
Giuseppe, giunto in Egitto come schiavo, ha un successo straordinario nella casa del suo padrone. Ma le cose prendono la piega peggiore quando per aver rifiutato le avances della moglie del suo padrone si ritrova accusato di tentato stupro.
39,20 Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, nel luogo dove erano rinchiusi i prigionieri del re; egli rimase lì in prigione. 21 Ma il Signore fu con Giuseppe e gli mostrò benevolenza; gli fece trovare favore agli occhi del capo carceriere. 22 Il capo carceriere affidò a Giuseppe tutti i prigionieri che erano nella prigione; e tutto ciò che si faceva là, era lui che lo faceva. 23 Il capo carceriere non si curava di nulla di ciò che era affidato a Giuseppe, perché il Signore era con lui; e tutto ciò che egli faceva, il Signore lo faceva prosperare.
Giuseppe in prigione
Accettando almeno in parte l’accusa della moglie, il padrone di Giuseppe lo fa incarcerare, in una prigione controllata da un capo carceriere (che non è il padrone di Giuseppe). Ma anche qui sale di grado, come aveva fatto nella casa del suo precedente padrone, trovando favore agli occhi del capo carceriere, che lascia la gestione della prigione nelle sue mani. Anche qui sembra di essere in presenza di un doppione.
Ma non basta. Perché Giuseppe in prigione fa la conoscenza di due dignitari del faraone caduti in disgrazia, che fanno due sogni paralleli…
40,2 Il faraone si adirò contro i suoi due ufficiali, il capo dei coppieri e il capo dei panettieri, 3 e li fece mettere in prigione nella casa del capo delle guardie, nella prigione, il luogo dove Giuseppe era stato rinchiuso. 4 Il capo delle guardie diede loro ordini e Giuseppe li servì; e rimasero per qualche tempo in prigione.
I due sogni
La continua presenza di questi raddoppiamenti fa sospettare che il testo contenga più di una versione della storia.
In una versione attribuibile secondo alcuni alla tradizione Jahvista, il coppiere (משקה) e il fornaio (אופה) peccano contro il re d’Egitto (מלך מצרים), che li manda in prigione, dove incontrano Giuseppe, anche lui prigioniero.
Nell’altra versione, attribuibile alla corrente Elohista, il faraone si adira con il capo coppiere e il capo panettiere, e li manda in custodia presso la casa del capitano delle guardie, dove Giuseppe è schiavo. In questa versione, Giuseppe non è mai stato promosso a capo della casa, non è mai stato accusato di aver aggredito la moglie del suo padrone, e non è un prigioniero. È semplicemente uno schiavo nella casa di Potifar, capitano delle guardie.
I critici propongono di leggere le due storie come segue:
Giuseppe in prigione (J)
Qualche tempo dopo, il coppiere del re d’Egitto e il suo panettiere offesi il loro signore, il re d’Egitto, [e li mise] nella prigione, il luogo dove era rinchiuso Giuseppe.
Giuseppe come schiavo nella casa di Potifar (E)
Il faraone si adirò con i suoi due ufficiali, il capo coppiere e il capo panettiere, e li mise in custodia nella casa del capitano delle guardie. Il capitano delle guardie li affidò a Giuseppe, che li servì; e rimasero per qualche tempo in prigione.
La storia Elohista continua con Giuseppe che interpreta i sogni dei due uomini (i sogni sono la specialità di questa corrente di tradizione), dimostrando di avere questo dono e chiedendo al capo coppiere, che sarà ripristinato nella sua posizione nel palazzo, di fare il suo nome al faraone (40:14-15). Tuttavia, il capo coppiere si dimentica di Giuseppe (40,23) fino all’episodio dei sogni del faraone due anni.
Anche in questo caso, come nell’episodio della vendita di Giuseppe (da parte di chi? a chi?), è difficile capire come la storia si sia svolta nei dettagli. Tuttavia, la sostanza è chiara: Giuseppe, caduto in disgrazia, conserva il dono dell’interpretazione dei sogni, in quanto espressione di una volontà divina. Sarà proprio questo dono a farlo assurgere al massimo onore in un periodo critico della storia egiziana.