Matteo introduce qui un tema nuovo, quello del rapporto di Gesù e il Sabato, la principale istituzione ebraica sopravvissuta nei secoli anche alla distruzione del tempio.
Il Sabato è lo spazio di Dio nella vita dell’uomo, che non si trova in un luogo ma nel tempo: Israele non ha potuto costruire nello spazio un tempio che durasse (il primo fu distrutto dai babilonesi nel 586 a.C., il secondo dai romani nel 70 d.C.), ma ha saputo edificare un santuario nel tempo, il Sabato appunto, che non potesse essere distrutto.
Il Sabato è il tempo dedicato interamente a Dio, perciò è la sposa di Israele, la sua delizia, la sua regina: questo è il senso più profondo delle leggi rigorosissime di astensione da ogni azione che alteri la natura con il lavoro.
Le spighe raccolte di sabato
Il primo scontro sull’interpretazione di queste norme tra Gesù e i farisei si ha in occasione di un sabato in cui i discepoli, affamati, colgono alcune spighe di grano, lavoro proibito dalla legge (12,1-8).
Gesù ribatte: le deroghe alla legge sono ammesse per il bene dell’uomo, come fece Davide che per necessità si nutrì dei pani riservati ai sacerdoti. Come, anche, di sabato i sacerdoti stessi raddoppiano, e non diminuiscono, i sacrifici al tempio. È la misericordia, la necessità spirituale, e non la norma rituale, ad avere il primato sull’altra. La legge, se spietata, potrebbe anche condannare gli innocenti.
Guarigione di sabato
Il secondo episodio è ancora più lampante: Gesù guarisce di sabato, nella sinagoga, un uomo affetto da paralisi ad una mano. Bene che lo abbia guarito, ma a farlo poteva anche aspettare il giorno dopo…
Secondo i rabbini, la vita umana rappresenta il valore più grande, perciò si può e si deve infrangere il riposo sabbatico per salvarla in caso di pericolo di morte. Non, però, se la vita non è a rischio e l’intervento può essere rimandato al giorno successivo. Una mano paralizzata non rappresenta un pericolo mortale per la persona; potrebbe aspettare l’indomani per essere guarita.
Gesù cambia i termini della domanda: non se sia lecito «guarire» di sabato, ma se sia lecito, di sabato, «fare del bene». Non si deve chiedere se di sabato sia lecito esercitare l’arte della guarigione, che è una professione medica; questo è, secondo gi scribi, proibito dalla Legge. Ma Gesù non sta esercitando una professione. Quello che sa con certezza, e che chiede di riconoscere, è che fare del bene è sempre lecito e doveroso.
Il sabato, in effetti, serve proprio a questo: a santificare l’uomo facendo il suo bene. E proprio la sovrana signoria di Gesù sul sabato, mostrata nei gesti di salvezza e nella parola di autorità, è il primo motivo di scandalo per i capi spirituali del popolo di Israele e il primo passo verso la condanna.
Questa vertenza segna infatti una svolta nella vicenda di Gesù: gli avversari già ne decidono la morte (Mt 12,15-21).
Il messianismo umile
E qui si profila il tipo di messianismo intrapreso da Gesù: quello di Servo sofferente, mite e umile, speranza delle genti (Is 42,1-4). Il servo che parla in tono dimesso e non contende, non si accanisce sui deboli ma li accoglie nella loro fragilità, non rivendica niente per sé ma si espropria di sé per accettare l’altro con mansuetudine e misericordia, e cura tutti come massa imponente di umanità che soffre, tutti e ciascuno con le proprie dolorose infermità e umilianti debolezze. Eppure la vittoria sarà sua, la vittoria della pace e della giustizia per tutti i popoli.