Vi auguro «Buona Pasqua» con una straordinaria poesia, «Gesù», di Giovanni Pascoli. Il poeta delle piccole cose sa come farci intravedere ancora da lontano lo scenario della Passione e della Resurrezione di Gesù attraverso l’angosciata consapevolezza con cui il Maestro abbraccia il bambino figlio di Barabba, di cui prenderà il posto sulla Croce. Tutto questo, in tragicomico contrasto con la superficialità con cui Cefa / Pietro teme che la sua preziosa veste si possa sgualcire.
«Gesù» di Giovanni Pascoli
«E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte,
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.
Egli si assise, all’ombra d’una mèta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.
Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.
Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste;
Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
– Il figlio – Giuda bisbigliò veloce –
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi:
Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi
– No -, mormorò con l’ombra nella voce,
e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi».
Una poesia che mette i brividi. Una poesia su cui fa bene riflettere. Buona Pasqua.