Briciole di storia alvernina (129). Fra Achille e i frati laici della Verna

Fra Achille

Con i medici ancora al fronte, e la disastrosa situazione del Dopoguerra, l’emergenza sanitaria è particolarmente forte. Negli anni 1918-1923 Fra Achille Tocchi svolge in modo pressoché continuativo la mansione di medico condotto del Comune di Chiusi. A Fra Achille veniva riconosciuta una perizia medica eccezionale, anche se non aveva potuto conseguire ufficialmente la laurea in medicina pur avendo seguito tutti i corsi universitari a Firenze: non possedeva, infatti, neppure la licenza elementare.

Una foto di F. Achille mentre compie i suoi studi di medicina a Firenze: tra i colleghi studenti, tutti baffuti tranne lui, si riconosce anche una donna

Il rettore si occupò attivamente di trovare un modo di far rilasciare a F. Achille la laurea in medicina, persino ricorrendo ad un beneficio accordato ai reduci di guerra; ma non fu possibile, e F. Achille continuò a svolgere serenamente il proprio servizio.

I frati laici della Verna nel ricordo di Simone Bargellini (Storia remota della Verna)

Fra Achille
F. Achille nel suo orto con un confratello

Così descrive Fra Achille e i suoi confratelli Simone Bargellini, figlio dello scrittore (nonché sindaco di Firenze) Piero:

«Piccolo, curvo, calvo, Fra Achille… Esperto d’erba, di infusi, di preparati galenici, diagnostico versato in afflizioni di ogni genere, di ogni età e sesso, percorreva a cavallo le terre circonvicine portandovi, senza nulla chiedere, i sollievi della sua scienza medica.

Nel convento, il suo laboratorio, poteva far pensare al Dottor Faust, ma era luminosa, aperto e gioviale benché presenziato da strani ordigni e creature: come gli scheletri di feroci belve dimoranti fino ad ieri nella selva vernina e uno – addirittura – umano, forse di una giovane donna: unica, in tal caso, presenza femminile nella rigorosa mascolina clausura.

Fra Achille
A sinistra F. Achille con un nipote, a destra F. Anselmo

Alla cucina, e ai suoi lucidi rami soprintendeva Fra Anselmo, attivissimo e scattante, capace di imbandir mensa in poche ore, a centinaia di convitati, oltre che alla comunità conventuale, allora larga, e ai molti che intorno a quella operavano: contadini, stallieri, lattai, ortolani, falegnami».

Di F. Fortunato foresteraio abbiamo già parlato. Comunque, il Bargellini così lo descrive:

«Il napoleonico Fra Fortunato era, allora, il più pronunziato personaggio di una comunità conventuale non facilmente dimenticabile. Massiccio, eretto, nessuno lo vide mai sorridere anche quando, dentro di sé, certamente rideva. Brusco con tutti, e soprattutto coi potenti, era francescanamente ospitale coi poveri, ai quali, nella sua foresteria esterna, ammanniva polpe di baccalà e vino asprigno delle cerche, strettamente gratis et amore Dei…

Avendo mani simili a badili, e di prodigiosa stretta, Fra Fortunato cooperava con Fra Achille, farmacista, medico e chirurgo, nella caritatevole missione di curare i corpi, era il cavadenti del convento. Mai nessun dente, seppur ben radicato, poté sfuggire alla ferrea pinza delle sue dita nude».

I frati cercatori

Frate cercatore

«I fratelli laici erano allora il pepe dell’Ordine dei Minori, come di altre Regole, e pepe del pepe erano i frati cercatori, strumenti della materiale sopravvivenza di comunità meno agiate. Partivano per la cerca a piedi, per intere stagioni, con le bisacce – latinamente persa – attraverso le spalle; accolti ovunque con benevolenza, anche se non sempre con generosità. Accattavano grano o altre biade, vino e noci o altre frutta secche,. In una morale probabilistica si potevano loro perdonare certe ricorrenti debolezze, come le eccessive libagioni (o, come dicevano, i troppi “baci alla Rosina”, cioè le sorsate al fiasco)…».