I racconti del libro dei Giudici si presentano come dei racconti con una base storica, tramandati e infine redatti nel Regno del Nord; parlano infatti prevalentemente della Galilea e delle tribù settentrionali come quelle di Efraim e di Manasse. La tribù di Giuda occuperà, invece, la parte meridionale della terra.
Il libro dei Giudici ci conferma che la cosiddetta conquista non è stata realizzata da Giosuè al cento per cento, anzi, nemmeno per una percentuale assai minore. Secondo una delle spiegazioni offerte dai testi biblici, il Signore ha lasciato i pagani accanto ad Israele per pungolarlo e insegnargli ad essere fedele all’Alleanza nelle diverse circostanze della vita reale, non in un mondo ideale in cui non esistessero tensioni né confronto.
Stessa cosa potrebbe valere per gli attuali cristiani, che vivono in un mondo scristianizzato e neopagano, come il popolo di Dio in mezzo alle nazioni. Con uno spirito diverso, però: non di antagonismo ma di dialogo.
Giudici: Lo scenario storico
Il libro dei Giudici, come già quello di Giosuè, si apre con uno scenario storico, che però ha rilevanza teologica: lo scenario di chi arrivato nella terra promessa si rende conto che ci sono già degli altri. La grande scoperta fatta da Israele in questi due libri è l’altro che già esiste dove io sono arrivato. E l’altro chi è? Cosa rappresenta per me? Io cosa rappresento per lui? La diversità è vista in questi testi come una minaccia, e la vittoria sull’altro come una conquista del proprio posto, un posto di dominio, anche perché gli altri si presentano come oppressori. È da qui che nascono tutti i problemi di sopraffazione, di contese, di guerre.
Nel libro dei Giudici sono presenti Egiziani, Cananei, Filistei, Fenici di Sidone e di Tiro, Aramei di Moab e di Ammon, Edomiti, Madianiti, Amaleciti, Aramei di Soba e di Damasco, ecc. In successivi testi biblici incontreremo gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani, i Greci, i Siriani ellenistici e i Romani. Non manca nessuno del mondo allora conosciuto dagli ebrei. Le dinamiche di tutti questi popoli si ripercuotono nella storia d’Israele, un piccolo popolo migrato dall’Egitto e potenzialmente caduto in balìa di tutte queste invasioni in un quadro storico preciso.
Tutto questo, naturalmente, viene letto in chiave di teologia della storia. Quale è il significato di questi eventi? Che la storia è fatta dagli uomini, ma Dio la tiene nella sua mano e da un male fa sempre sorgere un bene; che le azioni umane non sono mai neutre, ma sempre comportano conseguenze; che l’oppressione nemica è fautrice non solo di una istanza di liberazione, ma anche di un pressante invito alla conversione; che la giustizia di Dio, alla resa dei conti, trionferà sempre come Salvezza. Questa giustizia che è affidata ai Giudici…