Lettura continua della Bibbia. Gesù e la Samaritana (Giovanni 4,7-30)

Gesù e la donna
Gesù e la samaritana. Di Guercino – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59745191

Le omissioni giovannee rispetto allo schema suddetto mettono in primo piano la sete spirituale e l’acqua viva, lasciando sullo sfondo del non detto l’atto di bere (l’H2O). A livello narrativo manca anche l’esito sponsale, ma non è un caso che l’episodio della Samaritana faccia seguito alle nozze di Cana (2,1-12) e alla testimonianza del Battista sullo Sposo (3,29).

Addirittura, la richiesta di acqua da bere che Gesù rivolge e che la Samaritana si sente indirizzare poteva suonare ambigua, come pretesto per una avance immorale nei confronti di una donna cui per definizione non si attribuiva certo un eccesso di moralità. Il Talmud Babilonese (Berakôt 34b) recita: “Sei cose sono vergognose per il saggio: uscire profumato, uscire solo di notte, uscire con sandali rappezzati, parlare con una donna per la strada, mettersi a tavola con un gruppo d’ignoranti, entrare per ultimo nella casa dello studio”. Ancora più grave è l’interloquire con una samaritana. Niddah 4,1 rincara infatti: “Le figlie dei samaritani sono in stato di mestruazione [cioè di impurità] fin dalla loro culla” (M.Niddah 4,1).

La conclusione è quindi del tutto diversa dalle aspettative, elevando tutto alla dimensione dello Spirito. Segno di questo distacco potrebbe essere la brocca che rimane ai piedi del pozzo: la sua acqua non serve più. In 4,28 la parola che designa l’anfora (u`dri,a) è la stessa di 2,6, e come le idrie di Cana designa la Legge – o le istituzioni giudaiche – presso cui la donna va a cercare la vita, illudendosi di trovarla. Le idrie di Cana, ed anche l’idria della Samaritana, sono di pietra: un materiale da cui la Vita non può venire se non per intervento divino.

Gesù è la fonte d’acqua viva

Il testo giovanneo specifica inoltre che Gesù “si fermò… a sedere”, all’imperfetto, invece di usare il semplice “si sedette”, sottolineando che Gesù occuperà stabilmente il posto dell’antica fonte. L’evangelista, per facilitare l’immagine, in 4,6.14 usa questa parola, pēgē, che significa “pozzo” ma anche “fonte” e “fiume”, anziché phrear = “pozzo”, “cisterna” come invece fa la Samaritana in 4,11-12: le sue parole si potrebbero riferire a quella che ella vede come acqua ferma, stagnante. Giacobbe, radice di tutto Israele, è la sorgente delle promesse di vita per il popolo dell’alleanza; ma adesso è Gesù che siede alla fonte e vi rimane seduto, occupando in modo permanente il posto della fonte antica. Egli è ormai la vera fonte che prende il posto della Legge e del Tempio, dal cui costato sgorgherà l’acqua viva con sangue (19,34).

Il dono dello Spirito rende possibile l’adesione a Gesù e alla sua Parola e rende efficace per i credenti il mistero della morte / resurrezione di Gesù. Per tutti i credenti, senza più barriere: l’intero episodio di Gesù e la samaritana lo dimostra.

Il rovesciamento che fa da sfondo all’episodio è ancora più radicale: nella stessa richiesta di Gesù, “Dammi da bere”, “c’è il paradosso dell’incarnazione: il discorso dell’acqua come simbolo del dono di Dio non procede tanto dalla sete dell’uomo, ma da quella di Dio!… Giovanni fa dire a Gesù sulla croce – quando ormai tutto si era compiuto – «Ho sete» (Gv. 19,28); la sete di Dio è che l’uomo scopra di avere sete di lui… Colui che si offre agli uomini come pienezza del dono di Dio, si fa mendicante: la sorgente d’acqua chiede da bere” (E. MENICHELLI, I simboli biblici nel Vangelo di Giovanni, Ancora 1995, p. 51).

Gesù e la donna

L rapporto tra Gesù e la donna, come in Luca, anche in Giovanni è privilegiato. E la Samaritana è la destinataria del primo Ego eimi di tutto il Vangelo: “Io Sono, che parlo a te”!

Come si vede, dagli inizi del ministero di Gesù, fino alla croce, alla tomba e alla resurrezione, la figura della “donna” ne segue il cammino nei momenti cruciali. Ma c’è anche un punto di contatto fra la Donna di Cana e la donna di Samaria: qualcosa che manca ad entrambe, qualcosa che si cerca.

A Cana mancava il vino. Ma anche colei che ha di che attingere e dispone dell’acqua del pozzo rivela una sua mancanza: “Non ho marito” (4,11.17 s.). Non ha importanza se i “cinque mariti” facciano riferimento alle cinque divinità che secondo Giuseppe Flavio (Ant. Jud. XI,14,3,288) erano adorate dai Samaritani (2 Re 17 parla piuttosto di sette dèi adorati in cinque città samaritane), oppure ai cinque libri della Torah venerati dai samaritani e da loro traditi… Fatto sta che Gesù è il settimo uomo della sua vita, il Perfetto, e Definitivo. Siamo anche qui nell’ambito di una simbologia nuziale.

Alla samaritana manca l’acqua materiale, simbolo di un’acqua spirituale; ma anche Gesù esprime questo bisogno, dicendo a lei, per la prima volta, “Dammi da bere”, per poi ripeterlo (“Ho sete”) sulla croce. Anche alla Madre manca qualcosa, manca il vino nuovo per le nozze, e lo ottiene dal Figlio… da Lui, poi, riceverà i nuovi figli, la Chiesa della cui maternità ella stessa è immagine.