Giovedì Santo. Istituzione dell’Eucarestia, istituzione del sacerdozio. Il tutto all’insegna di un gesto da comprendere: Gesù lava i piedi ai discepoli. Un gesto volutamente provocatorio, fatto al momento sbagliato e dalla persona sbagliata. Eppure, l’insegnamento del Maestro sta tutto qui. Dio lava i piedi agli uomini.
Come Zeffirelli interpreta l’Ultima Cena: QUI.
Giovedì Santo: Gesù lava i piedi ai discepoli
Nel mondo antico, il gesto di lavare i piedi era uno degli elementi essenziali dell’ospitalità. Poteva avere anche un valore simbolico, in quanto era legato all’ingresso nella casa e quindi al passaggio dal “fuori” (ambito di fatica e di pericolo) al “dentro” (rappresentante il riposo, la sicurezza, l’intimità). L’atto spettava, nel mondo classico, agli schiavi ed anche alle donne (Plutarco, Mulierum virtutes 242e-263c): è, in ogni caso, una funzione servile.
Nel mondo ebraico
Nel mondo ebraico, era normale venire incontro all’esigenza dell’ospite di lavarsi i piedi; ma il gesto si compiva all’ingresso in una casa, non durante il rituale della Cena di Pasqua, che prescriveva solo di lavarsi le mani dopo aver bevuto la seconda coppa di vino.
Nei testi biblici che si riferiscono all’usanza (Gn 18,4 s.; 19,2; 24,32 s.; 43,24; Gd 19,21; Lc 7,44), si parla di mettere a disposizione l’acqua per lavare i piedi, ma non si esplicita chi compia questo gesto.
Più precisamente, nella prassi, l’ospitalità voleva che si fornisse l’acqua all’ospite perché si lavasse i piedi. Tuttavia, nessuno poteva esigere da uno schiavo ebreo che lavasse i piedi al padrone.
Es. Mek. 21,2 (cfr. DtS 33,24) specifica: “Uno schiavo ebreo non deve lavare i piedi al suo padrone”.
Umiltà e intimità
I discepoli occasionalmente, per devozione, potevano rendere questo servizio al loro maestro. Il gesto inoltre poteva essere inteso come atto di amore. Infatti, in Giuseppe e Asenath (scritto apocrifo composto ad Alessandria d’Egitto tra il 100 a.C. e il 100 d.C.) la promessa sposa insiste che sarà lei, e non una serva, a lavare i piedi a Giuseppe, rispondendo alle sue rimostranze: “No, mio signore, poiché tu sei il mio signore da ora in avanti, ed io la tua umile serva. E perché tu dici che un’altra vergine deve lavare i tuoi piedi? Poiché i tuoi piedi sono i miei piedi, e le tue mani sono le mie mani, e nessuna altra donna laverà i tuoi piedi” (20,1-5).
Lavare i piedi dunque nel mondo ebraico è atto di accoglienza che può essere di riguardo e di dedizione (cfr. 1Sam 24,41) e può implicare affetto (la moglie verso il marito, la madre verso il figlio, figli e figlie verso il padre). È, quindi, un gesto di umiltà ma anche di intimità.
Un gesto doppiamente fuori posto
Tuttavia, il gesto narrato da Giovanni durante la cena è doppiamente fuori posto. In primo luogo perché è tardivo, avviene in un momento imprevisto (durante la cena e non prima); in secondo luogo perché è compiuto dalla persona sbagliata. È perciò chiara l’intenzione di risignificare il gesto stesso, come paradigma di un modello comportamentale nuovo mediante un’immagine di inversione dei ruoli.
Un esempio di rito di inversione di ruolo si trova nel mondo pagano, nelle feste Cronie o Saturnalia, diffuse in ambiente greco e romano; durante i quali saturnalibus tota servis licentia permittitur e addirittura i padroni servono a tavola gli schiavi. Però il paradossale rovesciamento dei rapporti tra padrone e schiavi era temporaneo e fittizio, e la schiavitù riprendeva il giorno dopo, tale e quale a prima.
Gesù invece si fa schiavo dei discepoli non per burla, né per gioco di scambio dei ruoli mirante a ribadire “Abbiamo scherzato per un momento, adesso torniamo ad essere quello che siamo”, come nei Saturnalia pagani. Gesù impersona drammaticamente, e per sempre, la condizione dello schiavo.
Lo fa innanzi tutto attraverso le vesti; il panno di lino legato alla vita (léntion, hapax cioè parola unica in tutta la Bibbia greca, il che suggerisce che il termine non provenga da un ambito religioso ebraico o cristiano, ma dalle usanze simposiali greco-romane) è il tipico indumento usato dagli schiavi durante il banchetto. La condizione servile assunta da Gesù, in realtà, rimarrà tragicamente duratura, fino alla morte. Essere giudicato e morire da schiavo è proprio il modo in cui Gesù si manifesta Re.
Giovedì Santo: preannuncio della Croce
A questo punto si comprende come il gesto di Gesù prenda senso non solo come espressione di amore (come la sposa che lava i piedi allo sposo) e di umiltà (come il padrone che serve a tavola i servi), ma anche – e soprattutto – da un contesto di persecuzione e morte.
Riprendendo in qualche modo il gesto di Maria a Betania (Gv 12,3.7), contiene in sé il simbolismo della morte imminente del maestro cui il discepolo deve associarsi nella sua sequela (imitatio Christi). In sostanza, non si lavavano né si ungevano i piedi di un vivo, ma di un morto. Il significato pieno della lavanda dei piedi è il preannuncio della morte di Gesù nella piena comunione con i discepoli che tale morte fonda (Gv 13,8: «Se io non ti lavo, non avrai parte con me»), l’autoconsegna di Gesù alla morte e l’effetto salvifico di essa nell’assimilazione a lui; tutto questo, espresso con un gesto di servizio.
Eloquente è anche il gesto di deporre e riprendere le vesti, col lessico connesso: deposizione e riassunzione della vita del Pastore per le pecore (Gv 10,11-18: i verbi sono gli stessi). Si tratta di un’azione parabolica, una “storia esemplare” che ribalta radicalmente la situazione. Nelle teofanie l’uomo, impuro, può lambire solo le estremità della Divinità, metaforicamente i piedi; Gesù, rovesciando la sua condizione, è Dio che lambisce i piedi dell’uomo.
Lo scandalo della Croce
La lavanda dei piedi, con il simbolismo della veste deposta dal maestro e da lui ripresa, è un annunzio della morte di Gesù, che Pietro rifiuta di accettare. Prima della Pasqua, Pietro non accetta la logica dell’abbassamento e del servizio di Gesù. La reazione indignata di Pietro davanti alla degradazione dell’autorità del Maestro può essere paragonata alla ribellione del discepolo dopo la prima predizione della passione (Mc 8,31 ss. par.), e può rappresentare il modo giovanneo di sottolineare la necessità di accettare lo scandalo della croce.
La lavanda dei piedi non indica solo l’assunzione di un contegno esteriore; designa la Passione come un atto di amore che salva, e disegna la struttura fondamentale della vita della Chiesa, il posto del Servo: “Vi ho dato l’esempio”, dice Gesù. Si tratta della nuova condizione di Gesù, della sua nuova maniera di esistere di Gesù e del discepolo.
Giovedì Santo: un gesto eucaristico
Nell’episodio della lavanda dei piedi sono ben riconoscibili il gesto del Servo e la parola del Servo che danno un senso di amore alla morte imminente; una morte “per la vita del mondo” (cfr. Gv 6,51). Il gesto della lavanda dei piedi, con i suoi significati di amore, di servizio, di rimando alla morte imminente, non è disgiungibile dal gesto eucaristico. Giovanni non narra l’istituzione dell’Eucaristia, ma la presenta nel discorso del cap. 6.
Secondo il racconto giovanneo, la lavanda avviene durante la Cena, come l’istituzione dell’Eucaristia nei sinottici, e ne costituisce il baricentro. Con tale gesto Giovanni interpreta l’Eucaristia e offre al tempo stesso un insegnamento alla comunità che la celebra, esprimendo il tutto nei termini che gli sono caratteristici: l’insegnamento dell’amore estremo di Gesù, che si consegnò alla morte per fare i discepoli partecipi della sua vita (cfr. Gv 13,8b).
I due lavacri
Il significato dei due bagni menzionati nella pericope non è chiaro: è il ruolo giocato rispettivamente da Giuda e Pietro, ognuno dei quali si sottrae ad uno dei due, a permettere di definirne la portata.
Il primo bagno indica una immersione totale che produce la purificazione, costituendo il soggetto del discepolo; il secondo bagno, che indica un lavaggio parziale, qualifica tale soggetto con l’aver parte con Gesù: per farsi servi occorre l’investitura di una Signoria, che si riceve da Gesù Maestro e Signore inginocchiato davanti ai piedi degli apostoli.
Il primo bagno, totale, può alludere sia al battesimo che all’associazione del discepolo alla morte di Gesù; il lasciarsi lavare i piedi dopo il primo bagno può alludere al perdono dei peccati dopo il battesimo.
Ma l’episodio lascia in tal modo intravedere la possibilità che qualcuno, pur essendo “lavato” da Cristo mediante il battesimo, possa poi non essere “mondo”, sull’esempio di Giuda che si distacca dal maestro entrando nella notte, e sulla linea dell’irruenza di Pietro che vorrebbe rifiutare questa estrema umiliazione; l’unità dei discepoli con Cristo può seriamente essere minata da questi atteggiamenti.
La predizione giovannea del rinnegamento di Pietro possiede una propria nota caratteristica che ricalca ironicamente il modello della donazione per: Secondo Giovanni, Pietro si dichiara pronto a dare la propria vita per Gesù (13,37), una formula che qui suona come una parodia della donazione della vita del Servo sofferente per la moltitudine (Is 53,4 ss.; cfr. Mc 10,45); anche se il desiderio di Pietro di seguire Gesù dovunque vada sarà poi effettivamente compiuto, come ironicamente affermerà Gv 21,18 ss.