I cristiani e la croce: inizialmente, un atteggiamento di paura. La croce era scandalo e follia per coloro che anche quotidianamente avevano occasioni di vedere nei luoghi pubblici crocifissi in carne ed ossa. L’atteggiamento verso la croce cambiò progressivamente, dopo che Costantino nel 320 proibì la crocifissione come pena capitale. I primi cristiani evitavano di raffigurarla direttamente: lo spettacolo dei tanti crocifissi era troppo fresco e orrendo sotto i loro occhi. In tempi di persecuzione, celavano l’identità di Gesù Cristo sotto vari simboli (il pesce, l’ancora, il pane, al massimo una croce stilizzata).
Quando l’Esaltazione della Croce fu celebrata liturgicamente, i credenti giunsero meglio a comprendere il valore redentivo della Crocifissione. La croce iniziò ad essere raffigurata, dapprima senza Crocifisso, e in forma gemmata. Vediamo questi primi passi.
Alexamenos adora il suo dio
Per trovare la prima crocifissione dobbiamo andare non tra i cristiani ma tra i pagani del Pedagogium sul Palatino a Roma, dove un certo Alessameno viene deriso per la sua fede con un graffito in cui lo si vede adorare un crocifisso dalla testa d’asino, con la scritta derisoria «Alessameno adora il [suo] dio».
Questo graffito da scolaretto rispecchia le dicerie e le accuse infamanti che circolavano inizialmente sul conto dei cristiani (in questo caso accuse di onolatria, adorazione di un asino). Il graffito è stato trovato nel «Paedagogium» sul Palatino, un collegio per i paggi di corte, e può risalire al III secolo se non ancor prima.
Al di là di questa derisione del tipo «Asino chi legge», le prime raffigurazioni di croci invenute sono piccole pietre intagliate ad uso di sigillo del II – IV secolo, oltre ad una scatola in avorio, conservate al British Museum. In queste raffigurazioni il Crocifisso ha gli occhi aperti, è senza barba ed è rivestito solo di un piccolo perizoma.
Le croci gemmate
La situazione cambia radicalmente con l’editto di Milano del 313, con cui il cristianesimo diviene religione lecita; in seguito, Costantino proibirà, come abbiamo detto, l’esecuzione mediante crocifissione. La croce cesserà di essere un simbolo infamante e nelle chiese inizieranno a trovare spazio grandi croci in affreschi e mosaici. Si afferma la «croce gemmata», spesso su fondo stellato, come nel mausoleo di Galla Placidia (V secolo) o nella vicina basilica di S. Apollinare in Classe (VI secolo). Le gemme preziose rappresentano la regalità di Gesù e il cielo stellato esprime il suo dominio sull’universo.
I primi Crocifissi
Santa Sabina, Crocifissione
Intanto, per la prima volta in contesto pubblico, nella formella del portale della basilica di S. Sabina a Roma, risalente al V secolo, compare apertamente la figura di Gesù crocifisso, ma è in posizione eretta ed ha gli occhi aperti. Qui Gesù, con gli occhi aperti, con la barba, rivestito solo di un piccolo perizoma, è affiancato dai due ladroni.
Sacramentario di Gellone (VIII secolo)
In una raffigurazione del Sacramentario di Gellone, fine VIII secolo, si iniziano a mostrare segni di sofferenza (il sangue che sgorga dal costato), ma la croce è ancora stellata. Il Cristo è glorioso.
Il Crocifisso con la tunica
Altri esempi iconografici di crocifissione sono l’evangeliario siriaco di Rabbula (VI secolo) e gli affreschi della chiesa di S. Maria Antiqua a Roma (VI – VIII secolo). In essi, al Crocifisso «triumphans», con gli occhi aperti, vivo dopo la morte e con l’aureola, viene aggiunta una lunga tunica sacerdotale: è un tipo che ritroveremo nel Volto Santo di Lucca (VIII – IX secolo: sull’antichità della scultura lignea, QUI).
Christus patiens
Accanto al Christus triumphans col tempo comincia a svilupparsi un’altra iconografia, più vicina all’aspetto umano e sofferente di Gesù. Nel Sacramentario di Gellone della fine dell’VIII secolo troviamo un Gesù con i segni della sofferenza nel fiotto di sangue che esce copioso, ma gli occhi sono aperti e la croce è stellata.
Il Cristo sofferente invece ha la testa reclinata sulla spalla, gli occhi chiusi e il corpo incurvato in uno spasimo di dolore. La prima rappresentazione sembra essere la Croce n. 20 di Pisa (1210-1230), di un anonimo artista bizantino operante in Toscana. Recepì questa novità iconografica Giunta Pisano, poi Coppo di Marcovaldo, ripreso da Cimabue nel Crocifisso di Arezzo del 1270 circa e dieci anni dopo nel Crocifisso di Santa Croce. L’iconografia fu poi rinnovata da Giotto ispirandosi alla scultura gotica (Nicola Pisano), e componendo il Cristo come realmente doveva piegarsi sotto il peso del corpo.
Il francescanesimo ebbe una grande parte nell’affermazione del modello iconografico del Christus patiens; non per niente San Francesco, innamorato dell’umiltà dell’Incarnazione e della carità della Passione di Cristo, come fu il primo a costruire un presepe (Greccio, Natale 1223), fu anche il primo ad essere stigmatizzato in conformità alle piaghe del Crocifisso, proprio «all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della Croce», come scrive San Bonaventura (Legenda Major, XIII,3 = FF 1225), divenendo «ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso» (la Verna, settembre 1224).