È la volta di Gedeone. Nel libro dei Giudici ci incontriamo prima con due donne formidabili, che si rivelano molto più forti degli uomini: Deborah e Giaele. Ancora una volta la categoria con cui ci confrontiamo è quella della sofferenza inflitta, in questo caso ad un nemico arrogante e strapotente (articolo QUI).
Simile sarà il caso di Gedeone… ma non della sua stirpe.
Ciclo di Gedeone (cap. 6-9)
Ai due capitoli (4-5) dedicati a Debora segue immediatamente il ciclo di Gedeone (chiamato Jerub-Baal = Baal difenda, per la sua guerra al paganesimo), di cui viene presentata la vocazione da parte dell’angelo di JHWH e la renitenza vinta da un segno prodigioso (un fuoco consuma i cibi posti sull’altare). Un secondo segno conferma la missione vittoriosa di Gedeone: la rugiada della notte bagna il vello deposto sull’aia e non il terreno circostante, la notte dopo il vello soltanto resta asciutto e la rugiada copre tutto il terreno.
Un racconto di vocazione
Nella storia di Gedeone, interessante è il racconto di vocazione (6,11-24), considerato il più antico, strutturato secondo un tipico modello o schema letterario caratteristico dei racconti di vocazione e di annunciazione e presentante alcuni elementi fissi:
- introduzione che in cui si mostrano personaggi e situazioni
- apparizione in cui Dio si manifesta (l’iniziativa è divina)
- turbamento del chiamato o timore
- rassicurazione
- missione o invio o messaggio
- rivelazione o imposizione del nome
- obiezione o domanda del chiamato
- concessione di un segno
- reazione del chiamato e conclusione.
La vocazione non è un atto separato dalla storia e dalla vita quotidiana e dalla comunità. La missione riguarda sempre il popolo, e il chiamato ne è un rappresentante: non si tratta affatto di un privilegio individuale.
Non è detto, inoltre, che comporti fin dall’inizio una piena coscienza; implica, invece, una crescita progressiva. La chiamata non è scoperta subito e all’improvviso e pienamente, ma si fa strada nella nostra storia, man mano che si approfondisce la “scoperta” di Dio. Questo non vale solo per le vocazioni sacerdotali e religiose, ma per la vocazione di ogni battezzato nella Chiesa.
L’obiezione del chiamato Gedeone, la giusta obiezione, è quella della piccolezza: «Signor mio, come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre» (Gdc 6,15). Questo è ammirevole e promette bene per il seguito della storia.
La vocazione di Gedeone è una vocazione guerresca, quella di combattere grandi battaglie con pochi mezzi.
Gedeone e Abimelech
Per sconfiggere i madianiti con la sola forza del Signore, Gedeone riduce l’esercito a 300 uomini, scartando prima 22.000 uomini pavidi e poi 9.700 uomini che indugiavano troppo a bere lungo la strada (Gdc 7,1-8)). Penserà Dio ad atterrire i nemici. Ciò avviene grazie ad un’abile mossa (sorprendere il nemico con lumi che divampano all’improvviso e suoni di tromba) e l’esercito madianita viene sbaragliato (Gdc 7,16-22).
Al termine della sua missione, Gedeone rifiuta dignitosamente la funzione regale per sé e per i suoi discendenti (“il Signore regnerà su di voi”: 8,22), ma finisce poi per erigersi un santuario privato e per farsi un harem da cui gli nasceranno 70 figli.
Ciò è visto come causa di rovina per lui e per la sua casa. Infatti uno dei suoi figli, Abimelech, si fa re di Sichem sua città, uccidendo tutti i fratellastri tranne il più piccolo, Iotam, che prima di fuggire via ammonisce i concittadini con il noto apologo degli alberi che vogliono darsi un re. La cattiva luce sulla monarchia, come istituzione inutile e rischiosa, è proiettata non solo da tale apologo, ma anche dalla brutta fine di Abimelech, che sconfiggerà i sichemiti ribelli ma verrà colpito a morte da una macina gettata da una donna da una torre durante l’assedio. Abimelech si farà dare il colpo di grazia dallo scudiero per evitare l’ignominia di morire per mano di una donna (Gdc 9).
Così, le ambizioni personali dei condottieri naufragano miseramente, mentre l’unica cosa che resta importante è la salvezza del popolo di Dio – ottenuta, è innegabile, mediante la guerra. Una storia iniziata bene, quella di un piccolo uomo che confidava in Dio, era proseguita con la sua rinuncia formale al potere, ma si era dissolta nell’agiatezza ed era degenerata nell’ignominia.