Giusti tra le Nazioni a Firenze

Bambini ebrei fiorentini dopo la Liberazione. Di Zoltan Kluger – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59281129

A Firenze aderirono alla rete di salvataggio degli ebrei 41 tra conventi, istituti e parrocchie; 12 erano conventi o monasteri femminili. Tra questi, il convento delle suore Francescane Missionarie di Maria in piazza del Carmine, dichiarato «Casa di vita» («House of life») dalla Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg. Tale Fondazione ha istituito questo riconoscimento per l’aiuto offerto dalle comunità a tanti ebrei, durante le retate naziste. Tra le persone proclamate Giusti tra le Nazioni molte partecipavano alla rete di salvataggio a Firenze.

Perché Firenze?

Il rabbino Cassuto con la famiglia. Fonte immagine: https://www.historyfilesnetwork.com/2022/11/05/caccia-agli-ebrei-i-rastrellamenti-nazifascisti-a-firenze-dellautunno-1943/#

Dopo aver portato a termine il rastrellamento e la deportazione ad Auschwitz dei 1.022 ebrei romani che non erano riusciti a nascondersi e fuggire, i nazisti avevano risalito la penisola per prendere di mira le principali città italiane, in particolare Firenze che dovette subire due rastrellamenti, il 6 e 26 novembre 1943. Infatti, l’11 settembre i tedeschi avevano occupato la città scatenando immediatamente una feroce caccia agli ebrei che si trovavano a Firenze, compresi quelli appena giunti dai paesi occupati dai nazisti.

Con l’avvicinarsi del pericolo, avendo saputo che i tedeschi avevano richiesto gli elenchi di tutti gli ebrei fiorentini, il Comitato di assistenza ebraico guidato dal giovane rabbino capo di Firenze Nathan Cassuto si rivolse all’arcidiocesi di Firenze. I contatti avvennero per mezzo di Giorgio La Pira. L’arcivescovo di Firenze, il cardinale Elia Dalla Costa, incaricò subito don Leto Casini e il padre domenicano Cipriano Ricotti di coadiuvare il Comitato di assistenza ebraico per mettere al sicuro i profughi ebrei. Gino Bartali faceva la spola pedalando tra Firenze ed Assisi per procurare agli ebrei i documenti falsi nascosti nella canna della bicicletta. Ne ha salvati 800. Proprio in virtù di questo impegno a beneficio di tante famiglie ebraiche lo Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito l’onorificenza di «Giusto tra le Nazioni» al cardinale Angelo Elia Dalla Costa ed anche al ciclista Gino Bartali, e non solo.

 

Gino Bartali. Fonte immagine: https://www.historyfilesnetwork.com/2022/11/05/caccia-agli-ebrei-i-rastrellamenti-nazifascisti-a-firenze-dellautunno-1943/#

Da parte loro, almeno ventuno conventi e istituti religiosi fiorentini, di cui 12 femminili, aprirono le loro porte a oltre 110 rifugiati ebrei italiani e 220 stranieri.

Le Suore Missionarie di Maria

Le suore Missionarie di Maria in piazza del Carmine, nella persona della madre superiora suor Ester Busnelli, risposero subito all’appello del cardinale accogliendo ottanta mamme con i loro bambini piccoli, nascondendoli nelle stanze del convento, a volte nelle cantine, nel rispetto delle diverse usanze religiose. Tra queste donne si trovava la moglie del rabbino capo di Genova, Wanda Abenaim Pacifici. I suoi due figli furono accolti solo per una notte e il giorno dopo furono nascosti in un altro monastero toscano perché in quello delle suore Missionarie di Maria c’erano solo donne.

L’irruzione

Ma le suore rischiavano la vita in ogni momento, sotto la minaccia di una spiata, di un’irruzione. La notte del 27 novembre, verso le 3 del mattino, una trentina di SS entrarono in convento gridando in tedesco, stanza per stanza: «Alzatevi!». La maggior parte delle donne e i loro figli vennero scoperti e raggruppati nel teatro. Una ragazza, Lea Lowenwirth-Reuveni, si offrì come interprete in tedesco e francese e riuscì a liberare parecchie ebree facendo credere ai nazisti che fossero donne ungheresi senza documenti. In totale, si salvarono una trentina di donne e bambine.

Nella confusione, una donna afferrata da un soldato delle SS lasciò cadere suo figlio, il piccolo Isacco, ai piedi di una suora che lo nascose subito sotto le sue gonne, salvandogli la vita. Quel bambino oggi è un padre di famiglia in terra di Israele.

Le donne deportate furono prima rinchiuse nelle carceri fiorentine e poi trasferite a Verona, per essere infine inviate ad Auschwitz – Birkenau da cui non fecero più ritorno. In quel luogo Wanda raggiunse suo marito, il rabbino Riccardo, ed entrambi persero la vita. Il loro nipote, figlio del bambino salvato alle suore, si chiama Riccardo, ed è stato presidente della Comunità Ebraica di Roma.

La salvezza di molti dipese dal coraggio della madre superiora, suor Ester Busnelli, che ottenne il riconoscimento di Giusta tra le Nazioni dallo Yad Vashem nel 1995.

La famiglia Pacifici e le suore di Santa Marta

Suor Benedetta Vespignani con Emanuele e Raffaele Pacifici e un soldato della Brigata ebraica. Fonte immagine: https://www.irishtimes.com/culture/books/a-lesson-from-history-italy-s-roma-register-the-jews-and-the-church-1.3539135

Emanuele e Raffaele, 12 e 5 anni, figli del rabbino di Genova Riccardo Pacifici, si rifugiano a Firenze insieme alla mamma Wanda il 19 novembre 1943. Trovano un primo rifugio presso le suore Missionarie di Maria, in piazza del Carmine, dove li accoglie la superiora madre Sandra Busnelli. Lì resta la mamma, mentre i due figli maschi devono passare in un altro istituto.
Così, Emanuele e Raffaele la mattina del 20 vengono trasferiti a un collegio maschile retto dalle suore dell’Istituto di Santa Marta, a Settignano, dove vengono accolti da madre Marta Folcia e da suor Benedetta Vespignani e dove rimangono insieme agli altri bambini fino alla liberazione di Firenze. Madre Marta Folcia, addirittura, impara l’ebraico per poter benedire i rifugiati. Riesce a nascondere i bambini sino alla fine della guerra, consegnandoli poi alla Brigata ebraica (soldati ebrei di Palestina arruolati nell’esercito britannico). Pare che in quel periodo abbia nascosto e salvato 120 bambini ebrei.

Sulla figura di Madre Agnese Tribbioli, Giusta tra le Nazioni, QUI.

«Ora di’ le tue preghiere…»

Vanda Pacifici con i figli Emanuele e Miriam. Fonte immagine: https://thehistoryfiles.altervista.org/wp-content/uploads/2017/11/Vanda-Pacifici-pone-con-i-suoi-figli-Emanuele-e-Miriam-in-una-strada-a-Rodi..jpg

Il 26 novembre, dal convento di piazza del Carmine, la mamma telefona ai figli Emanuele e Raffaele informandoli che andrà a trovarli la domenica seguente. Invece non la rivedranno più, perché verrà arrestata la notte stessa e deportata ad Auschwitz dove morirà con il marito Riccardo.

Ai due ragazzi le suore danno il falso cognome di Pallini: è con esso che li conoscono gli altri alunni. Suor Cornelia si preoccupa di distogliere la curiosità degli altri ragazzi dando anche a Emanuele e Raffaele il crocifisso da baciare, la sera, fingendo che siano cristiani. Non vuole, però, indurli a violare la loro coscienza: in realtà mette un dito sul Crocifisso e dice a Emanuele e Raffaele di far finta di baciare il Cristo, appoggiando invece le labbra sul suo dito. La sera, poi, fa loro recitare di nascosto le preghiere in ebraico. Ricordo di aver sentito tanti anni fa, in un servizio televisivo, la testimonianza di uno dei due fratelli, che raccontava: «La sera, quando mi accompagnava a letto, la suora mi accarezzava la testa e mi diceva: “Via, ora di’ le tue preghiere…”».  

Nell’aprile del 1944 dei soldati tedeschi entrano nella scuola delle suore di Settignano occupandone per un mese un’ala, senza accorgersi però della presenza dei ragazzi ebrei. In giugno, con la liberazione di Firenze, la Brigata Ebraica passa da Settignano ed Emanuele si fa riconoscere per ebreo e chiede di essere condotto insieme al fratello da alcuni loro parenti a Roma. 

Ospitati da Bartali

Nel convento di Santa Marta era stato rifugiato anche un bambino ebreo di origine fiumana, Giorgio Goldenberg, finché la madre non andò a riprenderlo per nascondersi con lui e con il resto della famiglia (genitori, due figli e un cugino) in via del Bandino nella cantina di una casa di Gino Bartali, con cui i suoi genitori erano in amicizia. Anche in questo caso, Bartali rischiò la vita per proteggere gli ebrei senza preoccuparsi delle conseguenze.