Mosè è ben consapevole di essere giunto al termine della sua vita senza poter condurre il popolo nell’atto finale, l’ingresso nella terra promessa. Gli occorre un successore.
Il successore di Mosè
27 12Il Signore disse a Mosè: «Sali su questo monte degli Abarìm e contempla la terra che io do agli Israeliti. 13Quando l’avrai vista, anche tu sarai riunito ai tuoi padri, come fu riunito Aronne tuo fratello, 14perché vi siete ribellati contro il mio ordine nel deserto di Sin, quando la comunità si ribellò, e non avete manifestato la mia santità agli occhi loro, a proposito di quelle acque». Sono le acque di Merìba di Kades, nel deserto di Sin.
15Mosè disse al Signore: 16«Il Signore, il Dio della vita di ogni essere vivente, metta a capo di questa comunità un uomo 17che li preceda nell’uscire e nel tornare, li faccia uscire e li faccia tornare, perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore».
18Il Signore disse a Mosè: «Prenditi Giosuè, figlio di Nun, uomo in cui è lo spirito; porrai la mano su di lui, 19lo farai comparire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità, gli darai i tuoi ordini sotto i loro occhi 20e porrai su di lui una parte della tua autorità, perché tutta la comunità degli Israeliti gli obbedisca. 21Egli si presenterà davanti al sacerdote Eleàzaro, che consulterà per lui il giudizio degli urìm davanti al Signore; egli e tutti gli Israeliti con lui e tutta la comunità usciranno all’ordine di Eleàzaro ed entreranno all’ordine suo».
22Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato; prese Giosuè e lo fece comparire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità; 23pose su di lui le mani e gli diede i suoi ordini, come il Signore aveva detto per mezzo di Mosè.
Le qualità di Giosuè
Quali sono le caratteristiche personali necessarie per poter diventare un capo degno della propria funzione? Questo brano ne abbozza la fisionomia. Alla lettera, Numeri 27,15-17 recita:
«Mosè parlò al Signore dicendo così: “Provveda il Signore, Dio degli spiriti di ogni carne, un uomo sulla Comunità, il quale esca davanti a loro ed entri davanti a loro e che li faccia uscire e che li faccia entrare, affinché la Comunità del Signore non sia come un gregge che non ha pastore”».
È l’unico passo della Bibbia (espressione simile in Num 16,22) in cui il Signore viene chiamato “Dio degli spiriti di ogni carne”. Questa particolare espressione ha fatto pensare agli interpreti ebrei che il capo della comunità debba trovare il modo che il suo “spirito” comunichi con quello di ogni altro membro della comunità stessa, permettendogli così di regolare la propria azione a seconda delle situazioni e delle persone, senza per questo cedere a desideri illegittimi come farà Saul dopo aver annientato Amalèk (1 Samuele 15,17). Questo senso della comunità è indispensabile. Guidare la collettività non è un privilegio ma un servizio. E il prescelto per tale compito non è Finees con tutto il suo zelo e il suo impeto, ma un uomo che fin dalla sua giovinezza ha fedelmente assistito Mosè nel suo servizio: Giosuè.
I gesti di investitura
Dio dà a Mosè due disposizioni per l’investitura del suo successore: «Porrai la tua mano su di lui» (27,18) e «Darai parte della tua dignità su di lui» (v. 20). Secondo il Midrash (Bemidbar Rabbah 21,14-15), si tratta di due azioni con significato distinto. La prima, l’imposizione della mano, simboleggia il passaggio di consegne come se Mosè accendesse un lume da un altro: l’investitore non diminuisce la propria forza nel momento in cui la trasferisce sul suo successore. La seconda sarebbe invece paragonabile al travaso di un liquido da un recipiente all’altro, e in questo caso ciò che passa nel nuovo contenitore è sottratto al primo.
Il primo aspetto si era già palesato nel deserto con l’investitura dei settanta anziani: l’autorevolezza di Mosè non era diminuita a causa della sua estensione ad altri. La seconda parte dell’investitura, invece, rappresenta qualcosa di diverso. Quel che Giosuè guadagna, Mosè lo perde. La veste spirituale del profeta, che costituisce la sua autorità, rimane intatta; quella dell’ufficio pratico di condottiero, invece, ne viene diminuita passando a Giosuè. Tuttavia, ancora una volta, Mosè non mostra di risentirsi per questo (necessario) passaggio di consegne.