Il 6 marzo di ogni anno si celebra la Giornata dei Giusti dell’Umanità. Con questo titolo si riconoscono coloro che si sono dedicati a salvare il prossimo nelle condizioni più difficili. In questa ottica, abbiamo già parlato dell’opera salvatrice svolta dal monastero di San Quirico in Assisi (QUI), ma questo non descrive tutta l’importanza della vicenda. Ben sette persone sono riconosciute Giusti tra le Nazioni ad Assisi.
Oltre 300 furono i rifugiati ad Assisi e tutti si salvarono, nessuno di loro fu deportato o ucciso. Gli ebrei venivano convogliati al convento di San Francesco, e da lì smistati in altri conventi o in case private. In queste storie si inserisce anche le figura di Gino Bartali, famoso campione del ciclismo, che fece spesso la spola tra Assisi e Firenze, portando all’interno della canna della bicicletta i documenti falsi destinati a donare agli ebrei una nuova identità. Anch’egli ha avuto lo stesso riconoscimento.
Ad Assisi ben 7 Giusti tra le Nazioni
Il clero diocesano
Un Giusto tra le Nazioni è don Aldo Brunacci, parroco in Assisi. In città si erano raccolti molti sfollati, attratti forse anche dalla figura di San Francesco. Data l’emergenza, fu organizzato un comitato di accoglienza per questi sfollati, organizzato, appunto, da don Aldo.
A dirigere le operazioni il vescovo Giuseppe Placido Nicolini, anche lui riconosciuto Giusto fra le Nazioni. Era un uomo illuminato grazie al quale, tra l’altro, San Francesco fu dichiarato Patrono d’Italia.
I religiosi
Giusti tra le Nazioni anche Padre Rufino Niccacci, Guardiano del convento di San Damiano, e la Madre Superiora del monastero di San Quirico, Madre Giuseppina Biviglia. Nel monastero nascose famiglie ebree e seppe anche fermare un tentativo di irruzione da parte delle truppe tedesche. Un bimbo nacque in un monastero, e le monache se lo passavano attraverso la ruota, per tenerlo in braccio un po’ per una. Una donna ebrea, Clara Weis, morì all’interno di un convento, e fu fatta uscire con un funerale di rito cattolico e sepolta col nome di Bianca Bianchi.
Due tipografi
Figure essenziali in questa vicenda sono anche quelle dei tipografi, padre e figlio, Luigi e Trento Brizi. Anch’essi si fregiano del riconoscimento di Giusto fra le Nazioni. In Assisi, clandestinamente, stampavano i documenti destinati a donare una nuova identità agli ebrei fuggiaschi. Per i cognomi si ispirarono agli elenchi del telefono dell’Italia del sud. Per rendere più plausibile la falsa identità, i bambini studiavano a memoria il libretto contenente appunti riguardantiad esempio la Puglia, spacciata come terra di origine del loro nome, qualora fossero stati sottoposti ad interrogatori da parte di militari tedeschi.
Suor Ermella Brandi
Il settimo riconoscimento di Giusto fra le Nazioni è stato assegnato il 18 febbraio 2014 all’ordine delle suore Stimmatine, in memoria di Suor Ermella Brandi, per avere nascosto e salvato diverse famiglie ebree.
Suor Ermella Brandi, all’epoca superiora del convento delle Povere Figlie delle Sacre Stimmate di San Francesco d’Assisi, ad Assisi, a pochi passi da San Quirico, offrì rifugio sicuro ad altri profughi ebrei.
Madre Ermella era nata a Siena nel gennaio 1888 (morirà il il 29 ottobre 1967), da una famiglia umile ma di profonda fede cristiana. Fin da bambina si sentiva chiamata alla vocazione di servire il Signore nell’attenzione ai poveri e ai piccoli e appena le fu possibile entrò in convento. Al convento di via Ancajani, ad Assisi, dove svolse l’ufficio di madre superiora, era annesso un orfanotrofio dove le suore accompagnavano nella crescita tante povere bambine.
L’operazione di salvataggio
La vita del convento fu sconvolta quando, nel settembre 1943, padre Rufino, del convento di san Damiano, andò a chiedere di ospitare nella foresteria e nell’infermeria profughi e sfollati dalle città bombardate del sud Italia,. Non ostante il pericolo cui andavano incontro, le suore aprirono le porte del convento a famiglie, bambini, giovani ed anziani. Madre Ermella era afflitta da asma e dolori artritici, ma aveva il valido aiuto delle consorelle, soprattutto di suor Clara Zanarotti.
Dal modo di parlare di una bambina di nove anni (Gianna, che le suore vestivano col grembiulino delle orfanelle e facevano dormire con loro), suor Clara aveva scoperto che la famiglia era di Trieste ed era composta da ebrei: questo non impedì alle suore di continuare a proteggerla mantenendo rigorosamente il segreto, anzi compiacendosi che la piccola comunità ebraica si radunasse per celebrare le proprie feste chiedendo in prestito candelabri. Vi era anche anche un rabbino tra di loro, e in tali occasioni giungevano anche gli altri Ebrei rifugiati in vari posti della città. Ma essi si univano volentieri anche alle suore durante le feste cristiane.
La liberazione
Assisi venne liberata il 17 giugno 1944 dagli Alleati e le famiglie ebree lasciarono la città circa un anno dopo. Assisi venne risparmiata dai bombardamenti, per interessamento del podestà Arnaldo Fortini, essendo stata dichiarata “città ospedaliera” e costituendo uno scrigno d’arte di interesse internazionale. Nessuno di coloro che vennero accolti e sistemati nei conventi di Assisi fu toccato.
Il dottor Valentin Müller: giusti con l’iniziale minuscola
Molto si deve anche alla figura del dottor Valentin Müller (1891 – 1951), tedesco, governatore militare di Assisi. Cattolico, medico, durante il regime di Hitler fu un caso unico: continuò a visitare anche i pazienti ebrei. Ogni mattina del tempo in cui fu ad Assisi andava a pregare alla basilica di San Francesco.
Quantunque fosse al corrente di cosa si stesse facendo per salvare gli ebrei, conservò sempre il segreto, e prima di lasciare Assisi, durante la ritirata, consegnò al Vescovo ed ai rappresentanti del Comune ingenti quantitativi di farmaci e materiale sanitario a beneficio della popolazione. Piantonò persino porta San Pietro per scongiurare qualche atto disperato di rappresaglia da parte di tedeschi in ritirata.
Si era adoperato per far considerare Assisi città ospedaliera e metterla al riparo dai bombardamenti, permettendo così la salvezza di molte persone ma anche di testimonianze storiche ed artistiche uniche al mondo. A questo contribuì anche l’intervento del Podestà Arnaldo Fortini, che si impegnò fortemente per la salvaguardia della città e addirittura, pur essendo a conoscenza della vera identità di alcuni ebrei, non ne fece mai parola.
Un modo di dire degli assisiati era: «Abbiamo tre protettori: Dio, San Francesco e il colonnello Müller». Persino i partigiani dettero l’ordine che «nessuno doveva torcere un capello» al colonnello. Il dott. Müller tornò ad Assisi nel 1950, accolto da grandissimi festeggiamenti come un eroe.
Un film sulla vicenda è Assisi underground (Usa, 1985, regia di A. Ramati, interpreti James Mason, Maximilian Schell, Irene Papas); il video, purtroppo non completo, QUI. Potete però vederlo per intero QUI, nell’originale inglese, abbastanza comprensibile, con l’aiuto dei sottotitoli in portoghese (non sto scherzando).