Briciole di storia alvernina (93). La Verna nel Diario di viaggio di F. Filippo da Madiran (1787)

FRa Filippo da Madiran
Di Geobia – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16122600

Abbiamo visto, precedentemente (n. 36), come F. Alessandro de Riciis abbia descritto la Verna nelle sue impressioni di viaggio del 1493. A distanza di quasi tre secoli un altro frate, questa volta un cappuccino, Fra Filippo da Madiran, fissa nel suo diario quanto lo ha maggiormente impressionato nella visita al santuario.

1787: Fra Filippo da Madiran

Il 14 luglio visita la Verna il cappuccino francese Fra Filippo da Madiran, diretto a Roma in un lungo pellegrinaggio a Roma che durerà due anni. A pagina 74 e seguenti del suo diario di pellegrinaggio manoscritto registra le impressioni riportate dalla visita alla Verna. Rimane colpito dall’aspetto impressionante del luogo con le sue rocce scoscese, dalla terribilità del Sasso Spicco e del Precipizio, dal numero delle cappelle, dalla vastità del convento (“Il refettorio è il più grande che ho visto”), e dalla capacità che il santuario ha di sostentarsi con le sole offerte:

“È incredibile da dove si possa far fronte a tante spese non avendo che le questue. Si calcola che in estate 200 persone prendano cibo in questa casa: e vi si dona a profusione. Bisogna dire anche che l’aria fredda che vi si respira in ogni tempo fa sì che si abbia bisogno di mangiare di più. La neve vi rimane da 7 a 8 mesi durante l’anno”.

Le funzioni nel santuario

Descrive poi le funzioni che si svolgono nelle varie chiese del santuario per lunghe ore (la preghiera della notte, dice, finisce verso le tre del mattino) e la preziosità delle reliquie che vi sono conservate; si sofferma minuziosamente sulle processioni e funzioni alla Stimmate; e si trattiene in particolare sulla Vera Imago di Cristo custodita, all’epoca, nella cappella delle reliquie:

La Vera Imago

Ci sono otto altari. Il più superbo è quello in cui si conserva preziosamente il vero ritratto di Gesù-Cristo che un Imperatore vi ha donato, attraverso un Cardinale. Io ho avuto la fortuna di vederlo. Come la Scrittura lo dipinge il più bello dei figli degli uomini, mai se ne può meglio verificare questa verità. Il volto del Salvatore colpisce e sarebbe capace di toccare i cuori più induriti con la sua aria nobile e piena di dolcezza. Non è affatto scuro di pelle, ma un poco biondo, così come i capelli, ondeggianti sulle spalle. Lo sguardo è così benigno che si ha il cuore tutto penetrato. Ci si annichilisce alla vista di un Dio pieno di misericordia per i peccatori. Non è possibile perderne il ricordo; la barba è dello stesso colore biondo e gli occhi vivi e modesti; in basso è scritto in lettere d’oro che questo ritratto è tratto da una copia esatta di quella che Gesù-Cristo inviò al Re dei Bulgari”.

I secoli sono passati e le robbiane, da molto tempo, non piacciono più. F. Filippo, quando vi accenna, le descrive come di marmo o stucco. I gusti, col passar del tempo, cambieranno ancora…