In Giuseppe il giusto, la sofferenza dell’innocente trova una ragione.
Sofferenze meritate e non meritate attraversano continuamente la vita dei personaggi e dei popoli della Bibbia, dovute alle calamità naturali (come la siccità) o alle malvagità, piccole e grandi, commesse dagli uomini. Così, dopo Abramo, con Isacco prosegue una storia della salvezza intrecciata di debolezze umane, spesso causa di grandi angosce. L’articolo precedente QUI.
Isacco
Isacco ha un ruolo particolare nella saga dei patriarchi. Non compare quasi mai da solo nel racconto, ma pressoché soltanto come figlio (di Abramo), sposo (di Rebecca), padre (di Giacobbe ed Esaù). La sua parte nella storia è poco originale, ricalca a grandi linee quella di Abramo: la sterilità e il rapimento della moglie; l’alleanza con il re di Gerar; le benedizioni e le promesse… È invece peculiarmente suo il mondo degli affetti familiari intensamente sentito, e perciò anche fonte di sofferenze, anche perché causa di favoritismi. Come quando la rivalità tra i due figli gemelli (ma non monozigotici: Giacobbe è un ragazzo tutto perbenino, attaccato alle gonnelle della mamma, astuto; Esaù è un vigoroso cacciatore, rozzo e irsuto, rosso di pelo) sfocia nell’accaparramento della primogenitura da parte del secondo nato, Giacobbe, a spese del primogenito Esaù.
Giacobbe
Giacobbe poi ha una vita travagliata, fin da quando è costretto alla fuga per evitare l’ira del fratello. INoltre, colpito da amore istantaneo per la cugina Rachele, fatica per lei sette anni per averla in sposa; e si vede invece consegnare, a scatola chiusa, la di lei sorella Lia, non amata, e oltretutto anche cisposa. Cisposa, ma feconda, mentre Rachele è bella e sterile. Si ingaggia quindi una guerra tra sorelle che hanno sposato lo stesso uomo, a colpi di figli e di concubine atte a pareggiare i conti quando le mogli attraversano periodi di sterilità; Lia temporaneamente, Rachele stabilmente, finché per grazia di Dio partorisce due bambini, morendo nel mettere al mondo l’ultimogenito. Indicativo il nome che lei spirando voleva imporgli, Benoni, Figlio del mio dolore; ma il padre lo chiamerà Beniamino, Figlio della mano destra: il preferito, il beniamino, appunto.
Giuseppe
Sarà proprio la predilezione di Giacobbe per i figli dell’amata Rachele a innescare la violenta gelosia dei fratellastri nei confronti del preferito del padre, Giuseppe. Beniamino è ancora piccolino e l’amore per lui non li esaspera; li indigna invece la propensione di Giacobbe per Giuseppe, che oltre tutto ha anche il cattivo gusto di fare sogni profetici sul proprio conto e di raccontarli.
Quando capita l’occasione, la sorte di Giuseppe è segnata. I fratelli se ne sbarazzano prima con l’intento di ucciderlo, poi di abbandonarlo in una cisterna asciutta, infine di venderlo a mercanti che vanno in Egitto. La situazione del testo è molto intricata, derivando dalla cucitura di almeno due tradizioni narrative, forse tre; in ogni caso, sia come sia nei particolari, il ragazzo viene condotto in Egitto come schiavo (Gn 37).
Lì avrà avventure e disavventure, da cui scamperà sempre per la sua abilità nel rendersi utile, anzi indispensabile nei confronti dei suoi padroni. La sua stessa bellezza lo metterà nei guai, attirando su di sé la bramosia della moglie del padrone. Integerrimo nel comportamento, Giuseppe è il prototipo del giusto ingiustamente perseguitato, per cui la sua storia suscita la domanda: perché tutte queste sventure proprio a lui? I dieci fratelli maggiori, giunti in Egitto quando Giuseppe ne è divenuto vice re, per scampare dalla carestia, e accusati di essere spie, interpreteranno le proprie sofferenze come castigo divino per aver tradito il fratello minore (42,21-22). Giuseppe, però, soffre per i peccati degli altri.
Particolare degno di rilievo: Dio, nella saga di Giuseppe, non compare mai. Cioè: non appare, non parla. Sembra assente dalle vicende umane. Comprenderemo però, nella lettura dei testi, che la sua presenza c’è, in forma diversa: nella forma invisibile che oggi chiamiamo Provvidenza. Agisce attraverso gli eventi, parla attraverso la sapienza del cuore. Silenziosamente, intangibilmente. Ma c’è.
Il Dio dietro le quinte
Per questo il racconto delle vicende di Giuseppe è tanto moderno; perché presenta un uomo che appare lasciato solo, abbandonato agli eventi, senza avere una parola di conforto dal Dio in cui pone la sua fede.
«Il Signore era con lui e il Signore dava successo a tutto quanto egli faceva» (39,23). Il Signore è con lui e gli dà sapienza, ma non interviene in un modo sensibile che Giuseppe possa avvertire. È la fiducia che sostiene Giuseppe.
Il bandolo della matassa sarà lui stesso, alla fine, a trovarlo, così come era stato abile a decifrare gli strani sogni degli egiziani.
«Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù; perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio» (45,4-8).
La sofferenza di uno, di un giusto per di più, è funzionale alla salvezza dei molti. Giuseppe, tradito dai fratelli e consegnato alla schiavitù, è in qualche modo prefigurazione del sacrificio di Cristo consegnato alla croce dagli uomini suoi fratelli. La sua è già una sofferenza feconda, che, benché penosa, è portatrice non di morte ma di vita.
Come si vede, nel libro della Genesi, da un capo all’altro – cioè dalla sottolineatura delle sofferenze come conseguenza del peccato di origine (cap. 3) alla riflessione sulle sventure di Giuseppe (cap. 45) -, emerge già un disegno di salvezza, voluto da Dio, che si serve anche delle ingiuste pene che gli uomini si infliggono a vicenda. Soprattutto, emerge già, nella vicenda di Giuseppe, l’idea di una sofferenza non redentrice, ma provvidenziale. Un invito a fidarsi di Dio.
Tempo di guerra
Ottantaseiesimo giorno
Secondo Kiev, sono stati liberati 1.016 insediamenti e in quei territori operano strutture umanitarie. Nel 65% di questi centri è ora disponibile il gas; 863 insediamenti sono riforniti di energia elettrica; le stazioni hanno ripreso a funzionale nel 49% delle località. Gli ospedali, sono funzionanti in 305 degli insediamenti precedentemente occupati, le Poste hanno riaperto nell’80% dei luoghi.
Secondo Kiev, sono almeno 28.700 i soldati russi uccisi in Ucraina dall’inizio dell’invasione. Fra le perdite russe, si registrano 204 caccia, 168 elicotteri e 460 droni; 1.263 carri armati, 596 pezzi di artiglieria, 3.090 veicoli blindati per il trasporto delle truppe; 103 missili da crociera, 20 lanciamissili, 13 navi; 2.162 tra veicoli e autocisterne per il trasporto del carburante, 93 unità di difesa antiaerea e 43 unità di equipaggiamenti speciali.
Guerra di idee
In Bielorussia, alleata della Russia, è stato messo al bando il noto romanzo di Orwell 1984. Proibito venderlo e acquistarlo: è un romanzo distopico, scomodo per le dittature. L’editore Andrei Yanushkevich, che tra il 2020 e il 2021 aveva messo in commercio l’edizione in lingua bielorussa, è stato arrestato. Chiusa anche un’altra casa editrice bielorussa: la Knigavka. Vietato anche, come «materiale estremista», «Dogs of Europe». Si tratta di un altro romanzo distopico questa volta scritto da Alhierd Bacharevic, che descrive nel 2049 un mondo in cui la Russia ha conquistato diversi paesi per diventare un superstato dittatoriale.
La Polizia postale ha rilevato un altro attacco hacker a vari portali istituzionali italiani, rivendicato dal collettivo russo Killnet. I siti presi di mira sarebbero quelli del Consiglio Superiore della Magistratura, dell’Agenzia delle Dogane e dei ministeri di Esteri, dell’Istruzione e dei Beni Culturali.
Crimini di guerra
Si attende la sentenza nei confronti del sergente russo 21enne Vadim Shishimarin, processato a Kiev per l’uccisione a sangue freddo di un civile ucraino disarmato di 62 anni a Sumy il 28 febbraio scorso. In aula il militare ha dichiarato di essere «sinceramente dispiaciuto» per i crimini dei quali lo stesso imputato si è dichiarato colpevole; mentre nella sua arringa finale il suo avvocato d’ufficio ne ha chiesto l’assoluzione.
Crisi alimentare
Alto Rappresentante dell’Ue Josep Borrell: «Circa 20 milioni di tonnellate di grano giacciono nei silos in Ucraina. Non possono essere esportati perché sono bloccati dalla guerra di Putin. Molte navi stanno aspettando di poterli caricare, ma le navi russe bloccano i porti ucraini. Le nostre sanzioni non sono contro il cibo, né contro alcun prodotto agricolo, né contro i fertilizzanti. Non abbiamo colpito nessuna di queste cose, perché sapevamo che questo avrebbe potuto danneggiare il mercato mondiale delle derrate alimentari e dei fertilizzanti».
Azovstal: ridda di notizie
Il vicecomandante del reggimento Azov, Sviatoslav «Kalina» Palamar, che secondo i media russi si era arreso ieri sera uscendo dall’acciaieria di Mariupol, comunica in un video messaggio: «Oggi (19 maggio) è l’85/mo giorno di guerra. Io e il mio comando siamo sul territorio dello stabilimento Azovstal. È in corso un’operazione, i cui dettagli non annuncerò. Grazie al mondo, grazie all’Ucraina. Ci vediamo».
A sua volta, il maggiore Bohdan Krotevych, capo dello staff del reggimento Azov, ancora all’interno dell’acciaieria Azovstal, dichiara: «La guerra non è finita, la guerra su vasta scala è appena cominciata. Dovrete diventare comandanti e assumere il controllo o scappare e poi soffrire perdite ancora più grandi. La Russia, come gli Usa, è abituata a combattere contro Paesi molto più deboli, e ogni problema veniva risolto con massicci bombardamenti d’artiglieria o raid aerei. Noi siamo più deboli nel potenziale militare, ma la fiducia in sé del nemico è la nostra carta vincente».
Trattative
Mykhaylo Podolyak, capo negoziatore ucraino e assistente del presidente, ha dichiarato che sono in corso colloqui «molto difficili e molto fragili per l’evacuazione» dei militari ancora nascosti all’interno di Azovastal. Ha aggiunto anche che gli ucraini dovrebbero astenersi dal commentare finché l’operazione non sarà conclusa.
Il comandante del battaglione Azov Denys Prokopenko, ancora nell’acciaieria, annuncia in un videomessaggio che i difensori di Azovstal hanno ricevuto da Kiev l’ordine di smettere di combattere. «Il comando militare superiore ha dato l’ordine di salvare la vita dei soldati della nostra guarnigione e di smettere di difendere la città».
Infine, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che il ritiro dei militari dall’acciaieria Azovstal a Mariupol sarà completato presto. «Ad oggi, tutti i civili che erano bloccati nell’impianto sono stati portati via. I civili sono stati portati fuori, i medici sono stati portati fuori, anche i feriti gravi e non. Presto il ritiro sarà completato».
I primi duecento combattenti evacuati dall’Azovstal sono stati portati con i pullman a Olenivka, a pochi chilometri da Donetsk, nell’autoproclamata Repubblica popolare separatista. Il villaggio è famoso soltanto per la Colonia penale numero 52, un vecchio istituto correttivo dove si rinchiudono gli «inaffidabili» che non superano l’esame dei campi di filtrazione, sospetti, soldati e oppositori.
Ecocidio
La Chiesa greco-cattolica ucraina denuncia anche pesanti danni ambientali che avranno ripercussioni per anni. «Gli ambientalisti avvertono che le ferite inflitte dall’esercito russo alle foreste, alle steppe e ai bacini idrici dell’Ucraina rimarranno per decenni e l’eredità della guerra sarà minacciata anche dopo che i cannoni si saranno fermati» Dall’inizio della guerra, le truppe russe hanno bombardato depositi di petrolio e grandi impianti industriali in tutta l’Ucraina. I metalli pesanti dei proiettili e degli ordigni entrano nel suolo e nelle falde acquifere. Gli incendi nelle foreste e nelle steppe distruggono l’ambiente naturale e specie rare. «La guerra distrugge spietatamente tutta la natura: aria, acqua, terra, piante e animali soffrono».
Profughi
Viminale: sono 119.210 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina giunte fino a oggi in Italia, 62.188 donne, 17.101 uomini e 39.921 minori. L’incremento, nelle 24 ore, è di 979 ingressi nel territorio nazionale.
Ottantasettesimo giorno
Intelligence militare britannica: «L’aviazione russa sembra per lo più continuare a evitare di condurre sortite sul territorio ucraino, probabilmente per la minaccia degli intatti sistemi di difesa missilistica antiaerea ucraini».
Mariupol
Il Consiglio comunale di Mariupol chiede di non diffondere video propagandistici russi che mostrano i difensori di Mariupol mentre lasciano Azovstal.
Zelensky promette: «Li porteremo a casa. Questo è quello che dobbiamo fare con i nostri partner che si sono presi la responsabilità. I ragazzi hanno ricevuto l’ordine dai militari di uscire allo scoperto e salvarsi la vita». QUI il video post apocalittico girato dal soldato – fotografo Dmytro Kozatsky, detto Orest.
American Institute for War Studies (Isw): I russi «potrebbero aver sovrastimato il numero dei difensori ucraini che sono stati evacuati dalla Azovstal per massimizzare il numero di prigionieri di guerra russi che possono essere scambiati con i soldati ucraini o per evitare l’imbarazzo di dove ammettere che hanno tenuto un assedio di mesi contro soltanto “centinaia” di soldati ucraini».
Secondo le autorità municipali di Mariupol, le truppe di occupazione russe starebbero deportando i residenti, con autobus diretti a Bezimenne, nel distretto di Novoazovsk, e quindi in Russia. Già 416 civili, di cui 46 bambini, vi sarebbero stati portati ieri, mentre sarebbero 512 le persone già trasferite in territorio russo.
Profughi
Viminale: sono 119.735 le persone arrivate finora in Italia nell’ambito dell’accoglienza dei profughi dall’Ucraina. Si tratta di 62.490 donne, 17.238 uomini e 40.007 minori. Rispetto a ieri l’incremento è di 525 ingressi.