
Prima di incontrare il faraone, Giuseppe modifica il suo aspetto:
«Allora il faraone mandò a chiamare Giuseppe; lo fecero uscire dalla prigione sotterranea, si rase, si cambiò le vesti e andò dal faraone» (Genesi 41,14).
Il versetto segna un cambiamento importante, un passaggio nella vita di Giuseppe. Il linguaggio denota movimento; Giuseppe è letteralmente costretto a correre, come esprime la forma causativa del verbo ruz (וַיְרִיצֻהוּ, “lo fecero correre” fuori della fossa). Ma, per prima cosa, Giuseppe deve effettuare un cambio di look: non solo gli abiti, ma anche la rasatura.
La veste di Giacobbe
Il riferimento al cambio di vestiti torna sull’importante motivo dell’abbigliamento, che ha già fatto la sua comparsa nell’apertura della storia (cap. 37) con la speciale veste donata dal padre a Giuseppe. Lì, la sua veste lo contrassegna come il preferito di suo padre; in reazione a questo, e ai suoi sogni problematici di dominio, alla fine i fratelli si sbarazzano di lui, spogliandolo della sua veste, il che rappresenta anche la sua perdita di status.
La veste schiavile
Giuseppe perde poi completamente i suoi vestiti, quando gli vengono strappati di dosso dalla moglie del suo padrone:
«Essa lo afferrò per la veste e gli disse: “Giaci con me!”. Ma egli le lasciò la veste in mano, si allontanò e fuggì fuori» (Genesi 39,12).
Di conseguenza, spogliato di tutto, Giuseppe viene gettato in prigione. Il suo status è simboleggiato dalla nudità, un’assenza di dignità corporea. Ha perso tutto, sia la bella veste del padre sia gli abiti schiavili.
Dalla veste di Giacobbe alla veste del Faraone
Il cambio d’abito di Giuseppe in Genesi 41, quindi, è un passo importante nella sua risalita sociale, che si completa con la sua elevazione in seguito alla riuscita interpretazione del sogno del Faraone:
«Poi il faraone si tolse l’anello dalla mano e lo mise sulla mano di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d’oro. Lo fece salire sul carro del suo secondo comandante e davanti a lui si gridava: “Abrek!” Così lo costituì a capo di tutto il paese d’Egitto» (Genesi 41,42-43).
Così Giuseppe passa dalla veste del padre all’essere senza veste, dall’essere senza abiti adeguati all’essere nuovamente vestito in modo adeguato e, infine, all’essere rivestito con la veste del Faraone.
Dai capelli incolti alla rasatura
Giuseppe non solo cambia i suoi vestiti, ma si rade: il cambio di look è completo. L’uscita da uno stato di prigionia alla libertà è spesso simboleggiata dalla rasatura dei capelli, mentre lo stato di esilio, prigionia o pazzia è simboleggiato da capelli incolti, come nel caso di .Nabucodonosor che in Daniele 4, a causa della sua arroganza, viene reso pazzo da Dio: allontanato dalla società e vivendo in condizioni animalesche, «I suoi capelli crebbero come le piume delle aquile e le sue unghie divennero come quelle degli uccelli (Daniele 4,30). Il motivo dei capelli arruffati e poi rasati compare anche nel racconto di Ahiqar il saggio, un testo sapienziale molto diffuso nell’antico Vicino Oriente, in cui il protagonista ingiustamente accusato di tradimento cade in disgrazia e quando viene finalmente riabilitato dà di sé la seguente descrizione:
«I capelli della mia testa erano cresciuti fino alle spalle, la mia barba mi giungeva al petto, il mio corpo era sporco di polvere e le mie unghie erano cresciute come quelle delle aquile» (Ahiqar 5,11).
E il re gli dice:
«Va’ a casa tua, Ahiqar, raditi i capelli, lavati il corpo e riprendi le forze per quaranta giorni, dopodiché torna da me» (Ahiqar 5,13).
Il valore dei capelli e della rasatura
Dunque le azioni di Giuseppe nel suo cambio di look non sono semplicemente una questione di rinfrescarsi e ripulirsi prima di vedere una persona importante, ma un segno di transizione e trasformazione. Nel caso di Giuseppe entra in gioco anche l’identità etnica, perché la barba e i capelli lunghi segnano la sua appartenenza di a un particolare gruppo sociale ed etnico, e la rasatura segna la sua separazione da quell’identità e la conformazione a quella dei suoi padroni. Per avere successo deve assumere la loro identità.
In Genesi 41,14 i verbi sono alla forma attiva: è Giuseppe che si rade piuttosto e non è rasato, è Giuseppe che cambia i suoi vestiti e non se li fa cambiare. Giuseppe previene le possibili richieste del suo nuovo patrono, senza aspettare che gli venga chiesto di conformarsi in seguito. Segue volontariamente un modello di assimilazione e adattamento sociale.