Lettura continua della Bibbia. Geremia: vocazione e carattere

Geremia prega per Gerusalemme. Iconostasi della cattedrale greco-cattolica di Hajdúdorog, Ungheria (fine XVIII secolo). Di Jojojoe – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9062662

La patria di Geremia è Anatot, villaggio sacerdotale a 6 chilometri da Gerusalemme. Là era stato confinato il sacerdote Ebiatar, oppositore di Salomone, e là nasce colui che è probabilmente un suo discendente, Geremia, intorno al 650 a.C. Nel 626 a.C., il tredicesimo del regno di Giosia, questo giovane timido riceve la sua vocazione, e da allora inizia un ministero difficile, nell’isolamento e nella persecuzione.

La vocazione di Geremia

Ecco il suo racconto di vocazione:

Gr 1,4 Mi fu rivolta la parola del Signore:
5 «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo,
prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni».
6 Risposi: «Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare,
perché sono giovane».
7 Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane,
ma va’ da coloro a cui ti manderò
e annunzia ciò che io ti ordinerò.
8 Non temerli,
perché io sono con te per proteggerti».
Oracolo del Signore.
9 Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca
e il Signore mi disse:
«Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca.
10 Ecco, oggi ti costituisco
sopra i popoli e sopra i regni
per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere,
per edificare e piantare».

Le sofferenze di Geremia

Il mondo interiore di Geremia viene espresso, come in un diario intimo, nelle sue famose Confessioni, disperse fra il cap. 10 e il cap. 20 del suo libro: particolarmente 11,8-12,3; 17,14-18; 18,18-23; 20,7-9.14-18.

Il suo segretario, Baruc, ha registrato inoltre le sofferenze patite dal profeta nell’adempimento della sua missione: processo e sentenza di lapidazione (cap. 26), fuga per la minaccia del re Joiakim (cap. 36), ostilità del profeta di corte Anania (cap. 27-29), segregazione (cap. 37-38).

È toccante il dramma di questo personaggio introverso e ipersensibile, odiato e perseguitato perfino da compaesani e consanguinei e costretto al celibato come segno negativo (16,1-13) di solitudine e morte per Gerusalemme. La tragedia del suo popolo lo dilania.

Gr 4,19

«Le mie viscere, le mie viscere! Sono straziato.
Le pareti del mio cuore!
Il cuore mi batte forte;
non riesco a tacere,
perché ho udito uno squillo di tromba,
un fragore di guerra».

Al tempo stesso, però, Geremia è saldo nell’ascolto e nell’adempimento della Parola di Dio:

«Quando le tue parole mi vennero incontro,
le divorai con avidità;
la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore,
perché io portavo il tuo nome,
Signore, Dio degli eserciti» (15,16).

La sua stessa persona, le vicende dolorose della sua vita sono divenute, nella tradizione cristiana, figura della sofferenza del Cristo: l’incomprensione dei concittadini, il celibato, la flagellazione (20,2), l’abbandono mansueto alla passione come un agnello. Gr 11,19:

«Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me, dicendo: “Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato”».

La tradizione popolare ha identificato la cisterna della sua reclusione (37,16) con il carcere di Caifa (Gv 18,24). Il suo lamento su Gerusalemme (32,28) prefigura il pianto di Gesù sulla città (Mt 23,37). La nuova alleanza annunciata da Geremia (31,31) si compie nel sangue di Cristo (Lc 22,20).

Tradizioni su Geremia

Nel Midrash Tehillim 84, Geremia è uno dei 12 uomini nati già circoncisi (con Adamo, Seth, Noè, Sem, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Balaam, Samuele, David e Zorobabele). In Pesiq R. 129b, appena nato Geremia annuncia la rovina nazionale e accusa la sua stessa madre di infedeltà a Dio, affermando che sua madre sarà Gerusalemme. Nel Talmud babilonese (Ar. 33a), si racconta che Geremia dopo la restaurazione raggiunge le 12 tribù in esilio e le riconduce nella terra promessa. Mt 16,14 lo cita come uno dei profeti di cui il popolo attende il ritorno nei tempi messianici («alcuni dicono che sia Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti»).

Il II libro dei Maccabei, riferentesi ad un periodo critico della storia di Israele (170 – 160 a.C.), presenta Geremia, morto da più di trecento anni, in atto di apparire in sogno a Giuda Maccabeo, con queste parole:«Questi è l’amico dei suoi fratelli, colui che innalza molte preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia il profeta di Dio» (2Mac 15,14).

Profezia e sfera privata

Secondo Von Rad (p. 321 s.), caratteristica dei profeti dell’epoca di Geremia è l’irruzione dell’ufficio profetico entro la sfera personale. Indubbiamente, anche Elia ed Amos hanno patito profondamente le opposizioni di cui sono stati oggetto, ma con Geremia il profeta si cala completamente nel dolore del suo popolo e nel dolore stesso di Dio per il suo popolo, come in un tormento suo personale.