Correnti religiose al tempo di Gesù

Achille Mazzotti, Gesù tra scribi e farisei (1844)

È importante conoscere i gruppi religiosi esistenti in Palestina al tempo di Gesù, per capire poi la dinamica degli eventi che lo portarono alla croce. Le divergenze fra di essi ci possono sorprendere, ma bisogna considerare che al tempo di Gesù non esisteva un giudaismo normativo rispetto al quale le altre correnti risultassero eretiche. La tradizione religiosa, molto forte, era suscettibile di diverse interpretazioni, eppure tutti si riconoscevano nella comune identità ebraica.

In Israele veniva universalmente accettata la rivelazione mosaica, che tuttavia poteva ammettere diverse spiegazioni. Per questo la gente continuava a chiedere ai maestri: «Che cosa devo fare per entrare nel Regno dei cieli?». Le risposte erano diverse.

Giuseppe Flavio, un ebreo romanizzato, vissuto nel primo secolo d.C. (37-100), che scrisse la storia dell’ebraismo dalle origini fino ai suoi tempi (Antichità giudaiche e Guerra giudaica), denominò haíresis ovvero scelte queste correnti, e le paragonò alle correnti della filosofia ellenistica, mettendo in risalto le questioni dottrinali, che nella cultura semitica rimanevano, invece, marginali. Ellenizzandone la mentalità ebraica, paragonava i sadducei agli scettici, i farisei agli stoici, gli esseni ai pitagorici, gli zeloti ai cinici.

In effetti, si tratta di «scelte», modi particolari di interpretare e vivere la Legge nella quale tutti si riconoscevano. Oggi li potremmo considerare movimenti. Si distinguevano, però, anche per quanto riguardava il loro atteggiamento verso il dominio romano.

I sadducei

L’evento che pose fine all’autorità dei sadducei: la distruzione del tempio nel 70 d.C. Di Francesco Hayez (1867) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=152586

I sadducei, così chiamati in quanto discendenti del sacerdote Zadoq del tempo di Salomone (la parola significa Giusto), erano l’élite sacerdotale del tempio di Gerusalemme, ossia le famiglie più aristocratiche ed influenti all’interno del sacerdozio di Aronne.

Riconoscevano come unica autorità la Scrittura, non la tradizione orale, e nella Scrittura solo la Torah, non i Profeti o gli altri Scritti.

Essendo fedeli solo ai Libri più antichi, non ammettevano gli sviluppi della Rivelazione, come quanto riguardava l’immortalità dell’anima, né la resurrezione finale, e neppure l’esistenza di un mondo angelico. L’unica retribuzione per l’uomo, secondo i sadducei, avviene in questo mondo: non esiste un mondo futuro.

L’interesse politico dei sadducei consisteva nel mantenimento del potere religioso e quindi dello status quo, di quell’equilibrio con i dominatori romani che permetteva lo svolgimento dei riti nel tempio. Per questo motivo, essi vedevano con sospetto le attese messianiche e le tensioni profetiche del futuro. Subivano anche mediante pressioni la connivenza con i romani: infatti, il prefetto romano teneva sotto chiave i paramenti del Sommo Sacerdote. La fine del tempio pose fine anche a ogni loro autorità e la corrente si estinse; ma al tempo di Gesù costituivano la parte preponderante nel Sinedrio.

Gli esseni

Le grotte di Qumran, presumibilmente un insediamento esseno. Di Effi Schweizer – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3089552

Agli antipodi rispetto alla visione dei sadducei stava quella degli esseni. Questi sono l’unico gruppo religioso dell’epoca a non essere nominato esplicitamente nel Nuovo Testamento. Ne conosciamo il nome da Giuseppe Flavio che li chiama Essenòi (Essàioi invece li chiama Filone di Alessandria). Derivano forse il proprio nome dal verbo ebraico ‘asah = fare: «coloro che fanno». Pur non comparendo con una menzione esplicita nei Vangeli, possiamo riscontrare qualcosa di simile alla loro scelta di vita nel comportamento del Battista, che vive nel deserto in modo ascetico e si caratterizza per una predicazione infuocata.

Secondo Giuseppe Flavio, gli esseni credevano nella predestinazione divina della storia e nell’immortalità dell’anima. Egli li descrive come una rigida scuola filosofica di stampo pitagorico, basata sui seguenti elementi:

  • Prassi rituale marcata
  • Vestiario bianco
  • Pratica del silenzio
  • Banchetti cultuali a mezzogiorno ed a sera
  • Rigorosa santificazione del sabato
  • Svolgimento di un noviziato in due tappe di uno o due anni.

Vivevano di agricoltura, praticavano la comunione dei beni e non possedevano schiavi. Secondo Giuseppe vi sarebbero stati circa 4.000 esseni, alcuni dei quali ammogliati, mentre un altro ramo rifiutava il matrimonio e la procreazione, ricorrendo all’adozione per assicurare il mantenimento del gruppo. Più che di un voto di celibato, si sarebbe trattato di un obbligo di astinenza analogo a quello previsto per l’adempimento del servizio cultuale nel tempio o per la partecipazione alla guerra santa. Nel loro caso, diveniva un obbligo protratto per tutta la vita in attesa del compimento finale di tali azioni sacre.

Sembra che l’insediamento di Qumran fosse rappresentato da un ramo della corrente essenica, e vi sono state trovate sepolture di donne e di bambini.

Qumran si caratterizza inoltre per un chiaro atteggiamento di opposizione al culto sacerdotale al tempio di Gerusalemme in quanto caduto nelle mani di una classe corrotta, mentre gli esseni erano presenti nella Città santa.

Gli zeloti

La liberazione di Barabba (1910). La condanna alla croce lo fa riconoscere come uno zelota, attentatore alla sicurezza dell’Impero. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=451420

Già al tempo di Erode il Grande erano comparsi gruppi di ribelli che furono perseguitati come banditi (lestai = ladroni). Questo nome, e il tipo di condanna riservata a coloro che attentavano alla sicurezza dell’Impero, fa riconoscere due zeloti nei «ladroni» crocifissi ai lati di Gesù; ed anche Barabba doveva essere nella stessa situazione.

La loro storia veniva da più lontano. Quando nel 6 d.C. la Giudea passò sotto la diretta amministrazione di Roma, il galileo Giuda vi si contrappose con la richiesta di una teocrazia o governo divino: nasceva così, secondo Giuseppe Flavio, la «quarta scuola filosofica», quella degli zeloti, in ebraico qannaim, o zelanti partigiani dell’indipendenza mediante la lotta armata. Uno degli apostoli, Simone, porta in Luca questo appellativo, forse per la sua provenienza da tale corrente. In Matteo e Marco è chiamato Cananeo, con lo stesso significato.

Verso la fine del periodo, lo zelotismo dette origine ad un gruppo ancora più radicale, quello dei sicari (il nome viene dalla sica, un pugnale lungo e appuntito), in ebraico Iskariot, forse lo stesso soprannome dato a Giuda. Essi furono i protagonisti dell’ultimo atto di resistenza di Massada.

I farisei

I farisei in un fotogramma del Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli

Ci potrà sorprendere sapere che i tanto screditati farisei rappresentano in realtà la corrente religiosa più vicina al pensiero di Gesù ed al cristianesimo. Il nome «fariseo» è divenuto per noi sinonimo di «ipocrita» a causa dei comportamenti loro rimproverati da Gesù: ovvero, dell’incoerenza fra formalismo religioso e vita di carità. Il discorso sarebbe molto più lungo, ma possiamo dire che non sempre era così.

Come movimento, i farisei si caratterizzavano per uno spiccato amore della Legge e per una peculiare pretesa: quella di vivere continuamente da laici, nella propria famiglia e nel proprio lavoro, nello stesso stato di purità rituale con cui il sacerdote officiava al tempio. Applicavano alla famiglia i precetti riguardanti il tempio; dichiaravano che il tavolo domestico era equivalente all’altare del tempio se vi si studiava e praticava la Parola di Dio; la donna era il sacerdote di questi atti di culto familiari.

In sostanza, i farisei si facevano carico di condurre Israele a realizzare il sacerdozio universale secondo Es 19,6. Questa purità rigorosa era però causa di separazione da coloro che non la praticavano, per cui gli appartenenti a questa corrente furono detti, appunto, perushim = separati.

Se i sadducei rappresentavano l’aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme, i farisei provenivano soprattutto dalle classi urbane medie e basse. Interamente impegnati nell’osservanza minuziosa della Legge, erano interessati al mantenimento dello status quo, purché garantisse loro l’esercizio delle pratiche religiose. Tendevano quindi ad evitare la conflittualità con i romani.

Questa corrente, i cui seguaci credevano nella totalità della Scrittura, nella tradizione orale, nell’immortalità dell’anima, nella resurrezione della carne, nell’esistenza di angeli e demoni, fu l’unica che sopravvisse alla catastrofe del 70, la distruzione del tempio. Dopo questo evento, i sadducei non ebbero più un culto da prestare; gli esseni e gli zeloti si estinsero con il prevalere del dominio romano. Solo i farisei, con la loro spiritualità laicale, superarono il trauma, e dettero luogo all’ebraismo moderno.