Una storia appena scoperta. Le Suore Francescane della Misericordia e gli ebrei

Il CIvico Giusto: Palazzi romani che hanno salvato gli ebrei. Fonte immagine: https://www.shalom.it/blog/news/a-civico-giustoa-i-palazzi-di-roma-raccontano-la-storia-di-chi-nascose-famiglie-ebraiche-durante-la-persecuzione-nazifascista-b1126451

Via Poggio Moiano, Roma, 1943. Una situazione incredibile. Nel convento delle Francescane della Misericordia, congregazione lussemburghese con suore quasi tutte di madrelingua tedesca, dopo l’occupazione di Roma il 10 settembre 1943, viene requisito il piano terreno per farne un ospedale da campo per le SS. Il problema è che al piano terra c’erano i nazisti, al primo piano le suore, ma in soffitta erano nascosti 40 ebrei. La convivenza, all’insaputa dei tedeschi, andò avanti per nove mesi. Così, mentre le SS si impegnavano agli ordini di Kappler e Priebke per riempire i carri piombati di ebrei da spedire ad Auschwitz, una decina di bambini ebrei giocavano sulle loro teste con i bossoli delle cartucce sparate dagli aerei.

Verboten!

L’unica fonte scritta che rimane di questa vicenda è un diario, molto sintetico, di Madre Ignazia, la suora tedesca che era superiora del convento. Da questio diario veniamo a sapere che ella personalmente bloccò un paio di tentativi delle SS di salire ai piani superiori. Suor Ignazia si parò davanti a loro sulle scale e il tono brusco del suo tedesco che impartiva ordini ai nazisti fece il miracolo. Il suo tedesco valse, probabilmente, più della estensione della extraterritorialità del Vaticano, concessa ai conventi dopo la razzia del ghetto, il 16 ottobre 1943. Solo dopo il 5 giugno 1944, con la Liberazione di Roma, le SS abbandonarono il palazzo e i rifugiati poterono respirare.

Un analogo tentativo di irruzione era stato fatto presso il monastero delle Brigidine a Roma, ed anche lì fu arrestato dalla fermezza della svedese madre Elisabetta Hesselblad, che all’ufficiale che le spiegava di dover obbedire agli ordini ricevuti ribatté, con modi militareschi, che come lui doveva far rispettare gli ordini militari, così lei aveva l’obbligo di  mettere in pratica le sue leggi, cioè quelle del Vangelo (un articolo QUI).

Kappler e Priebke

In contemporanea, nell’ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina, i medici con sottile ironia inventavano la Sindrome di K (un articolo QUI). La lettera K era l’iniziale di Kappler, Obersturmbannführer (tenente colonnello) delle SS, artefice del rastrellamento degli ebrei romani e dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. La paura della malattia, inesistente ma micidiale, impedì alle SS di entrare nelle sale in cui erano nascosti gli ebrei. Kappler, senza saperlo, ebbe così il dubbio onore di dare il suo nome ad una malattia mortale.

Priebke, Hauptsturmführer (capitano) delle SS, dal canto suo, venne ricoverato proprio nell’ospedale requisito alle suore della Misericordia. Era rimasto ferito durante una razzia nelle ricche ville dei Parioli: un domestico, credendo che fossero i ladri (lo erano, ma non ladri qualunque), gli aveva sparato con un fucile da caccia, e lo aveva ferito e messo in fuga. Fu curato, ironia della sorte, a via Poggio Moiano, e fu dimesso senza che si accorgesse di nulla, lui, che era esperto della caccia agli avversari del nazismo, era preposto ai rastrellamenti e collaborerà attivamente al massacro delle Fosse Ardeatine.

Scorte mediche

La Casa madre delle Francescane della Misericordia in Lussemburgo. Fonte immagine: https://web.cathol.lu/2/congregations/franziskanerinnen-von-der-barmherzigkeit/les-franciscaines-de-la-misericorde/contact.html

Il 5 giugno 1944 gli stanzoni al piano terra tornarono liberi, ma nella fretta le SS avevano portato via solo i feriti, lasciando lì tutto il resto: cartelle cliniche, stetoscopi, medicinali, garze, bacinelle, forbici, filo, materiale per le ingessature. Le suore, dato che a Roma in quei giorni scarseggiava di tutto, decisero di approfittarne. Questo materiale sanitario andò avanti anni e anni. Quando la scorta, dopo molto tempo, finì, e si arrivò ad usare l’ultimo pezzo di garza, una suora disse semplicemente: «Da domani dovremo andare a comprarla in farmacia». Fine della storia.

E invece no; perché i superstiti non hanno dimenticato. Per lunghissimo tempo nessuno seppe cosa era successo tra un piano e l’altro di quel convento. Come Gino Bartali non aveva mai voluto raccontare lo scopo dei suoi allenamenti in bicicletta tra Firenze e Assisi, anche le suore avevano taciuto questa storia, che venne allo scoperto solo quando esse erano tutte decedute. Ma adesso possiamo sentire il racconto dalla viva voce di un sopravvissuto. Il video QUI.

Fonte: https://www.agi.it/cronaca/shoah_ospedale_ss_ebrei_soffitta-6936388/news/2020-01-23/