
Gesù è finalmente a Gerusalemme. Vi entra fra il tripudio dei discepoli che gli stendono davanti i mantelli e lodano i prodigi che ha compiuto (19,29-40). Sono gli uomini, adesso, a cantare il gloria degli angeli (2,14). Solo che gli angeli invocano “Pace in terra”, mentre gli uomini cantano “Pace in cielo”, perché la salvezza sta per compiersi e il cielo è pacificato con la terra.
È il Signore che viene in pace e porta pace: l’asino questo significa, essendo animale da lavoro e cavalcatura del re in tempo di pace, a differenza del cavallo, animale da guerra (Zc 9,9). Diversamente dal cavallo, l’asino non è ambito (infatti, quello che Gesù chiede non è mai stato cavalcato da alcuno), anche se è l’umile compagno di vita, insieme al bue, della normale famiglia palestinese. Il verbo slegare, riferito all’asino, compare qui quattro volte: è il verbo della nostra libertà, il verbo di una schiavitù che diviene libero servizio.
Il Signore ne ha bisogno
“Il Signore ne ha bisogno”: è l’unica volta in cui Gesù designa se stesso come Signore, colui che viene in umiltà e servizio, non il signore della guerra che molti aspettavano. L’acclamazione dei discepoli è incontenibile, se fosse fatta tacere le pietre stesse la griderebbero.
Gesù a Gerusalemme: Purificazione del tempio
Ma questo momento di gloria conosce già l’amarezza del pianto. La città amata, Gerusalemme, sarà presto distrutta, perché non ha riconosciuto la salvezza e l’ha rifiutata (19,41-44). E la venuta nel tempio (19,45-48) si compie all’insegna della purificazione: la casa di preghiera è divenuta un mercato dove si adora mammona, il denaro.
La vendita sul posto di animali per i sacrifici e il cambio di valuta pagana nella moneta battuta dalla zecca del tempio erano necessità reali per il culto, ma queste necessità non giustificavano l’occupazione dell’atrio dei gentili, sebbene questa fosse la parte più esterna del santuario, accessibile a tutti, con banchi di mercanti e trafficanti. È Gesù colui che deve stare nel tempio con la sua Parola, e questo lo pone in conflitto con la classe dirigente (le grandi famiglie sacerdotali e i dottori della legge), mentre il popolo degli umili si raduna attorno a lui per ascoltarlo. Si apre un tempo di controversia che sembrerà concludersi drammaticamente.