
Come abbiamo visto, già Gionata ha avuto occasione di salvare David dall’ira di Saul: essendo venuto a conoscere il piano di Saul, riesce a convincerlo a desistere dal suo intento omicida. Quando l’ira del re si riaccende, David riesce a fuggire grazie alla complicità della moglie Mikal. Ma non è finita… sarà soprattutto Gionata a continuare a fornire a David un aiuto disinteressato.
Gionata: un aiuto disinteressato
E Gionata disse a David: […] «Se mio padre intende farti del male, ti farò avvertire e ti lascerò partire perché te ne vada in pace. E il Signore sia con te, come è stato con mio padre» (1 Sm 20,12-13).
Anche Gionata fa il possibile per salvare David dalla paranoia del padre. Escogita persino uno stratagemma segreto per informare David delle eventuali intenzioni omicide del padre (capitolo 20):
E Gionata gli disse: «Domani è il novilunio e la tua assenza sarà notata, perché il tuo posto sarà vuoto. Lascerai passare tre giorni, poi scenderai in fretta […] e rimarrai presso la pietra di Ezel. Io tirerò tre frecce a fianco di essa, come se tirassi al bersaglio. E manderò un ragazzo [dicendo]: «Va’ a cercare le frecce». Se dico al ragazzo: «Guarda, le frecce sono vicine a te, prendile!», allora vieni perché [ci sarà] pace per te e non [ci sarà] pericolo […]. Ma se dico al giovane: «Guarda, le frecce sono lontane da te», allora vattene, perché il Signore ti fa partire (20,18-22).
Se messo in parallelo con i terafim di Mikal, l’episodio mostra una qualche analogia: il lancio di frecce era una pratica in uso per predire il futuro (“belomanzia”, da belos, “giavellotto”, e mantiké, “divinazione”), citata anche nel Talmud (Ghittin 56a: Nerone scaglia in aria alcune frecce per dedurne la sorte di Gerusalemme). Anche se non è questa l’intenzione di Gionata, pure il mezzo di cui si serve rientra nelle pratiche divinatorie.
Zone d’ombra
Questi dettagli divengono significativi se messi in relazione con la condotta del padre di Mikal e Gionata: Saul bandisce indovini e negromanti (28,3), rispettando formalmente la Legge del Signore, mentre nella sostanza si oppone alla volontà divina. I figli al contrario per il bene di David utilizzano strumenti legati al mondo magico, ma in realtà contribuiscono all’adempimento del disegno di Dio.
«In questo modo – dice il rabbino Amnon Bazak -, la Scrittura dimostra che l’essenza delle cose non sta nelle apparenze superficiali, ma nel contenuto. Ascoltare la voce di Dio e obbedire ai suoi profeti sono fattori decisivi, ed è solo in funzione di questi che la rimozione di maghi e streghe acquisisce valore. Proprio come Saul ha privato il comandamento del suo significato profondo, smascherando il vero intento delle sue azioni, così – misura per misura – gli oggetti di divinazione vengono separati dal loro significato superficiale per diventare, all’opposto, strumenti per la realizzazione della volontà di Dio».
Del resto, i personaggi biblici, per il solo fatto di essere presenti della Bibbia, non sono di per sé santi. Anzi, spesso in loro, anche nei più virtuosi, coesistono santità e peccato. Questo – sia chiaro – non vale certo da alibi per noi, quale scusa per perseverare in comportamenti sbagliati (tanto Dio ne trarrà del bene comunque!). L’impegno per un cammino di piena santificazione deve durare costantemente per tutta la vita. È però confortante sapere come Dio non si arrenda mai e segua le sue creature passo per passo, anche nelle loro zone d’ombra, e anche dal male che commettono tragga cose buone. E, come vedremo la prossima volta, sperimentare la misericordia di Dio aiuta a diventare a nostra volta misericordiosi verso gli altri. David ne è un esempio luminoso.