
Quando viene menzionato dal capo coppiere al faraone come provetto interprete di sogni, Giuseppe viene presentato anche come
- Senza nome;
- Uno straniero, più specificatamente un ebreo, termine dispregiativo per indicare uno straniero nomade, che gli egiziani disprezzavano (Gen 43,32);
- Uno schiavo;
- Un ragazzo, col che si intende più uno status che un’età, poiché ha 30 anni (Gen 41:46);
- In prigione.
Tuttavia, la totale alterità di Giuseppe il forestiero non impedisce al faraone di cercare aiuto da questo schiavo ebreo.
Giuseppe il forestiero davanti al faraone
A sua volta, prima di parlare con il faraone, Giuseppe si adatta alle norme egiziane radendosi e cambiandosi i vestiti. Quando interpreta il sogno del faraone, usa solo la parola generica per Dio, Elohim, che può indicare una qualunque divinità, senza menzionare il Dio proprio dei suoi padri, YHWH: «Non io, ma Dio provvederà al benessere del faraone» Genesi 41,16). Così pure, interpretando i suoi sogni: «Il sogno del faraone è uno solo: quello che Dio sta per fare, l’ha rivelato al faraone» (Genesi 41,25).
Giuseppe non solo informa il faraone del significato dei sogni (sette anni di abbondanza seguiti da sette anni di carestia), ma li giudica una rivelazione proveniente da Dio, implicitamente lo stesso Dio da cui Giuseppe riceve le sue capacità di interpretazione dei sogni. Quindi, Giuseppe riconosce il re straniero come un mezzo di rivelazione divina, un punto che ribadisce nel v. 28 e infine nel v. 32, dove spiega perché il messaggio è stato ripetuto: «Quanto al fatto che il faraone abbia avuto lo stesso sogno due volte, significa che la questione è stata determinata da Dio e che Dio la eseguirà presto» (Genesi 41.32).
Il faraone davanti a Giuseppe il forestiero
Il faraone, a sua volta, dichiara che Giuseppe è saggio e un uomo con lo spirito di Dio, e prescinde dallo status etnico e socio-economico di Giuseppe, nominandolo viceré per salvare l’Egitto dalla carestia imminente.
Questo fa perché Giuseppe nella sua saggezza sa anche cogliere l’opportunità che la situazione gli offre, suggerendo una soluzione al problema posto dal sogno: «Perciò il faraone trovi un uomo intelligente e saggio e lo stabilisca sul paese d’Egitto» (Genesi 41,33).
Giuseppe non specifica che dovrebbe essere lui quell’uomo saggio, ma il faraone non ha problemi ad arrivare a questa conclusione:
«E il faraone disse ai suoi cortigiani: “Potremmo noi trovare un altro uomo come lui, in cui sia lo spirito di Dio?”. Allora il faraone disse a Giuseppe: “Poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo, non c’è nessuno che sia intelligente e saggio come te”» (Genesi 41,38-39.
Non solo il faraone vede la saggezza di Giuseppe, ma accetta anche la concezione che Giuseppe dà della saggezza, ovvero che essa è un riflesso di Giuseppe in cui è lo spirito di Dio.
«Poi il faraone si tolse l’anello dalla mano e lo mise sulla mano di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d’oro. Lo fece salire sul carro del suo secondo comandante e davanti a lui si gridava: “Abrek!”. Così lo costituì a capo di tutto il paese d’Egitto» (Genesi 41,42-43).