La fine di un sovrano tormentato: è la morte di Saul e dei suoi figli nella battaglia di Gelboe, narrata nel cap. 31 del Primo libro di Samuele. Il cap. 29 aveva precisato che Davide, pur con prudenza ed astuzia, non avrebbe partecipato alla battaglia che avrebbe visto la fine di Saul. Saul muore infatti nella battaglia di Gelboe, e Davide piange sinceramente la sua perdita e la perdita dell’amico fraterno Gionata.
E i Filistei fecero guerra a Israele, e gli uomini di Israele fuggirono dinanzi ai Filistei e caddero trafitti sul monte Gelboe. E si strinsero i Filistei intorno a Saul e ai suoi figli, e colpirono Gionata, Abinadab e Malkishua, figli di Saul (1 Samuele 31,1-2).
Saul disse al suo scudiero: «Sfodera la spada e trafiggimi, prima che vengano quei non circoncisi a trafiggermi e a schernirmi». Ma lo scudiero non volle, perché era troppo spaventato. E Saul prese la spada e vi si gettò sopra. Quando lo scudiero vide che Saul era morto, si gettò anche lui sulla sua spada e morì con lui. E morirono insieme in quel giorno Saul e i suoi tre figli, lo scudiero e tutti i suoi uomini (31,4-6).
Una personalità complessa
Nessuno di noi è solo luce o solo ombra. Questa tragica narrazione mostra quanto Saul, pur nel suo declino morale, non sia riducibile ad un grezzo personaggio negativo la cui fine si limiti a liberare i giusti dalla persecuzione. Saul continua sino in fondo ad oscillare tra unzione divina e follia, spietatezza e maestosità. Lo storico Giuseppe Flavio così lo ricorda:
«Benché egli sapesse cosa sarebbe accaduto, e che sarebbe morto immediatamente, secondo la predizione del profeta, non decise di fuggire dalla morte, e non arrivò al punto di amare così tanto la vita da tradire il suo stesso popolo a favore del nemico, o di macchiare la sua dignità regale; ma esponendo se stesso ai pericoli, insieme alla sua famiglia e ai suoi figli, egli pensò che sarebbe stato un atto di coraggio cadere in battaglia con loro […], e che sarebbe stato meglio che i suoi figli morissero in questo modo, mostrando il loro coraggio» (Antichità giudaiche, VI, 340).
Una morte che non salva
Se non altro, Saul muore con coraggio. Prescindiamo dal particolare che si procura la morte da se stesso: nell’antichità era un’onta non il morire, ma il morire in condizioni umilianti. Dobbiamo leggere questa sua richiesta di morte con le categorie dell’epoca.
Ma la sua non è una morte che salva. A conclusione del racconto della sconfitta, il narratore riferisce che gli Israeliti abitanti delle zone vicine al luogo della battaglia «abbandonarono le loro città e fuggirono, e i Filistei vennero e vi si stabilirono» (31,7). La morte di Saul è un fallimento: non è un sacrificio che valga a riscattare il suo popolo. Questo sarà poi il ruolo di David.
Nel nostro viaggio biblico, abbiamo già visto alcuni casi in cui la sofferenza può assumere un valore positivo. La prova chiesta ad Abramo lo raffina nella fede; la sventura di Giuseppe predispone la storia alla salvezza di molti popoli, compresa la propria famiglia. Il fallimento di Mosè lo prepara alla chiamata divina. Talvolta, la sofferenza degli uni è salvezza degli altri. Anche David, in un momento di particolare oscurità, riesce a ritrovare il Dio della sua fanciullezza.
La grande sofferenza di Saul, invece, generata nella sua vita dalla cattiva coscienza (che non è il retto riconoscimento del peccato), si ritorce su coloro che gli stanno vicini, perseguitandoli come potenziali rivali e ribelli. Egli stesso sarà la causa della sua fine, perché allontanandosi dal Signore e braccando David come suo principale nemico – dimenticando che i nemici reali sono i filistei – non solo manca al suo dovere, ma scaccia colui che avrebbe potuto salvare il popolo e la stessa vita del re.
Questa accezione di sofferenza potrebbe essere espressa con un celebre detto: Chi è causa del suo mal pianga se stesso… Talvolta la sofferenza nostra e di altri è autoindotta, e bisognerebbe saperlo riconoscere in modo da porvi rimedio.
Tempo di guerra. Già passati sei mesi!
Sei mesi e sei giorni
Intelligence britannica: l’offensiva militare russa in Ucraina è in una fase di stallo a causa della scarsa performance dei generali sul campo e della forte resistenza degli ucraini. Il 24 agosto scorso il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha detto che Mosca sta rallentando il ritmo della sua campagna militare per ridurre le vittime civili, ma questa affermazione è «quasi certamente una disinformazione deliberata». Secondo l’Intelligence, le forze russe hanno «ripetutamente mancato le tempistiche operative pianificate».
Inoltre, è improbabile che il decreto presidenziale che nei giorni scorsi ha deciso un aumento dei militari delle forze armate russe «permetta progressi sostanziali verso l’incremento della potenza di combattimento russa in Ucraina. Non è chiaro se la Russia recluterà più soldati volontari a contratto o aumenterà la durata della leva obbligatoria. La Russia ha perso decine di migliaia di soldati, vengono reclutati pochissimi nuovi militari a contratto e i coscritti non sono tecnicamente obbligati a prestare servizio al di fuori del territorio russo».
Bombardamenti
Prosegue il triste bilancio dei decessi e dei ferimenti dovuti ai bombardamenti russi. Il 21 agosto i russi hanno ucciso due civili nella regione di Donetsk: a Heorhiivka e a Kostiantynivka. Due civili sono morti e altri 12 sono rimasti feriti Il 26 agosto nella regione di Donetsk, a Bakhmut. Dodici persone sono rimaste ferite. Nel complesso, dall’inizio dell’invasione russa nella regione di Donetsk sono stati uccisi 766 civili e 1.971 sono rimasti feriti.
Due persone sono rimaste uccise e altre tre ferite in attacchi missilistici nelle zone di Chuhuiv e Derhachi, dove è stato distrutto un istituto scolastico. Le truppe russe hanno bombardato i villaggi di Zolochiv e di Donets nella regione di Kharkiv. A Zolochiv una granata ha colpito un edificio residenziale. È morta una donna di 52 anni. Un uomo di 49 anni è stato ferito a Donka.
Zaporizhzhia
In un attacco russo alla stazione ferroviaria di Chaplyne, a 100 chilometri a est della città di Zaporizhzhia, il bilancio registra 25 morti tra cui due bambini, uno di 11 anni e un altro di 6. Ferite 31 persone. Almeno cinque persone sono inoltre rimaste uccise a causa di bombardamenti nella zona di Kamianka, nella regione di Zaporizhzhia, tra cui Anastasia Borovyk e i suoi due bambini di otto e due anni. La donna, di 29 anni, era a capo del centro culturale di Kamianka. Altro attacco stanotte sulla città… Ricordiamo che a Zaporizhzhia si trova la più grande centrale nucleare d’Europa.
Pericolo nucleare
Una ricerca internazionale della Rutgers University di New Brunswick ha disegnato uno scenario apocalittico, immaginando che cosa potrebbe succedere alle riserve di cibo in caso di conflitto nucleare. I fumi che si solleverebbe dal suolo a causa delle esplosioni nucleari causerebbero enormi incendi e sprigionerebbero milioni di tonnellate di fuliggine. Un conflitto su vasta scala produrrebbe fino a 150 milioni di tonnellate di fuliggine e quindi un inverno nucleare globale che porterebbe alla morte di oltre 5 miliardi di persone.
La luce ridotta, il raffreddamento globale sarebbero una catastrofe planetaria per la sicurezza alimentare. Una guerra nucleare non può essere vinta da nessuno e non deve mai essere combattuta, concludono i ricercatori.
Ci sarebbe un solo paese a salvarsi dal coinvolgimento in questo scenario: è l’Australia che, isolata com’è, potrebbe anche beneficiare relativamente del clima più fresco portato dalla fuliggine atmosferica.
Incontro Putin – Zelensky?
Secondo la Cnn turca che cita fonti del governo di Ankara, la Russia è pronta a lavorare a un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello ucraino Volodymyr Zelensky, che potrebbero così negoziare direttamente un accordo di pace. Mosca avrebbe cambiato posizione in merito a un incontro tra i due leader ammorbidendone le condizioni.
La guerra (anzi, la pace) del grano
L’Ucraina ha esportato il primo milione di tonnellate di prodotti agricoli in poco meno di un mese da quando sono stati riaperti i porti sul mar Nero, Chornomorsk, Odessa e Yuzhny. Il presidente ha sottolineato che l’Ucraina rimane il garante della sicurezza agricola globale. Le esportazioni consentono non solo di evitare una crisi alimentare, ma anche di creare nuovi posti di lavoro in Ucraina, sostenerne l’economia e garantire la semina nel 2023.
Kiev continua però a seguire per l’esportazione anche la via fluviale. Da marzo sono state esportate via Danubio 4 milioni di tonnellate di grano.
Kirill non incontrerà per ora Francesco
Il Patriarca di Mosca non si recherà in Kazakistan al VII Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali del 14-15 settembre e, di conseguenza, non vedrà «a margine» il Pontefice, la cui visita è in programma dal 13 al 15. L’ incontro non può tenersi «a margine», ha fatto sapere il patriarca. «Deve essere un evento indipendente, preparato con molta cura».
Francesco, nell’omelia della Messa celebrata davanti alla basilica di Collemaggio all’Aquila, ha ricordato:
«L’Aquila, da secoli, mantiene vivo il dono che proprio Papa Celestino V le ha lasciato. È il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e di ogni donna può essere vissuta con gioia».
E all’Angelus: «Preghiamo per il popolo ucraino e per tutti i popoli che soffrono a causa delle guerre. Il Dio della pace ravvivi nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà, di misericordia».