeta spezza il primo bastone come segno della rottura dell’alleanza e poi il secondo in quanto l’unità tra Giuda e Israele è distrutta. Dopo la rottura dei due bastoni, Dio ordina al profeta di impersonare un “pastore stolto”, simbolo di tutti i falsi pastori di Israele che non si prendono cura del popolo. Questo pastore stolto non cercherà le pecore smarrite, non curerà le ferite e non nutrirà le deboli, le sfrutterà invece per il proprio guadagno.
Ritirandosi dal suo compito, il profeta chiede il proprio salario ai trafficanti di pecore, le classi agiate che possono influire sul potere politico. Il salario gli viene quantificato in trenta denari d’argento, che rappresentano il prezzo di uno schiavo. Questo prezzo viene considerato come un insulto da Dio, che si sente da esso personalmente valutato, e che ordina al profeta di gettarlo nel tesoro del tempio per essere fuso. Da notare come Dio giunga ad identificarsi con colui che viene valutato 30 denari… Non c’è dubbio che questo gesto venga ripreso nel Vangelo secondo Matteo riguardo alla somma pagata a Giuda per consegnare Gesù (Matteo 26,15).