Giallo Amish. Veramente l’accostamento di queste due parole è incongruo, perché il giallo è un colore frivolo e gli Amish non lo usano, accontentandosi dei più morigerati colori nero, bianco, grigio, blu e azzurro. Ma qui non mi riferisco ad un colore: sto parlando di un genere letterario, di una serie di romanzi gialli ambientati nella terra degli Amish. L’autrice, Linda Castillo (nata in Ohio nel 1960), conosce molto bene questa società, tanto che sembrerebbe amish anche lei, ma non lo è. Lo è, invece, di nascita, la protagonista dei suoi romanzi, Kate Burkholder, capo della polizia in quel di Painters Mill in Ohio. È nata amish, ma da adolescente, dopo un episodio tragico, ha abbandonato la fede di famiglia per immergersi completamente nella società «inglese» (così gli Amish chiamano tutti i non Amish). Il suo mestiere però la porta continuamente a riprendere contatto con la società che ha abbandonato ma che in qualche modo continua a richiamarla.
Come accade sempre con questi detectives da romanzo, la sua presenza attira nugoli di omicidi – così come nella Gubbio o la Spoleto di don Matteo -, altrimenti l’autore non potrebbe scrivere il libro o la sceneggiatura. Per cui, la pacifica società degli Amish, che vuole solo condurre una vita «semplice» secondo i propri ordinamenti, si trova immancabilmente a sprofondare in un mare di sangue, e con quale atrocità! Ma, ripeto, altrimenti non ci sarebbe il romanzo.
Vita da amish
Nei romanzi di Linda Castillo la vita amish è molto ben rappresentata. Veniamo così a conoscere un mondo rimasto fermo al Settecento, sia come linguaggio (gli Amish parlano il Dutch, cioè non l’olandese come erroneamente traduce qualcuno, ma il tedesco della Pennsylvania), sia come stile di vita, in quanto rifiutano l’uso dell’elettricità, del telefono, degli automezzi e degli abiti moderni. Persino i bottoni sono considerati mondani e sono sostituiti da semplici ganci.
I romanzi di Linda Castillo sono ben scritti e consigliabili come buona letteratura, benché siano un po’ forti come descrizioni – del resto, si parla di omicidi efferati, non dimentichiamolo, e l’autrice non si risparmia nelle descrizioni. Il linguaggio, almeno nella traduzione italiana, è spesso grossolano, e questo può dare fastidio: possibile che non si debba dire una frase senza infilarci una volgarità? Le storie, comunque, reggono, e i personaggi nel loro contesto sono interessanti. Sulla protagonista, però, mi viene da fare una considerazione di carattere generale.
Personaggi al femminile (oggi sarebbe di moda dire personagge?)
È da parecchio tempo che nei romanzi e nei film e serie tv emergono delle figure femminili rampanti, in vesti importanti di medici, avvocati, detectives, ecc. Si tratta di personaggi ambiziosi che vogliono far carriera mettendosi in luce col tenere a bada i colleghi maschi per non farsi sopraffare dagli uomini. Kate Burkholder è una di queste. Questi personaggi esprimono la voglia femminile di parità, e spesso di supremazia rispetto al maschile. E allora mi dite perché il più delle volte queste donne in carriera, per quanto si arrabattino, vengono descritte come estremamente fragili, spesso isteriche, e facili a perdere il controllo della situazione? E la scrittrice, tra l’altro, è donna… C’è qualcosa che non torna.
Un personaggio al maschile
Di tutt’altra tempra il protagonista (maschio) del bel film Witness – Il testimone (1985), anch’esso ambientato in un territorio amish, e interpretato da un bravissimo Harrison Ford. Il tipico, rude poliziotto americano, abituato all’uso della violenza, si trova proiettato, come indietro nel tempo, in una pacifica comunità amish sotto la minaccia di colleghi corrotti che vogliono eliminare un bambino, innocente testimone di un omicidio. Il contrasto fra lo stile di vita «inglese» e l’esistenza «semplice» degli Amish è molto ben rappresentato. Del film esiste anche una novellizzazione, costituita dal romanzo omonimo pubblicato nei Gialli Mondadori. Poiché il romanzo è stato tratto dal film, e non viceversa, il testo è del tutto fedele alla versione cinematografica.